Vangelo

 1 Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. 2 Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro:

 “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!” 3 Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. 4 Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5 Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. 6 Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, 7 e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. 8 Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9 Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti (Gv 20, 1-9).

Mons. João Scognamiglio Clá Dias,EP

Mons. João Scognamiglio Clá Dias,EP

La Resurrezione del Signore

Tra gli avvenimenti di quel giorno, ci sono episodi che passano molte volte inosservati, però, se ben analizzati, rivelano in tutta la loro forza il potere dell’amore.

 Quia surrexit sicut dixit…”. Proprio come aveva annunciato ai suoi, Gesù resuscitò (cfr. Mt 12, 40; 16, 21; 17, 9; 17, 22; 20, 19; Gv 2, 19-21). Questo fatto supremo già era stato previsto da Davide (cfr. Sal 15, 10) e da Isaia (cfr. Is 11, 10).

  San Paolo evidenzierà il valore di questo grandioso avvenimento: “Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede” (I Cor 15, 14). Di qui l’importanza capitale della Pasqua della Resurrezione, la grande festa della Cristianità, la più antica, e centro di tutte le altre, solenne, maestosa e pervasa di giubilo: “Hæc est dies quam fecit Dominus. Exultemus et lætemur in ea – questo è il giorno che il Signore ha fatto, sia per noi un giorno di gioia e felicità” (Sal 117, 24).

  Nella Liturgia, questa gioia è prolungata dalla ripetizione della parola alleluia, dal bianco dei paramenti e dai canti di giubilo. A ragione diceva Tertulliano: “Sommate tutte le solennità dei gentili e non arriverete ai nostri cinquanta giorni di Pasqua”.1

  Nella Resurrezione del Signore, oltre a contemplare il trionfo di Gesù Cristo, celebriamo anche la nostra futura vittoria, essendo applicabili a noi le belle parole di San Paolo: “Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (I Cor 15, 55).

 Cristo è stato l’unico che resuscitò col suo proprio potere

   Elia aveva operato la resurrezione del figlio della vedova di Sarepta, nella casa della quale viveva (cfr. I Re 17, 17-24). Più tardi, lo stesso avrebbe fatto Eliseo con il figlio di una sunamita (II Re 4, 17-37).

  Lo stesso Salvatore, preso da pena di fronte alla defunta figlia di Giairo, ordinò alle donne di non piangere più, perché la bambina stava solo dormendo. Gesù tenne con sé soltanto i genitori e tre Apostoli e, prendendola per mano, disse: “Bambina, io ti ordino, alzati!” (Mc 5, 41). Lei si mise in piedi piena di vita e di gioia. Meravigliati per il prodigio, i genitori non si resero nemmeno conto che la giovinetta aveva bisogno di alimentarsi, e lo stesso Maestro dovette ricordarglielo (cfr. Mc 5, 42-43).

  La compassione di Gesù per le sofferenze umane si è manifestata nuovamente quando Egli Si imbatté in un funerale, nella città di Nain. Tutti erano estremamente costernati, poiché era morto il figlio di una vedova, suo unico sostegno. Il feretro era circondato da gente disfatta dal pianto. Il Signore Gesù era profondamente commosso: “Non piangere”, Egli dice alla povera madre. E, mettendo la Sua onnipotenza divina a servizio della Sua bontà infinita, dice: “Giovinetto, dico a te, alzati!”. Obbedendo alla solenne voce del Creatore, ha cominciato a parlare quello che poco prima era ancora defunto. Gesù lo ha preso per mano e lo ha consegnato a sua madre (cfr. Lc 7, 11-16).

  La più impressionante di tutte le resurrezioni operate da Gesù è stata, senza dubbio, quella di Lazzaro. Maria, sorella del morto, avvertì il Maestro che il cadavere era già entrato in decomposizione, poiché aveva ricevuto il bacio della morte quattro giorni prima. Tuttavia, nonostante Gesù sapesse che il miracolo da effettuare avrebbe acuito l’invidia dei farisei e, in questo modo avrebbe affrettato la sua morte, Egli desiderava ardentemente compiere i disegni del Padre. Nel Sacro Cuore di Gesù si trovano, allora, due forti sentimenti armonici: la compassione per il suo amico Lazzaro e per le sue sorelle, e la fretta di realizzare la finalità della sua Incarnazione.

  Ordina che si rimuova la lapide dell’entrata del tumulo. Un ripugnante odore si diffonde tra i presenti. Una voce possente e onnipotente ordina: “Lazzaro, vieni fuori!”. Alla bocca del tumulo scavato nella pietra, un cadavere ritornato in vita si presenta con difficoltà, con bende in tutto il corpo. Un nuovo ordine: “Scioglietelo e lasciatelo andare”, detto con divina serenità. Era la stessa voce alla quale i venti e i mari obbedivano… (cfr. Gv 11, 38-44).

