Vangelo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osservate i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». (GV 14,15-16.23b-26.)
Sequenza
Vieni, Santo Spirito, mandaci dal cielo un raggio della tua luce. Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori. Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, soave refrigerio. Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto. O luce beatissima, invadi nel profondo il cuore dei tuoi fedeli. Senza il tuo soccorso, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, raddrizza ciò ch’è sviato. Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna. Amen.
Condotti dal fuoco dello Spirito Divino
Nella varietà dei popoli, l’unità della Chiesa, che nel corso dei secoli ispira l’eroismo della virtù, sorprende lo scettico spettatore… Egli ignora qual è il fattore determinante di questa meravigliosa coesione!
I – L’anima, fattore di unità e vita
Nel corso della nostra vita, abbiamo senz’altro avuto l’occasione di partecipare a un funerale o di assistere a un violento incidente stradale mortale. In ognuna di queste occasioni abbiamo sperimentato una profonda impressione, nel contemplare il corpo di un defunto, immobile, senza alcuna reazione, irrimediabilmente privo di vita.
Infatti, la vita umana è costituita dalla presenza dell’anima che infonde vita al corpo. Questo perde la sua armonia quando ne viene separato. Dato che possediamo membra molto differenti, con peculiarità e funzioni varie – le braccia sono diverse dalla testa, le gambe dalle braccia, e persino è distinto il ruolo di ogni dito della stessa mano –, è indispensabile un fattore di unità che eserciti un’azione ordinatrice su tutto l’organismo. Tale è il ruolo esercitato dall’anima. Senza la sua presenza dal primo istante del nostro concepimento saremmo un conglomerato di organi ed elementi senza coesione, incapaci di agire in congiunto.
Lo Spirito Santo, anima della Chiesa
Questa caratteristica della natura umana non è che un pallido riflesso di un’altra realtà incomparabilmente più alta: “ciò che l’anima dell’uomo è per il corpo, è lo Spirito Santo per il Corpo di Cristo, che è la Chiesa”.1 È la Terza Persona della Santissima Trinità che la anima, di modo che – per un assurdo irrealizzabile – se essa si ritirasse, la Chiesa rimarrebbe inerte come un cadavere. Cristo è il Capo, noi siamo le membra e lo Spirito Santo è l’anima vivificante che, con la sua attuazione, conserva l’unità di questo Corpo Mistico.
Se ci soffermiamo un po’ ad analizzare la società umana, comprenderemo che, in generale, il suo dinamismo e animazione le sono concessi dall’esterno all’interno. Chi desidera, per esempio, fondare un’istituzione, cerca che ne facciano parte, in primo luogo, persone ben disposte e che possano garantirle forza e durata. La Chiesa, al contrario, possiede una vita che nasce in se stessa, infusa dal Divino Spirito Santo. Egli è presente nella Chiesa, inabitando i suoi membri e permanendo in loro con la grazia santificante.
