Vangelo
22 Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la Legge di Mosè, portarono il Bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore, 23 – come è scritto nella Legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24 e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore. 25 Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26 Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27 Mosso dallo Spirito, si recò al Tempio e, mentre i genitori vi portavano il Bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28 anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: 29 “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, 30 perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, 31 preparata da te davanti a tutti i popoli: 32 luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo Israele”. 33 Il padre e la Madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di Lui. 34 Simeone li benedisse e a Maria, sua Madre, disse: “Ecco, Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35 – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”. 36 C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37 era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal Tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38 Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del Bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. 39 Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la Legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. 40 Il Bambino cresceva e Si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di Lui (Lc 2, 22-40).
Gerarchia o uguaglianza?
Nel corso di trent’anni di vita familiare, l’Uomo-Dio offre l’esempio dell’obbedienza perfetta a un mondo nel quale imperano la mentalità egualitaria e lo spirito di rivolta contro ogni autorità.
I – La cellula “mater” della società
Divine sono le parole della Liturgia, perché sono dettate dallo Spirito Santo agli autori sacri e raccolte dalla Santa Chiesa con sapienza. Ogni pensiero che le letture della festa della Sacra Famiglia ci suggeriscono sarebbe sufficiente per arricchire, fermandoci un istante e meditando, l’anima e il cuore. In esse si condensano una serie di verità insegnate da Dio riguardanti un punto fondamentale attinente alla società e alla stessa Chiesa: la vita familiare. La famiglia è la cellula mater della società, dove si preparano gli uomini e le donne di valore che costituiranno il mondo del futuro, ed è anche la fonte di vocazioni religiose per il servizio della Chiesa.
Essendo un’istituzione di diritto naturale – come attesta la storia di tutti i popoli, fin dalla più remota Antichità –, la famiglia è stata contemplata da Nostro Signore Gesù Cristo con l’elevazione del Matrimonio alla categoria di Sacramento, al fine di infondere negli sposi le grazie necessarie per compiere, con fini soprannaturali, il dovere che compete loro.
Infatti, al di sopra di tutte le sue funzioni, la famiglia ha una missione salvifica. Visto che il nostro destino finale non è qui sulla Terra – nella quale ci troviamo solo di passaggio –, ma nell’eternità, non c’è nel Matrimonio obiettivo più eccellente che un coniuge santifichi l’altro, ed entrambi santifichino i figli. Si tratta, pertanto, di portare la vita familiare in Dio, in maniera che Egli sia l’elemento essenziale del rapporto tra marito e moglie, genitori e figli. Se la famiglia si basa sulla grazia e sulla pietà, anche se su di essa si abbattono drammi e vicissitudini, tutto diventerà facile, e vi regnerà la pace.
Nella Sacra Famiglia abbiamo il modello mirabile di come affrontare le difficoltà e i dolori dell’esistenza con spirito elevato: padre, Madre e Figlio vivevano in un’armonia perfetta perché Dio era al centro. Ecco perchè in questa festa, la Preghiera Colletta recita: “O Dio, nostro Padre, che nella Santa Famiglia ci hai dato un vero modello di vita, fa’ che nelle nostre famiglie fioriscano le stesse virtù e lo stesso amore, perché, riuniti insieme nella tua casa, possiamo godere la gioia senza fine”.1 Imitiamo nelle nostre famiglie le virtù di Gesù, Maria e Giuseppe per essere, una volta varcate le soglie della morte, integrati per sempre nella famiglia eterna del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insieme a tutti gli Angeli e Beati. Dio vuole conferirci la felicità immensa della convivenza con Lui in Cielo e, per questo, Egli stesso Si è incarnato ed è vissuto trent’anni in una famiglia – mentre ne ha impiegati solo tre a esporre la sua dottrina! –, dandoci così una nozione chiara dell’importanza del nucleo familiare e il modello di come questo debba essere.