  Il Venerdì Santo, si operarono numerose resurrezioni, concomitanti al terremoto, alle tenebre e allo strappo del velo del tempio. I giusti lasciarono le loro sepolture, passeggiarono per le strade e apparvero a molte persone, certamente per rimproverarle per il deicidio (cfr. Mt 27, 52-53).

  Nel corso dell’Era Cristiana ci saranno altre resurrezioni: San Pietro farà ritornare in vita Tabita (cfr. At 9, 36-43); San Paolo, con un abbraccio, risolleverà dalla morte il giovane Eutico (cf. At 20, 9-12); San Benedetto restituirà in piena salute, a un contadino, il figlio, il cui corpo inerte era stato collocato alla porta del monastero.

  Ma, se numerose sono state le resurrezioni nel corso dei tempi, in che cosa si distingue particolarmente quella di Cristo?

  In primo luogo, mai nessuno profetizzò il suo ritorno alla vita terrena. Meno ancora qualcuno ha potuto operare con il suo proprio potere questo miracolo così al di sopra della natura creata.

  “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” (Gv 2, 19). Era la più grande prova che Gesù aveva detto la verità. Di più. Che Gesù è la Verità. Nessun atto poteva esser più convincente di questo, ma nemmeno con questo si convinsero i cattivi:

“Mentre esse erano per via, alcuni della guardia giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto. Questi si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: ‘Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo. E se mai la cosa verrà all’orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia’. Quelli, preso il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad oggi” (Mt 28, 11-15).

  Dimostrazione più grandiosa della sua stessa divinità, impossibile. Malafede più radicata tra i suoi nemici, inimmaginabile.

 Un aspetto poco commentato della narrativa sulla Resurrezione di Gesù

   Sebbene non lo abbiano affermato gli evangelisti, è di buon senso, e i buoni autori sono concordi a questo proposito, che Gesù sia apparso in primo luogo a sua Madre, subito dopo la Resurrezione. In seguito, è apparso a Santa Maria Maddalena (cfr. Mc 16, 9; Gv 20, 11-17) e, dopo, ad altre delle Sante Donne (cfr. Mt 28, 9-10).

  Per quale motivo avrà scelto le donne per manifestarSi, prima degli stessi Apostoli?

  Rivolgiamo la nostra attenzione a un passo del Vangelo molto poco analizzato:

  “Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salomè comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del Sole. Esse dicevano tra loro: Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro?” (Mc 16, 1-3).

  Agivano senza ponderazione, ossia, in modo sostanzialmente imperfetto, per varie ragioni. Sapevano che il cadavere era stato unto due giorni prima. Per quale ragione farlo di nuovo? Inoltre, si trattava del corpo di una persona deceduta da quarantotto ore. Infine, è di buon senso che non si debba violare una sepoltura, qualunque essa sia, e le leggi romane non tolleravano una trasgressione di questo tipo.

  C’erano difficoltà ulteriori, come esse stesse confessano: “Chi ci rotolerà via il masso…?”. A quell’ora era improbabile che incontrassero uomini ai quali poter chiedere un tale servizio. E nell’ipotesi che ce ne fossero, si sarebbero prestati arealizzare un lavoro così pericoloso?

  Il sepolcro era stato sigillato con tutte le precauzioni dagli odiosi avversari di Gesù, come sapevano i discepoli. I principi dei sacerdoti e i farisei “assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi la guardia” (Mt 27, 62-66). Come avrebbero potuto convincere le sentinelle a permettere loro di aprire il tumulo e togliere il cadavere?

  Nulla indica che esse abbiano esposto i loro piani a San Pietro e agli altri Apostoli. È un’altra nota di imperfezione. Agivano per conto proprio in una questione che avrebbe potuto compromettere tutta la Chiesa nascente. Qualsiasi violazione della sepoltura avrebbe lasciato l’incipiente comunità cristiana in una complicata situazione di fronte alle autorità giudaiche e romane. Il semplice fatto di arrivare a fare alle sentinelle una proposta rispetto al cadavere avrebbe dato ragione ai principi dei sacerdoti e agli scribi, che avevano sollecitato al governatore romano una guardia davanti al tumulo di Gesù, perché “i suoi discepoli sarebbero potuti venire a rubare il Corpo e dire al popolo: È risuscitato dai morti …” (Mt 27, 64).

  Un’altra questione di grande peso per la valutazione dei fatti è questa: perché la Madonna non si è unita a loro? Avranno chiesto alla Madre di Gesù se era corretto quel modo di procedere?