Questa presenza è sentita dalle anime, sebbene in modo imponderabile, com’è accaduto al Prof. Plinio Corrêa de Oliveira, da bambino. Riflettendo sull’unità che traspariva nella diversità della Chiesa, egli pensava: “Sopra a tutto c’è Qualcuno, che è più del tutto! È una cosa curiosa. La Chiesa non sembra un’istituzione, ma una persona che comunica attraverso mille aspetti. Essa ha movimenti, grandezze, santità e perfezioni, come se fosse un’anima immensa che si esprime in tutte le chiese cattoliche del mondo, in tutte le immagini, in tutta la Liturgia, in tutti gli accordi dell’organo e in tutti i rintocchi di campana. Quest’anima ha pianto con i requiem e ha gioito con gli scampanii del Sabato Santo e delle notti di Natale. Lei piange con me, gioisce con me. Come mi piace quest’anima!”.2 Alla sua giovane età egli non poteva definire tale anima allora, come ha fatto più tardi: “L’anima della Chiesa Cattolica è lo Spirito Santo. È Lui che è presente in tutte le manifestazioni della Chiesa. È Lui che ha suggerito agli uomini della Chiesa, nel corso dei secoli, di selezionare tutto secondo una determinata forma. È Lui che ha fatto nascere nella Chiesa tutte le cose che sono il riflesso di Se stesso”.3
Universalità conferita dallo Spirito
Una è la Chiesa Cattolica nella molteplice ricchezza dei suoi aspetti, come ha scritto San Cipriano: “A somiglianza dei raggi del Sole che sono molti ma una sola è la luce, molti sono anche i rami dell’albero e uno solo è il tronco, fermamente radicato al suolo; e quando da una sola sorgente scorrono molti ruscelli, anche se per l’abbondanza dell’acqua che da essa emana sembra esserci una molteplicità che si sta diffondendo, permane l’unità all’origine. […] Così anche la Chiesa, inondata dalla luce del Signore diffonde i suoi raggi su tutto il mondo e, tuttavia, una sola è la luce che diffonde da ogni parte, senza dividere l’unità del corpo; estende i suoi rami con grande generosità su tutta la Terra; invia i suoi fiumi a scorrere in abbondanza per ogni dove. E, senza dubbio, uno solo è il capo, una sola la sua origine e una sola sua madre, ricca dei frutti della sua fecondità. Dal suo seno siamo nati, del suo latte ci alimentiamo e dal suo spirito siamo vivificati”.4
Per l’azione divina, i figli delle più diverse nazioni e con le più svariate culture partecipano a un amore reciproco di un’unica e medesima Fede, sotto le cure di un solo pastore. Quando il Signore Gesù ha dichiarato “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18), stava promettendo alla sua Chiesa la perennità di questa vitalità, che mai più l’avrebbe abbandonata. Per questa ragione la Chiesa è indistruttibile, e quelli che ritengono di poterla sconfiggere si illudono dell’impossibile. Più ancora, Essa è interamente trionfante in tutte le circostanze.
Una semente debole e timorosa che fruttifica con fulgore
Esempio archetipico di questa indistruttibilità è stata la trasformazione operata negli Apostoli, a Pentecoste. Come semente della Chiesa, essi costituivano un corpo, tuttavia privo di vita, come ci dimostrano gli avvenimenti che precedettero la scena contemplata dalla prima lettura di questa Solennità. I Vangeli narrano come, terminata l’Ultima Cena, Nostro Signore uscì con i suoi discepoli fino all’Orto degli Ulivi, tra canti di festa. Sentendo prossima l’ora terribile della Passione, andò a pregare il Padre nella tristezza e afflizione, accompagnato soltanto dai tre Apostoli che godevano della sua maggiore intimità, ma questi, vinti dal sonno, meritarono di ricevere dalle labbra del Divino Maestro il rimprovero: “Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?” (Mt 26, 40). Più tardi, vedendoLo catturato, tutti fuggirono presi dalla paura (cfr. Mt 26, 56; Mc 14, 50), e San Pietro, seguendoLo solo da lontano, Lo rinnegò tre volte (cfr. Mt 26, 69-75; Mc 14, 67-72; Lc 22, 55-62; Gv 18, 25-27), per rispetto umano.
Dopo il seppellimento di Gesù, i discepoli rimasero riuniti a porte chiuse, per timore
che una persecuzione si scatenasse contro di loro (cfr. Gv 20, 19). Quando, infine, Nostro Signore apparve loro risorto, si spaventarono e ebbero il dubbio che fosse un fantasma, al punto che Egli chiese del cibo per mostrar loro la realtà del suo Corpo. Ciò nonostante, anche avendo testimoniato la vittoria di Cristo sulla morte, gli Apostoli erano più preoccupati per la restaurazione del regno temporale di Israele – come ci dimostra il dialogo che precede l’Ascensione di Gesù – che per la dottrina che il Divino Risorto ancora gli voleva comunicare.