II – Attraverso Maria, il Redentore Si offre ufficialmente al Padre
22 Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la Legge di Mosè, portarono il Bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore, 23 – come è scritto nella Legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24 e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
Quando il popolo eletto fu liberato, col braccio forte di Dio, dalla schiavitù nella quale si trovava in Egitto, l’ultima delle dieci piaghe per convincere il Faraone a lasciarlo partire fu la morte dei primogeniti di tutto il Paese. Il Signore, però, ordinò agli israeliti di segnare gli stipiti e l’architrave della porta delle loro case col sangue dell’agnello immolato al crepusculo, affinché, al passaggio dello sterminatore, non fossero colpiti loro stessi dal flagello, essendo risparmiati i primogeniti di Israele (cfr. Es 12, 12-13).
Per questa ragione, Dio assunse come suoi i primogeniti degli ebrei, tanto gli uomini quanto gli animali (cfr. Es 13, 2; 34, 19). In teoria, i genitori avrebbero dovuto dimenticare il primo figlio e consegnarlo come vittima all’altare del Signore. Ma Dio proibiva i sacrifici umani, come posteriormente è stato prescritto dalla Legge di Mosè (cfr. Lv 18, 21; 20, 1-3; Dt 12, 31), e questi bambini erano, allora, destinati al sacerdozio. Più tardi, quando Dio riservò i leviti al loro culto (cfr. Es 32, 26-29; Nm 3, 12; 8, 14), ordinò, in contropartita, che i primogeniti fossero riscattati dalla famiglia, pagando un’imposta molto considerevole: cinque sicli d’argento (cfr. Nm 3, 47; 18, 16), che equivaleva al guadagno di mezzo anno di un salariato.2 Già nei tempi del Nuovo Testamento, secondo i calcoli fatti dagli esegeti, questo ammontare equivaleva a quasi un mese di lavoro.3
D’altra parte, dopo ogni parto, la madre avrebbe dovuto purificarsi e offrire un agnello in olocausto per il neonato e un colombo o una tortora come sacrificio per il peccato (cfr. Lv 12, 4-7); nel caso delle famiglie più povere, due colombi o tortore (cfr. Lv 12, 8).
Il Tempio di Gerusalemme, teatro dell’evento riferito nel Vangelo di oggi, era stato ricostruito con molto meno splendore di materiale precedente, innalzato da Salomone con magnificenza e ricchezza straordinaria e distrutto da Nabucodonosor, tanto che i giudei più anziani, contemplando la nuova costruzione, diventarono tristi e piansero (cfr. Es 3, 12-13), perché quell’edificio non era la meraviglia vista prima dell’esilio in Babilonia. Tuttavia, il profeta Aggeo rivelò loro che il secondo Tempio avrebbe oltrepassato in gloria il primo (cfr. Ag 2, 3-10), e questa profezia si compì alla lettera, poiché egli ricevette la visita del Messia promesso: il Bambino che entrò in braccio a Maria era lo stesso Dio fatto Uomo, che veniva presentato nel suo Tempio.
Fedeltà e obbedienza nel compimento della Legge
La Madonna, concepita senza peccato originale, innocentissima, non avendo conosciuto uomo e avendo generato Gesù col potere dello Spirito Santo, Vergine prima, durante e dopo il parto, non aveva bisogno di purificarSi. Ma Lei, meticolosamente fedele all’osservanza religiosa e amante dell’eccelsa virtù dell’obbedienza, volle compiere la Legge cui era obbligata ogni donna, oltre che a consacrare suo Figlio a Dio, per riscattarLo in seguito.