  Inoltre, loro stesse non credevano nella Resurrezione. Al contrario, avranno preferito rimanere in prossimità del Santo Sepolcro, per aspettare l’evolversi degli avvenimenti. Allo stesso modo, non gli sarà venuta l’idea di imbalsamare di nuovo il corpo, al fine di proteggerlo dall’aggressività del tempo e della decomposizione.

  Questo giudizio sembra troppo severo, sebbene poggi su autori di grande importanza. E di fatto lo è. Si aggiunga che gli stessi Apostoli consideravano la situazione con la gravità che stiamo descrivendo. Le terribili notizie sugli avvenimenti della Passione del

Signore, che si erano diffuse ovunque e l’odio che potevano sentire nell’aria, avevano instillato un profondo terrore nella loro anima. Per questo stavano trincerati nel Cenacolo.

  Ora, è proprio in questo clima di tragedia e panico che quel gruppo di pie donne, senza molto riflettere sulle conseguenze dei loro atti, decide di uscire prima delle luci dell’alba…

 Malgrado la loro imprudenza, le donne non furono redarguite

   Possiamo immaginare l’enorme preoccupazione che prese tutti nel Cenacolo, quando si accorsero dell’assenza di queste donne. E anche la furia che ci deve essere stata e gli sguardi di riprovazione, quando esse tornarono per raccontare quello a cui avevano presenziato nel tumulo di Gesù. Apostoli e discepoli non solo non credettero alla narrazione, ma anche attribuirono tutto alla fertile immaginazione femminile: “Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse” (Lc 24, 11). Narrando l’episodio dei discepoli di Emmaus, San Luca colloca sulle loro labbra una lamentela su tali donne, che avevano spaventato quelli che erano nel Cenacolo (cfr. Lc 24, 22).

  Soltanto San Pietro e San Giovanni decisero di muoversi per accertarsi di quello che avevano udito, e credettero a Santa Maria Maddalena dopo aver esaminato il sepolcro di Gesù (cfr. Gv 20, 3-8).

  Alla fine di tutto, le stesse donne si resero conto del pericolo a cui si erano esposte e dell’imprudenza commessa: “Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno [durante il tragitto], perché avevano paura” (Mc 16, 8). Questa è la reazione caratteristica degli imprevidenti: prima dell’atto, il pericolo non esiste; dopo le prime avvisaglie di questo, il panico.

  Di fronte a questi fatti, diventa incomprensibile l’atteggiamento di Nostro Signore nei loro confronti. Facciamo una breve ricapitolazione dei fatti:

  1. Per scelta di Gesù, la precedenza nella predicazione del Vangelo spettava agli uomini – i Dodici Apostoli e i settantadue discepoli. Ora, il più importante di tutti i miracoli, il fondamento della nostra fede, la Resurrezione del Signore Gesù, non è comunicata agli uomini in primo luogo, ma alle donne. Esse sono incaricate dal Raboni di trasmettere la Buona Novella agli stessi Apostoli e discepoli, affinché questi la annuncino per il mondo. Per colmo, essi non arrivano neppure a dar loro credito…  (cfr. Mc 16, 11).

  2. Gesù manda due Angeli (cfr. Lc 24, 4) a comunicare loro il grande avvenimento (cfr. Lc 24, 6; Mc 16, 6; Mt 28, 6). È la prima volta che nel Vangelo incontriamo il termine resurrezione dopo la morte del Signore.

  3. Esse non solo non ricevono il minimo rimprovero da parte dei messaggeri celesti, ma sono trattate con enorme bontà e deferenza. Uno degli Angeli le riceve con parole affettuose, cercando fin da subito di eliminare in loro la paura e mostrare che conosceva perfettamente l’alta ragione che le spingeva fino a lì.

  4. Come si è visto prima, Gesù è apparso a Maria, sua Madre, subito dopo essere uscito dal sepolcro. In secondo luogo, a Maddalena (cfr. Gv 20, 16), con enorme tenerezza, chiamandola per nome e in terzo alle altre donne, sempre con molta bontà, lasciando che si avvicinassero a Lui e baciassero i suoi piedi (cfr. Mt 28, 9-10).

 L’amore puro per Gesù finisce per compensare le imperfezioni

    A questo punto ci chiediamo il perché di questa differenza di atteggiamento di Gesù, verso di loro, da un lato, e verso gli Apostoli, dall’altro. Il tratto del Signore verso gli Apostoli è ben descritto da San Marco: “Finalmente è apparso agli Undici, mentre stavano a mensa, e rimproverò la loro incredulità e durezza di cuore, per non aver creduto a quelli che lo avevano visto resuscitato” (Mc 16, 14). La sua prima parola, pertanto, secondo l’Evangelista, è di censura nei loro riguardi. Che differenza! Perché?