In senso diametralmente opposto, dopo Pentecoste essi uscirono pieni di fervore predicando alle moltitudini, senza alcun timore di esser catturati o perseguitati. “Con la venuta dello Spirito Santo” – afferma San Giovanni Crisostomo – “ormai erano trasformati ed erano superiori a tutto ciò che fosse corporeo. Proprio lì l’assistenza dello Spirito Santo converte in oro quello che era argilla. […] Ed è mirabile che gli Apostoli andassero a combattere inermi contro avversari armati, contro principi detentori dell’autorità su di loro; quelli che non avevano eloquenza ed erano ignoranti affrontavano impostori, ciarlatani e una moltitudine di sofisti, retori e filosofi peripatetici corrotti dell’Academia”.5
Fu a partire dall’effusione dello Spirito Divino che la Chiesa cominciò a muoversi e a espandersi. Fu Lui a far fiorire le meraviglie e le ricchezze che i secoli hanno presenziato, che ha ispirato il coraggio e l’eroismo dei martiri e la predicazione del Vangelo nel mondo intero, ed è Lui che ringiovanisce costantemente la Sposa di Cristo, moltiplicando i frutti di santità su tutta la faccia della Terra, in tutti i tempi.
II – Lo Spirito Santo in noi
Quante volte siamo mossi da empiti di entusiasmo, da buoni desideri e propositi, e non sappiamo spiegare da dove essi provengano. In altre occasioni, al contrario, ci sentiamo acidi o scoraggiati e, all’improvviso – senza nessuna azione da parte nostra –, ci invade una profonda consolazione. In entrambe le circostanze, tali impulsi interiori provengono dallo Spirito Santo, che agisce sulle nostre anime come un tempo sugli Apostoli, predisponendoci alla pratica del bene e rendendoci capaci, col potere della sua forza trasformatrice, persino di raggiungere l’eroicità.
Nello Spirito Santo diventiamo divini
Sono note le parole di Tertulliano: “O testimonium animæ naturaliter christianæ! 6 – O testimonianza dell’anima, naturalmente cristiana!”, le quali esprimono una grande verità, dato che ogni anima è stata creata in funzione del Signore Gesù. Tuttavia esse, prima di ricevere le acque rigeneratrici del Battesimo, senza possedere la vita divina, generano dalla loro natura macchiata dalla colpa originale l’egoismo, l’esclusiva cura di se stesse e una preoccupazione smisurata per i loro interessi, da dove provengono le amare esperienze che ci procura la convivenza umana, nel corso della nostra vita.
È necessario per l’uomo, pertanto, “rinascere dall’acqua e dallo Spirito” (Gv 3, 5). Pieno di fede, speranza e carità, acquisisce una profonda comprensione dei panorami soprannaturali, cosa che si riflette poi nell’impegno a fare il bene e nel consegnarsi, se necessario, a un vero olocausto in favore degli altri. Tale è la vita della grazia, mantenuta, sviluppata e irrobustita dall’azione dello Spirito Paraclito. In questo senso, dice Sant’Agostino: “Il Dio-Amore è lo Spirito Santo. Quando questo Spirito, Dio da Dio, si dà all’uomo, lo infiamma di amore verso Dio e il prossimo, poiché Egli è amore”.7
Come si verifica questa partecipazione alla vita divina? Nell’Uomo-Dio, modello supremo di tutta la creazione, il Verbo serve da supporto – dal greco, hipostasis – per l’unione della natura umana con quella divina. Qualcosa di simile e misterioso si opera nel nostro intimo, per l’azione della grazia santificante ricevuta nel Battesimo: mantenendo le proporzioni, il ruolo che svolge la Seconda Persona della Santissima Trinità in Gesù è esercitato in noi dalla Terza Persona, facendoci partecipi della vita increata di Dio e appartenenti al Corpo Mistico di Cristo.
Adottati come figli di Dio
Possiamo allora affermare che col Battesimo entriamo a far parte della famiglia divina. Come il Signore Gesù, per quanto riguarda la sua origine, è l’Unigenito di Dio, generato dal Padre da tutta l’eternità, noi, sebbene non siamo stati generati nella Trinità, con la grazia diventiamo figli di Dio per adozione.