“Conveniva anche” – afferma San Tommaso – “che la Madre fosse configurata dall’umiltà del Figlio […]. Per questo, Cristo, pur non essendo soggetto alla Legge, volle sottoporSi alla circoncisione e alle altre imposizioni della Legge, per dare esempio di umiltà e di obbedienza, per approvare la Legge, e per togliere ai giudei l’occasione di calunniarLo; per queste stesse ragioni volle che sua Madre compisse tutte le prescrizioni della Legge, sebbene non ve ne fosse soggetta”.4
La consegna solenne e ufficiale del Figlio come vittima espiatoria
A causa della nostra mentalità cronologica, riteniamo che l’imposta stabilita da Dio attraverso Mosè sia stata il fattore de terminante dell’episodio contemplato dalla Liturgia di questa domenica. Tuttavia, se lo analizziamo da un punto di vista più elevato, vediamo che, nei disegni divini, il primordiale obiettivo di Dio nel promulgare queste leggi – sia quella relativa ai primogeniti, sia quella riguardante le madri – fu quello che, un giorno, si realizzasse questa presentazione, affinché, molto prossimo alla sua nascita, il Signore Gesù fosse consegnato in olocausto come ostia di riparazione.
Nostro Signore fu in tutto unico nella Storia: primo, perché Lui era doppiamente Primogenito, tanto di sua Madre Santissima, nel tempo, quanto di Dio Padre, nell’eternità; secondo, perché, presentandoLo al Tempio, la Madonna lo fece di tutto cuore e con la comprensione della grande prospettiva che si apriva dinanzi a Sé, cioè, restituendo a Dio Quello che era di Dio, affinché, in futuro, fosse realmente immolato come offerta, versando il suo stesso Sangue. Lei già sapeva che così sarebbe stato redento il genere umano ed era d’accordo fin dal giorno dell’Annunciazione, quando disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di Me quello che hai detto” (Lc 1, 38). Anche San Giuseppe aveva questa nozione, per cui entrambi svolsero il ruolo di sacerdoti offrendo a Dio un sacrificio. A ragione, la Vergine Maria è chiamata Madre e Regina dei sacerdoti.
A sua volta, il Bambino, in quanto Verbo di Dio, possedeva la scienza divina e increata e, in quanto Uomo, godeva tanto della scienza beatifica – infatti dalla concezione la sua Anima è stata sempre a contemplare Dio faccia a faccia – quanto della scienza infusa, per la quale abbracciava le sfumature di tutte le cose, mediante le specie intelleggibili offerte da Dio al suo intendimento. Inoltre, nella sua natura umana eccellentissima si aggiungeva anche la scienza sperimentale, quella che si acquisisce progressivamente con lo sforzo dell’intelligenza, trasformando in idee le impressioni che i sensi trasmettono all’immaginazione. Così, quando alla tenera età di un bambino entrò nel Tempio in braccio alla Madonna, Gesù constatò, con la sua sensibilità umana, quello che aveva visto fin dall’eternità. Si compì, allora, per quanto riguarda la Sua missione, il ciclo perfetto di tutte le sue conoscenze.
Preso da un’immensa emozione, nella sua umanità, Si consegnò in modo solenne e ufficiale al Padre come vittima espiatoria, avendo piena coscienza del significato di quella cerimonia e, soprattutto, della finalità della sua Incarnazione e di quanto avrebbe sofferto. Quest’offerta Egli l’aveva già fatta fin dal primo istante in cui era stato creato, come si legge nella Lettera agli Ebrei: “Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà” (10, 5-7). Ora, tuttavia, si verificava questo per mano della Madonna, e Gesù, interamente disposto a obbedire in tutto a sua Madre, accettò con gioia, sottomettendoSi – Lui, il Creatore dell’universo, l’Onnipotente! – a chi aveva governo su di Lui qui sulla Terra.
E sebbene sia stato riscattato da Lei e da San Giuseppe, mediante una somma di denaro, lo fu solo in maniera temporanea, fino al momento della Passione. Giunta l’ora di salire al Calvario, non ci fu agnello che Lo sostituisse, non ci fu pagamento… Egli fu crocifisso!
Ora, non era possibile che Maria Santissima e San Giuseppe portassero il Bambino Gesù al Tempio e, in una occasione così trascendentale per l’evento umano e per l’insieme dell’opera della creazione, non ci fossero speciali manifestazioni dello Spirito Santo.