   Non intenderebbe nulla di questa sublime lezione chi affermasse che Gesù ha voluto dare preminenza alla donna sull’uomo. Non è questo il caso. In verità, tali episodi lasciano trasparire chiaramente l’essenza del Vangelo, che Nostro Signore aveva riassunto nei seguenti termini: “Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13, 34). È nel perfetto amore a Dio e al prossimo che sta la sintesi del Vangelo.

   Era così grande l’amore che quelle donne avevano per Gesù che persino il loro istinto di conservazione si era consumato, in quello che significava andare incontro a Lui. Erano cariche di imperfezioni, ma l’amore per il Signore era puro. E quando questo amore è così intenso, Cristo stesso si assume il compito di perfezionare le azioni che la natura umana decaduta viene a realizzare.

   Con questa affermazione, non è nostra intenzione fare una apologia dell’imprudenza in quanto tale, ma sottolineare come gli atteggiamenti irriflessivi delle Sante Donne del Vangelo fossero compensati dal puro amore di Dio – la carità.

   È troppo esiguo lo spazio di queste pagine per discorrere sulla falsa e vera prudenza. La prima radica l’anima nel mero ragionamento e smorza il fervore. Ma in questo episodio del Vangelo vediamo premiato l’amore, anche quando tinto di imperfezione. San Paolo si riferisce a questa supremazia dell’amore, quando afferma che a nulla valgono il dono delle lingue, o di profezia, o di scienza, e altri, senza la carità (cfr. I Cor 13, 1-3).

 Il fervore è un tesoro

    San Tommaso trascrive questo pensiero di Aristotele: “Coloro che sono mossi dall’istinto divino sono più audaci…”.2

   È opportuno ricordare che anche il cuore del giovane è solito essere mosso dall’amore, soprattutto quando trasportato dal fervore primaverile. Proprio come le Sante Donne, molte volte non si fa guidare dalla prudenza, né dalla ragione, ma dall’audacia. Se si tratta di un amore disinteressato e puro, Dio lo premia.

  Questa fiamma è un tesoro, e ha bisogno di esser trattata con affetto. Spetta ai genitori e agli educatori non estinguerla, ma indirizzarla sulle vie del bene e della virtù.

  Concludiamo queste riflessioni con una spiegazione di San Pietro Giuliano Eymard, fondatore dell’Opera dell’Adorazione perpetua al Santissimo Sacramento e della Congregazione dei Sacramentini:

  “Dapprima fu dall’alto della Croce che Nostro Signore ha elevato a Sé tutte le anime. Ma pensava anche al suo trono eucaristico”.

  “Le ha elevate con l’attrazione, con la forza del suo amore. Ma questo amore è veramente potente solo quando diventa una passione soprannaturale”.

  “Ogni pensiero, ogni virtù che non diventa un amore appassionato, è solo puerilità”.

  “[…] L’amore trionfa solo quando diventa passione, perché questa è l’affetto dedicato. Al contrario, l’amore che continua ad essere mescolato di amor proprio, non è capace che di atti isolati di dedizione, agisce per disobbligarsi”.

 “[…] Le passioni nell’ordine cristiano seguono la stessa marcia come nell’ordine naturale”.

  “La passione concentra l’uomo. Parlo delle passioni umane, indipendentemente dal vizio e dal male”.

  “Considerate colui che ambisce di arrivare ad una posizione onorevole ed elevata. Non lavora che per raggiungere questo obbiettivo: dieci, quindici anni, non importa. – È bello”.

  “La passione dà unità: tutto servirà per i suoi disegni, per aiutarla a realizzare il suo progetto; tutto, per lei, è soltanto il mezzo per arrivare al fine”.

  “[…] Ogni uomo che non ha una passione, non ha ancora cominciato a vivere”.

  “In realtà, tutti ce l’hanno. Può esser cattiva, può diventare un crimine continuo, ma può anche esser degna e benefica. Questo capita a tutti. Non si marcia senza avere un obbiettivo, purché abbia senso”.

  “Anche nell’ordine soprannaturale, è necessario avere una passione; senza, non farete nulla”.

  “Amate appassionatamente un determinato mistero, una determinata virtù; al contrario, rimarrete come un operaio nel suo lavoro, non diventerete mai un eroe”.

  “[…] Si dice: Tutto questo è esagerazione! Ma l’amore non è che esagerazione”.

  “Esagerare è superare la legge; allora bene! L’amore deve esser esagerato”.3

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1)      TERTULLIANO. De idolatria, c.XIV: ML 1, 683.
2)      SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. I-II, q.45, a.3.
3)      3) SAN PIETRO GIULIANO EYMARD. A Santíssima Eucaristia. A Presença Real.
4)      Tradução pela nova edição crítica francesa. Petrópolis: Vozes, 1955, v.I, p.198-199;
203.