Per facilitare la comprensione di una così alta verità, analizziamo, per esempio, la differenza che c’è tra esser adottato da qualcuno di condizione modesta o da una persona abbiente. Senza dubbio, se fosse dato scegliere, la grande maggioranza delle persone opterebbe per la seconda possibilità, poiché significherebbe un aumento di proiezione sociale e un’eredità molto superiore. Ora, infinitamente più che conquistare qualsiasi dignità o possedere beni materiali è l’esser ricevuto da Dio come figlio. Quest’adozione soprannaturale non si verifica alla maniera di quella umana, registrata in un archivio: mentre i genitori non possono dare la loro vita biologica ai figli adottivi, Dio, al contrario, ci conferisce una partecipazione fisica e formale alla sua stessa vita.
Diversamente da quel che succede con l’abbigliamento, che varia secondo i gusti e le occupazioni di ognuno, mutando l’apparenza esteriore della persona senza, comunque, alterarne l’organi smo, la grazia qualifica l’intimo, rivestendo la nostra anima e configurandoci con Cristo, secondo le parole dell’Apostolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20).
Celebre è l’immagine utilizzata dai teologi per spiegare questa dottrina: il ferro quando è sottoposto alle alte temperature della forgia diventa brace incandescente e assume le caratteristiche del fuoco, anche se continua a essere ferro. Così è l’anima pervasa dalla grazia santificante: senza smettere di esser umana, diventa divinizzata.
Una natura insufficiente a governare un organismo divino
Per esser all’altezza di un tale dono dobbiamo agire come Dio stesso. Come raggiungere una meta così elevata? Nel Battesimo, insieme alla grazia santificante, Dio infonde nell’anima le virtù, che costituiscono l’elemento dinamico e operativo di tutto l’organismo soprannaturale. Però, nonostante le virtù siano mosse in noi dallo Spirito Santo, che in ogni istante ci sta sostenendo, ispirando e aiutando mediante grazie attuali, l’uso di queste stesse virtù spetta a noi e dipende dalla nostra iniziativa e volontà, rappresentando un pericolo, concepiti come siamo nel peccato originale.
Saremo, allora, come un bambino al quale dessero da pilotare un potente aereo passeggeri. La più avanzata delle tecnologie a nulla servirebbe in mani così poco esperte quanto quelle di un bambino… Ancora una volta si rivela insostituibile il ruolo esclusivo dello Spirito Santo, riflesso nella bellissima Sequenza presentata dalla Liturgia per la giornata di oggi.
III – I doni dello Spirito Santo, insostituibile ausilio per la vita spirituale
Avendo commentato in precedenza il racconto della discesa dello Spirito Santo, come pure le due opzioni per il Vangelo offerte dalla Santa Chiesa per questa Solennità,8 centreremo le nostre considerazioni sulla Sequenza, il famoso Veni Sancte Spiritus.
Vieni, Santo Spirito, mandaci dal cielo un raggio della tua luce. Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori.
Il raggio di luce qui riferito è una figura dei doni dello Spirito Santo, i quali saranno menzionati nei versi della Sequenza. La ricchezza di un tema così trascurato come questo, permetterebbe di riempire pagine e pagine, con grande profitto per tutti i fedeli. Avendone sentito parlare, forse anche molte volte, sappiamo, di fatto, che cosa sono? Essi sono abitudini infuse, che agiscono sulle virtù, rafforzandole, rendendole più robuste e portandole al loro pieno sviluppo.
Lasciarsi condurre…
La mozione dei doni non appartiene più all’uomo, ma al Divino Spirito Santo come causa unica. Così come sarebbe indispensabile per il bambino che si è guadagnato l’aereo passeggeri, il concorso di un pilota esperto per sollevare l’immensa macchina dal suolo, Dio, infondendo i doni nella nostra anima, si fa nostro conduttore, mettendo a nostra disposizione un ausilio opportunissimo per sopperire alla nostra incapacità nel governo di un organismo soprannaturale che ci supera all’infinito. L’anima ha soltanto bisogno di lasciarsi condurre…
Per comprendere meglio il compimento delle virtù nell’anima, ricordiamoci della classica figura del bambino che cammina dando la mano a sua madre: senza alcun dubbio chi avanza è il bambino, soggetto all’inesperienza della sua tenera età e sostenuto dalla protezione materna. Molto diverso sarebbe se la madre, temendo i pericoli cui si espone il fragile figlio andando da solo, lo prendesse in braccio. Lo sforzo nel muoversi dipenderebbe unicamente dalla volontà di lei, e non più dalle gambe poco agili del piccolo. Questa seconda situazione è una pallida immagine dell’azione benefica dei doni. Lo Spirito Santo ci “prende in braccio”, “sublimando, mediante le sue illuminazioni e mozioni specialissime, il nostro modo di pensare, volere e agire”,9 proteggendoci da tutte le minacce che ci circondano durante la vita.