Un anziano flessibile alle mozioni dello Spirito Santo
25 Ora a Gerusalemme c’ era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo che era su di lui. 26 Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27a Mosso dallo Spirito, si recò al Tempio…
Il vecchio Simeone era, secondo l’Evangelista, “giusto e pio”. Di lui si può affermare che, senza conoscere il Signore Gesù e prima che fosse nato a Betlemme, già poteva esser chiamato cristiano; senza che Lui gli avesse dato l’esempio, già Lo imitava! Che merito meraviglioso!
Era, senza dubbio, un’anima di fuoco che anelava la venuta del Messia e la chiedeva insistentemente a Dio. Quante aridità e difficoltà deve aver sofferto quest’uomo, vedendo Israele decadente, Gerusalemme nella rovina spirituale, il Tempio insudiciato dai mercanti… e lui senza le condizioni per far nulla! Forse si affliggeva di fronte alla quantità di anime che si perdevano e, presentando a Dio i sacrifici, s’interrogava sul loro valore, perché erano offerti dalle sue mani, così misere a suo giudizio. “Quando arriverà il Messia” – di sicuro pensava – “Lui, sì, farà un’oblazione perfetta e tutto il popolo sarà purificato!”. Per questo aveva ricevuto mozioni fortissime dello Spirito Santo e – chissà se per un’apparizione angelica o per una voce interiore, vigorosa e impellente – gli era stato rivelato che non sarebbe morto senza avere visto il Salvatore promesso. Ciò nonostante, avrà avuto una sensibilità permanente riguardo a questa previsione o viveva momenti di aridità? Certo è che lui conservò fino alla fine una speranza piena di fede!
Quel giorno sentì un impulso soprannaturale di andare al Tempio e fu docile. È chiaro che non aveva motivi per andare, perché non gli toccava il turno sacerdotale o, forse, si era già ritirato; tuttavia, con la sua età avanzata e con difficoltà di movimento, in un’epoca di freddo invernale, vinse gli acciacchi della vecchiaia e uscì per strada, impaziente, agile, con un empressement e un animo che nemmeno in gioventù aveva avuto, in cerca del Cristo che stava arrivando.
Il premio di chi è giusto e pio
27b …e, mentre i genitori vi portavano il Bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28 anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo…
Quando Simeone vide entrare San Giuseppe e la Madonna con il Bambino Gesù, il suo cuore palpitò e si riempì di emozione… Finalmente, lì stava il Messia! Certamente egli li chiamò e li fece passare davanti alle altre famiglie e alle altre madri, che aspettavano di essere ascoltate dai sacerdoti di turno, per adempiere anche loro la Legge.
È da notare il modo con cui la Provvidenza sempre agisce: garantisce qualcosa e dà molto di più. Nella sua umiltà di uomo giusto, Simeone aveva immaginato di vedere il Redentore a distanza, camminando per strada o in una piazza. Realizzata così la promessa, avrebbe potuto morire. Ma egli ottenne il privilegio di accogliere Cristo bambino, con soli quaranta giorni di vita. Dio in braccio suo!… Ci permettiamo di concepire che il Bambino Gesù, guardandolo, abbia avuto per lui gesti di delicatezza e affettuosità unica; forse ha afferrato con le divine mani la barba dell’anziano.
Tali dimostrazioni devono aver lasciato Simeone commosso nel più profondo della sua anima, formando in essa una specie di arco gotico: da un lato, Dio, che era quel Bambino, agiva “con la mano destra” nel suo intimo, inondandolo di contentezza, di entusiasmo e di straordinario giubilo di fronte alla Sua sapienza e al futuro che Lo attendeva; dall’altro, il Bambino, che era Dio, completava all’esterno i sentimenti sperimentati nel suo intimo, accarezzando “con la mano sinistra” la sua barba e comunicandogli, col suo sorriso, il massimo della consolazione…
“Simeone, cercava con un desiderio pio e fedele, lo trovò e riconobbe quello che incontrò, senza nessun altro indizio, cioè senza alcuna testimonianza umana. […] Possiamo proprio immaginare come quel Cristo soave e mansueto penetrasse nel seno castissimo del devoto anziano […], e ispirasse i suoi sentimenti? […] L’anima dell’anziano si scioglieva nell’abbraccio di questo Unto […] e diceva: ‘[…] ora vedo quello che ho atteso, possiedo quello che ho desiderato, abbraccio quello che ho anelato. Vedo Dio mio Salvatore, rivestito della mia carne, e la mia anima si è salvata. […] Semplicemente toccando questo Bambino, quest’Uomo nuovo, si è rinnovata la mia giovinezza come quella dell’aquila, proprio come mi era stato promesso: Andrò all’altare di Dio, nel quale Maria offre al Padre, il Dio che rallegra la mia vecchiaia e, anzi, rinnoverà la mia giovinezza’”.5
Ecco il premio di chi è giusto e pio. Chi pratica la virtù e prega con perseveranza, attira la benevolenza di Dio ed è ricompensato. Dobbiamo, a questo punto, trarne un esempio, in modo da non venir mai meno nell’esercizio della preghiera. Se, mantenendoci nella giustizia e nella pietà, chiediamo con costanza una grazia, essa ci sarà concessa con larghezza, anche se soltanto alla fine della vita.
Il senso della missione universale del Messia
29 “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; 30 perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, 31 preparata da te davanti a tutti i popoli: 32 luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo Israele”.
In questo ispirato cantico di Simeone traspare la sua gioia, e constatiamo che gli furono riparate le afflizioni, ascoltate le preghiere e coronati gli sforzi in cerca della perfezione! Per che cosa vivere ancora? La sua vocazione era conclusa; la promessa, compiuta.
Nelle sue parole emerge, inoltre, il senso della missione universale del Signore Gesù. In quel Bambino, egli vede la completa portata della Redenzione, che avveniva per “tutti i popoli: luce per illuminare le genti”. Tale affermazione sulle labbra di un giudeo è inusitata, considerato che essi erano estremamente nazionalisti. Simeone parlava come un vero profeta, grazie a una rivelazione dello Spirito Santo. In una scena d’incomparabile bellezza, l’Antico Testamento, nella persona di Simeone, chiudeva il suo ultimo atto, prendendo nelle mani il Nuovo Testamento in Persona.
Una Coppia che ha impatto, un Bambino che attrae…
33 Il padre e la Madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di Lui.
Maria e Giuseppe dovevano chiedersi come Simeone fosse giunto a una così alta conoscenza del destino di Gesù, in quanto solo loro due, e i loro cugini Zaccaria ed Elisabetta, conoscevano tale mistero e non avevano mai conversato con nessun altro a questo riguardo.
È probabile che la dichiarazione di Simeone abbia provocato una tremenda animazione intorno alla Sacra Famiglia, visto che egli non aveva parlato esclusivamente per loro, ma anche per le persone che lì si trovavano. Infatti, tanto il rito di presentazione del primogenito quanto quello della purificazione della madre erano atti pubblici, ai quali poteva assistere qualsiasi persona. Dopo aver attraversato il Cortile delle Donne e aver salito i gradini che conducevano a quello di Israele – percorso, del resto, obbligatorio per le madri che andavano a purificarsi –, era possibile osservare i sacrifici da una balaustra o da una piccola porta, luogo molto propizio a commenti sociali.6
Già entrando, la Madonna, raccolta, indossando una veste fino ai piedi come si usava all’epoca, e avendo la testa coperta con un velo, che lasciava scoperta soltanto una parte del volto, di sicuro avrà generato ammirazione, poiché era una donna bellissima e completamente fuori dal comune. Anche San Giuseppe doveva impressionare per il suo carattere e irradiare un’impressione di molta serietà e forte personalità. Quella Santa Coppia creava un forte impatto! E col modo di comportarsi comunicativo proprio degli orientali, senza dubbio le altre donne fermarono la Santissima Vergine lungo il cammino, facendo domande sul Figlio che portava in braccio.