Luce unica e consolazione dei cuori
Inoltre è lo Spirito Santo che arricchisce le nostre capacità intellettuali, concedendoci la luce necessaria per raggiungere le verità della Fede. Oltre a mandare i suoi raggi sulla nostra intelligenza, il Consolatore illumina anche la nostra volontà, ossia, il nostro cuore. Sotto questo chiarore alla fine desideriamo quello che si deve; senza questa luce ci allontaneremmo dalla via tracciata dalla Rivelazione e il nostro amore si svierebbe in ogni sorta di pazzie, terminando in quello che descrive San Paolo nella seconda lettura di questa Solennità, nell’Epistola ai Romani: “Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio” (Rm 8, 8). Per carne non dobbiamo intendere qui soltanto quello che viola il sesto Comandamento del Decalogo, ma anche la considerazione naturalista e umana della realtà, nella quale le preoccupazioni materiali monopolizzano l’attenzione. Chi eleva la nostra mente, liberandoci dalla schiavitù delle leggi della carne, è lo Spirito Santo.
Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, soave refrigerio. Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto.
Così, abitando dentro di noi, lo Spirito Divino tempra la nostra anima. Da Lui provengono tutti i nostri buoni movimenti. Ma in questo modo Egli è l’Umiltà in essenza che non lascia trasparire la sua azione e consegna con liberalità i tesori della sua infinita ricchezza, come chi, possedendo ingenti quantità di denaro, aprisse in una banca un conto per un altro, depositandogli con prodigalità un’alta somma.
Egli è, anche, il dolce refrigerio, poiché è l’unica fonte capace di trasmetterci una vera pace e consolazione interiore. Infatti, nelle situazioni di afflizione che affrontiamo nella nostra quotidianità, il conforto si trova solamente in Colui che muta le lacrime in autentica gioia.
Sublime esempio della necessità della petizione
O luce beatissima, invadi nel profondo il cuore dei tuoi fedeli.
Ci sono certe azioni dello Spirito Divino che dispensano la necessità di petizione, come, per esempio, quando il bambino è battezzato e la grazia opera da sola, senza che abbia sollecitato nulla. Tuttavia, Egli è come in attesa di una supplica. Gli stessi Apostoli sono rimasti riuniti in preghiera per nove giorni (cfr. At 1, 14; 2, 1) aspettando la sua venuta, come Nostro Signore aveva loro ordinato (cfr. At 1, 4).
Se nel Cenacolo non fosse stata presente la Madonna a intercedere per loro, implorando la discesa dello Spirito Santo, per quanto tempo in più sarebbe stato necessario pregare? Seguendo l’esempio di Maria Santissima, prima di qualsiasi attività, con insistenza preghiamo il Paraclito affinché Egli prenda pieno possesso e dominio di tutto quanto possiamo fare.
Una forza che supera quella della creatura umana
Senza il tuo soccorso, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa.
Quella che si è verificata con gli Apostoli nel giorno di Pentecoste è stata una sovrabbondante infusione di doni dello Spirito Santo, al punto che essi uscirono annunciando il Vangelo nella propria lingua e gli altri li ascoltavano nelle loro lingue rispettive (cfr. At 2, 7-8), poiché era lo stesso Spirito che parlava nei Dodici e che ascoltava nelle anime del popolo.
Se non ci fosse la sua meravigliosa attuazione, il convivio dell’umanità diventerebbe insopportabile. È Lui che produce il mutuo intendimento, la comprensione perfetta di un linguaggio unico e comune, quello dell’amore tra i figli di Dio, in uno scambio benefico tra gli uni e gli altri.