Sì, molto più delle parole di Simeone, il Bambino attirava l’attenzione e produceva incanto, soprattutto quando, avendo Maria tolto i tessuti che Lo avvolgevano, Lo presentò alla vista di tutti e Lo sollevò per consegnarLo a Simeone. Chi era questo Bambino? Il più bell’infante che mai ci fu in tutta la Storia e che nessun altro mai eguaglierà; un Bambino straordinario, colossale, pieno d’intelligenza; il Creatore dell’universo, la Luce del mondo, il Figlio di Dio!
Pietra di scandalo!
34 Simeone li benedisse e a Maria, sua Madre, disse: “Ecco, Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione, 35b …affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”.
Sempre per ispirazione dello Spirito Santo, Simeone annunciò che Gesù sarebbe stato causa di salvezza e rovina per molti in Israele – e, possiamo aggiungere, in tutto il mondo –, mettendo in risalto la sua vocazione di pietra di scandalo. Apparendo Cristo, la Verità Incarnata, Egli – per essere Lui e con la sua vita, più che con la dottrina – avrebbe fatto sì che molti di quelli che avevano nascosto i loro peccati, coprendoli con i più svariati sofismi, si vedessero denunciati. Tutto sarebbe diventato esplicito.
Noi dobbiamo avere la profonda convinzione di come uno che abbraccia la via di Nostro Signore con sincerità e cerca di viverla in sè, con una condotta trasparente, pervasa di santità, finisca per trasformarsi in pietra di scandalo e segno di contraddizione, come Lui, dando occasione a che molti cuori si rivelino.
Una spada che trafigge l’anima, senza toccare il corpo
35a “… e anche a te una spada trafiggerà l’anima…”
L’ultima frase di Simeone è un riferimento chiaro ed evidente ai tormenti della Passione. Come sopra abbiamo menzionato, Maria era già consapevole della Redenzione che sarebbe stata operata dal suo Divino Figlio, e aveva detto un “sì” alla volontà di Dio. Ora, però, udiva la previsione di una persona che aveva la sua medesima natura, di un sacerdote di quel Tempio che Lei amava – visto che lì aveva servito durante l’infanzia –, e aveva nozione della venerazione con la quale questi ministri del Signore dovevano essere considerati. Lei rispettava, pertanto, come parola dello Spirito Santo, quello che lui diceva in quel momento. L’anziano indicava quello che L’aspettava con molta precisione, visto che, di fatto, una spada avrebbe trafitto la sua anima, senza toccare affatto il corpo. In quel momento, cosciente che avrebbe affrontato l’orribile patimento di vedere il Figlio morire crocifisso, Lei si sarà detta nel profondo del cuore: “O mio Dio, ecco qui la tua schiava! Io accetto interissimamente il sacrificio, qualunque esso sia!”.
Ecco la disposizione di spirito alla quale siamo chiamati: essere sempre pronti a lasciare che la spada della sofferenza trafigga la nostra anima. Se tra i mille titoli con cui è onorata la Santissima Vergine si annovera quello di Madonna dei Dolori, è perché Dio, amandoLa come L’ha amata, non ha voluto che Le mancasse il beneficio del dolore.
Un modello di donna nella Chiesa
36 C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37 era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal Tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38 Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del Bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Proprio come la Legge Mosaica esigeva per ogni affermazione o prova di fatti in un giudizio (cfr. Nm 35, 30; Dt 17, 6; 19, 15), San Luca inserisce, subito all’inizio del suo Vangelo, due testimoni della divinità di Gesù, al fine di suggellare l’ingresso del Salvatore nel suo Tempio e dare inizio al compimento della sua missione pubblica. Il primo è il sacerdote Simeone, e la seconda è la profetessa Anna, donna descritta in dettaglio come nessun’altra nel Nuovo Testamento, poiché il terzo Evangelista voleva presentare la sua dichiarazione in forma molto affidabile e autentica. Allo stesso tempo, lei meritava questi elogi, poiché, sebbene non si faccia menzione alla giustizia, è indubitabile che, come Simeone, si tratti di una persona giusta. Di conseguenza, San Luca comprende in questa testimonianza il genere umano, uomo e donna.