Non c’è nulla d’impossibile per lo Spirito Santo!
Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina.
Persino chi ha percorso per tutta la vita, le vie tortuose dell’impurità e dell’errore è passibile di purificazione con la grazia del Divino Spirito, potendo, anche, arrivare a diventare ancor più diafano, più trasparente e più luminoso di un Serafino! Se quest’affermazione sembra essere troppo azzardata, soffermiamoci a considerare Santa Maria Maddalena. Sprofondata nel peccato, dopo una prima conversione mal corrisposta – secondo quanto racconta la tradizione –, a cui sono succedute cadute ancor peggiori delle precedenti, ella è stata giustificata in modo tale che oggi il suo nome si trova inserito con precedenza su quello delle vergini invocate nella Litania di Tutti i Santi. È forse lo Spirito Santo incapace di realizzare quello che vuole? Anche noi, quando sperimentiamo la necessità di riparare debitamente una colpa, non abbiamo dubbi a chiederGli che scenda, ci trasformi e ci purifichi! Solo Lui potrà insegnare la via della salvezza a chi si è traviato per i sentieri del peccato!
Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, raddrizza ciò ch’è sviato.
Simile fenomeno capita quando si fecondano le maggiori sterilità nel campo dell’apostolato o si ottiene la vittoria definitiva sui difetti morali più difficili da estirpare… Quanti casi conosciamo di persone la cui rigidità nell’errore pareva inflessibile! Un’azione dello Spirito Santo, però, è stata capace di far cedere chi non voleva cambiare i propri criteri. Anche le anime dominate dal terribile vizio dell’indifferenza o accidia, avendo perduto il piacere delle cose dello spirito e diventando fredde nei confronti di Dio, saranno riscaldate come conviene soltanto dallo Spirito Santo.
Dona ai tuoi fedeli che solo in te confidano i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna.
Quanto abbiamo bisogno di implorare per noi i sette doni sacri! Se desideriamo compiere la missione specifica determinata per ognuno di noi, essi ci sono essenziali, poiché con la loro assistenza, passo dopo passo, le virtù acquisteranno un carattere di perfezione che, a causa della nostra insufficienza, mai otterremmo. Al contrario, se i doni non agiscono, tutto avrà il marchio della nostra propria piccolezza…
Senza lo stato di grazia, gli atti da noi praticati, per quanto abbiano l’apparenza di eroici, saranno sprovvisti di qualsiasi merito soprannaturale, restando limitati al mero valore della nostra deficiente natura umana. Purché non opponiamo resistenza allo Spirito Consolatore, Egli ci darà, al termine del nostro pellegrinaggio terreno, la salvezza eterna.
IV – Vieni, Spirito Santo!
Gli insegnamenti tratti dalla Solennità di Pentecoste ci pongono nella prospettiva dell’enorme necessità di crescere nella devozione allo Spirito Santo, che un grande teologo del XX secolo, padre Antonio Royo Marín, chiamò il grande sconosciuto,10 e che potrebbe anche esser denominato il grande dimenticato.
otrebbe anche esser denominato il grande dimenticato. Fin da quando ci svegliamo, dobbiamo chiedere il suo intervento in tutte le nostre attività giornaliere, secondo i punti contemplati nella Sequenza di questa Liturgia. Nulla può abbattere chi è pieno dello Spirito Santo! Se siamo edificati con l’integrità dei martiri – sempre saldi nella Fede, com’è stato San Lorenzo quando fu arso sulla graticola –, noi, sebbene non siamo passati per supplizi come i loro, siamo sottoposti al martirio della vita quotidiana, con i suoi disappunti, delusioni e traumi di relazione – a volte persino all’interno della stessa famiglia. In qualunque circostanza, dobbiamo aver la certezza che la soluzione per tutte le angosce, afflizioni o turbamenti sta nella luce dello Spirito Santo.
Se viviamo in questo mondo non con la carne, ma con lo Spirito, seguendo il consiglio di San Paolo – “tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio” (Rm 8, 14) –, capiremo quanto siano insignificanti tutti i tormenti che ci assaltano davanti alla speranza nella meraviglia della resurrezione, quando dovremo recuperare la nostra carne, finalmente gloriosa e trasformata.