Anna è un esempio di penitenza, di generosità, di amore, di apostolato. Lei è il modello della donna nella Chiesa, cui tocca avere spirito di penitenza, essere sempre generosa, dando tutto di sé, esser piena di amore a Dio e continuo desiderio di fare il bene agli altri. Inoltre, il testo evangelico sottolinea che lei “non si allontanava mai dal Tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”, nell’intento di mostrare che Dio scelse una donna dedita alla vera vita contemplativa.
E a questo siamo tutti invitati: a non abbandonare mai, non il Tempio di Gerusalemme, ma il tempio di Dio che è ciascuno di noi se stiamo nella sua grazia, perché Nostro Signore asserisce: “Se uno Mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 23). Dobbiamo vivere in questo tempio, servendo costantemente Dio, ossia, con la preoccupazione rivolta alla Sua gloria. Non pensiamo, però, che Anna, nel corso dei suoi ottantaquattro anni, godesse in modo permanente di un entusiasmo sensibile, senza che le sopravvenissero difficoltà o aridità… Questo non esiste nella natura umana dopo il peccato originale! Ora, pregare appoggiandosi sul mero sentimento sarebbe agire solo secondo gli istinti, quando è necessario, al contrario, che la nostra devozione sia molto logica, basata sui principi della Fede, com’era quella di Anna.
Fissiamo ora la nostra attenzione sull’ambiente creato intorno alla Sacra Famiglia, di fronte alla previsione di Simeone, nel momento in cui Anna, già celebre come profetessa e con la venerabilità della vecchiaia, entrò in scena… I presenti si saranno scostati per farla passare, con gli occhi rivolti verso di lei, in attesa di quello che avrebbe detto. Anche se non ci sono state consegnate le sue parole, è possibile congetturare che lei abbia fatto una tale proclamazione sul Bambino, da lasciare tutti sbalorditi!
Trent’anni di esemplare obbedienza
39 Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la Legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. 40 Il Bambino cresceva e Si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di Lui.
Dio, come creò Adamo dalla terra, plasmando un bellissimo pupazzo cui infuse l’anima, così avrebbe potuto perfettamente formare una figura meravigliosa, per esempio con polvere di diamante, da cui uscisse Gesù già di età adulta, pronto a iniziare la sua vita pubblica. Invece, Egli volle incarnarSi, trascorrere nove mesi nel chiostro materno e santissimo della Madonna, e nascere come un infante. Lui piange e ancora non parla, sebbene sia il Creatore dell’universo; Egli, l’Onnipotente, capace di assumere in un istante la pienezza della forza corporale, l’andò acquisendo gradualmente. Preferì crescere e svilupparSi secondo il processo naturale, dentro la vita di famiglia.
A prima vista, la costituzione della Sacra Famiglia è un mistero. San Giuseppe, per essere il capo, il pater, il Patriarca, possiede maggior autorità ed è padrone del frutto della sua sposa, poiché si è sposato con Maria. Lei, da parte sua, in virtù del privilegio della maternità divina, non è Madre solo della natura umana del Bambino, ma anche della Persona, pertanto, come Madre della Seconda Persona della Santissima Trinità unita ipostaticamente a questo Bambino, ha potestà su Dio; tuttavia, Ella Si sottomette a Giuseppe. Infine, Gesù, in quanto Figlio, vive nell’obbedienza, in tutto accettando l’orientamento e l’educazione di Giuseppe e di Maria. Situazione paradossale: il Creatore e Redentore Onnipotente, l’Autore della grazia, Colui la cui origine si perde nell’eternità, avendo istituito una famiglia, Si sottomette totalmente al dominio del padre legale, che non è padre per il sangue, e a quello della Madre, creatura nata nel tempo.
Immaginiamo Gesù quando impara a parlare, avendolo appreso dalla Madonna, o a 15 anni, docile a San Giuseppe nei lavori di falegnameria, quando avrebbe ben potuto, con un semplice atto della Sua volontà, trasformare quelle tavole nei mobili più belli e perfetti che mai siano esistiti! “Il maggiore Si sottomette al minore. […] Giuseppe era maggiore di età, per questo Gesù lo onora con il rispetto dovuto a un padre. […] Giuseppe sa che Gesù gli era superiore in tutto e in tutto gli era sottomesso e, conoscendo la superiorità del suo inferiore, Giuseppe, timoroso, comanda con moderazione”.7
Perché questa inversione? Per mostrarci quanto dobbiamo esser fedeli alla gerarchia, anche se chi è stato chiamato a comandare non è il più virtuoso né il più forte… La Provvidenza è caparbia e vuole così! E il Bambino Gesù sapeva che dava più gloria al Padre del Cielo, onorando il suo padre terreno. Egli, Seconda Persona della Santissima Trinità, decise di farSi uno tra gli uomini, nella sua Incarnazione, al fine di operare la Redenzione dall’interno della natura umana e conquistare la regalità su di loro, diventando una fonte di perdono inesauribile e pienamente soddisfacente per tutti i peccati.
III – In opposizione a un mondo egualitario, il divino esempio dell’obbedienza
Alla luce della dottrina che il Vangelo della festa della Sacra Famiglia ci offre, la prima lettura (Sir 3, 3-7.14-17a) acquista una prospettiva altissima: “Chi onora il padre espia i peccati; chi riverisce la madre è come chi accumula tesori. […] la pietà verso il padre non sarà dimenticata, ti sarà computata a sconto dei peccati” (Sir 3, 3-4.14).
Emerge, in questo passo, una regola di ordine, di disciplina e di rispetto che appassiona ed emoziona: nella famiglia esiste una gerarchia perfetta creata da Dio; tuttavia, questo non si applica soltanto ai genitori carnali, ma a ogni autorità, e soprattutto a quella religiosa. Così, chi ama questo principio è perdonato dei suoi peccati, poiché questa riverenza tributata ai superiori è, in fondo, un atto di religione e di culto a Dio, che gli ottiene, di conseguenza, grazie stupende.
Quando ognuno di noi, nel suo stato, è chiamato a obbedire, si ricordi del Bambino Gesù: il suo cammino qui sulla Terra fu trascorrere, nel contesto familiare, trent’anni di vita nascosta e sottomessa a San Giuseppe e a Maria Santissima. Egli, ovviamente, non aveva colpe da riparare, ma riscattava, questo sì, le trasgressioni dell’umanità.
Ora, questo “onora tuo padre”, di cui Gesù ci ha dato l’esempio, è un dettame che urta profondamente la mentalità liberale dei nostri giorni. La via rivoluzionaria che il mondo contemporaneo predica è quella della rivolta contro ogni autorità, della sollevazione di fronte a qualsiasi mandato e la promozione dell’egualitarismo. Chi ha questo stato di spirito non ottiene il “perdono dei peccati”, né “accumula tesori”.
Sì, siamo tutti uguali, poiché abbiamo testa, tronco e membra, ma è un’insensatezza difendere l’esistenza dell’eguaglianza assoluta. Dio non è balbuziente da creare esseri ripetuti due volte! Al contrario, Dio è anti-egualitario; Egli ama la gerarchia e vuole una società umana scaglionata, di modo che gli uni dipendano dagli altri e considerino con gioia gli aspetti in cui gli altri sono superiori a loro. Pertanto, se vogliamo un giorno vivere nella Sacra Famiglia della Santissima Trinità nel Cielo, contemplando Dio faccia a faccia, dobbiamo comprendere che la via dell’obbedienza, della flessibilità e della sottomissione vale più di tutte le opere che possiamo realizzare.
__________________________________________________
Ancora nessun commento