“Emitte Spiritum tuum et creabuntur…”
In questa Solennità che conclude il ciclo Pasquale, dobbiamo consegnarci interamente al Divino Spirito Santo, supplicandoLo affinché si prenda cura di noi, come recita la Preghiera Colletta: “Dio onnipotente ed eterno, che hai racchiuso la celebrazione della Pasqua nel tempo sacro dei cinquanta giorni, rinnova il prodigio della Pentecoste: fa’ che i popoli dispersi si raccolgano insieme e le diverse lingue si uniscano a proclamare la gloria del tuo nome”.11 Desideriamo con ardore partecipare alla stessa gioia sentita dagli Apostoli nel momento della Pentecoste, nel Cenacolo! Chiediamo che quella disposizione di portare il Regno del Signore Gesù fino ai confini dell’universo si verifichi anche ai nostri giorni! Vogliamo vedere la faccia della Terra incendiata da una fiamma di amore secondo le parole di Gesù: “Sono venuto a portare il fuoco sulla Terra; e come vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12, 49). È questo il nostro anelito! Che si sparga questo fuoco con tutto il suo splendore, a infondere nuova vita alla Santa Chiesa: “Emitte Spiritum tuum et creabuntur, et renovabis faciem Terræ” (Sl 103, 30), e possa la Madonna proclamare: “Alla fine, il mio Cuore Immacolato ha trionfato!”
1) SANT’AGOSTINO. Sermo CCLXVII, n.4. In: Obras. Madrid: BAC, 2005, v.XXIV, p.831. Su questo tema, si veda anche SAURAS, OP, Emilio. El Cuerpo Místico de Cristo. 2.ed. Madrid: BAC, 1956, p.756. 2) CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Notas autobiográficas. São Paulo: Retornarei, 2008, v.I, p.529-530. 3) CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Conferenza. São Paulo, 7 giu. 1978. 4) SAN CIPRIANO. De la unidad de la Iglesia, n.5. In: La unidad de la Iglesia y el Padrenuestro a Donato. 2.ed. Madrid: Ciudad Nueva, 2001, p.48-49. 5) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Homiliæ in Acta Apostolorum. Hom. IV, n.3: MG 60, 46-47. 6) TERTULLIANO. Apologeticum XVII: ML 1, 377. 7) SANT’AGOSTINO. De Trinitate. L.XV, c.17, n.31. In: Obras. 3.ed. Madrid: BAC, 1968, v.V, p.716. 8) Per la prima possibilità offerta dalla Liturgia (Gv 20, 19-23), si vedano i commenti dello stesso autore: A fé e a verdadeira paz. In: Arautos do Evangelho. São Paulo. N.52 (Apr., 2006); p.10-16; Commento al Vangelo della II Domenica di Pasqua - Anno C, in questo stesso volume e nei Volumi I e III di questa collezione; A paz esteja convosco. In: Arautos do Evangelho. São Paulo. N.41 (Mag., 2005); p.6-11; Commento al Vangelo della Domenica di Pentecoste - Anno A, nel Volume I di questa collana. Per la seconda opzione (Gv 14, 15-16.23-26), si vedano i commenti dello stesso autore: O amor íntegro deve ser causa do bem total. In: Arautos do Evangelho. São Paulo. N.113 (Mag., 2011); p.10-17; Commento al Vangelo della 4ª Domenica di Pasqua - Anno A, nel Volume I di questa collezione. 9) PHILIPON, OP, Marie-Michel. Los dones del Espíritu Santo. Barcelona: Balmes, 1966, p.160. 10) Cfr. ROYO MARÍN, OP, Antonio. El gran desconocido. 5.ed. Madrid: BAC, 1981, p.3-12 11) DOMENICA DI PENTECOSTE. Preghiera Colletta. In: MESSALE ROMANO. Riformato a norma dei decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato dal Papa Paolo VI. Città del Vaticano: L. E. Vaticana, 1983, p.239.
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