Vangelo
13 I Magi erano appena partiti, quando un Angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il Bambino e sua Madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il Bambino per ucciderLo”. 14 Giuseppe, destatosi, prese con sé il Bambino e sua Madre nella notte e fuggì in Egitto, 15 dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Dall’Egitto ho richiamato mio Figlio”. 19 Morto Erode, un Angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto, 20 e gli disse: “Alzati, prendi con te il Bambino e sua Madre e và nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del Bambino”. 21 Giuseppe, alzatosi, prese con sé il Bambino e sua Madre, ed entrò nel paese d’Israele. 22 Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea, 23 e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: “Sarà chiamato Nazareno” (Mt 2, 13-15.19-23).
Il vero centro della vita familiare
La docilità dei membri della Sacra Famiglia alla voce di Dio ci insegna che la vita familiare deve avere come obiettivo ricercare e coltivare la santità.
I – Dio ha scelto una famiglia
La Santa Chiesa riserva la domenica successiva al Natale per celebrare e festeggiare la Sacra Famiglia, invitandoci a riflettere sul valore e il vero senso dell’istituzione familiare. Essa è la cellula-madre, il fondamento della società, e se oggi assistiamo a una tremenda crisi morale nell’umanità, questo si deve in una certa misura alla disgregazione della famiglia. Scossa questa, il resto della società non si sostiene.
Leggiamo nella Genesi, che dopo aver creato l’uomo e la donna, Dio li ha benedetti e ha detto loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi” (1, 28). Era la prima famiglia, formata da mani divine. Questa unione è così adeguata alla natura umana che nell’Antico Testamento non si comprendeva il celibato, poiché quasi equivaleva “a commettere un omicidio, a diminuire nel mondo la somiglianza divina”,1 salvo nel caso di vocazioni molto speciali come, per esempio, quella di Sant’Elia. Non aver figli, morire senza discendenza era considerato un segno di castigo e di maledizione. Già nel Nuovo Testamento, Nostro Signore ha inaugurato un nuovo stato di vita, il celibato religioso, del quale Egli stesso è il sublime archetipo. Anche San Giovanni Battista, l’uomo che chiudeva l’Antico Testamento e indicava il Nuovo, non si è sposato. Una volta fondata la Chiesa, era necessario che ci fosse una nozione più chiara e solida della religiosità della famiglia, avendo rappresentato un enorme beneficio l’esistenza, a fianco di questa, di chi si consacrasse interamente a Dio con la pratica della castità perfetta. In questo modo si reprime la tendenza che l’uomo ha di soddisfare il suo egoismo, di volgersi soltanto a ciò che è materiale e sensibile, dimenticandosi di Dio.
La finalità della famiglia
Siccome il disegno di Dio per la generalità delle persone è che l’uomo si unisca alla donna per costituire una famiglia, la vocazione al celibato è un’eccezione ai modelli della natura. Tuttavia, in occasione della venuta del Signore Gesù, la famiglia acquisisce carattere soprannaturale per l’elevazione dell’unione matrimoniale, contratto naturale, alla categoria di Sacramento, simbolizzato nella misteriosa e indissolubile unione tra Cristo e la sua Chiesa. Questo contraria l’idea errata, in voga ai nostri giorni, che la famiglia non abbia un obiettivo religioso, ma soltanto sociale o affettivo.
Ben altro è, invece, il concetto espresso da Nostro Signore: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6, 33). Quando in seno alla famiglia si cerca il Regno di Dio, ossia, la santità, avendo come modello supremo Gesù, Maria e Giuseppe, tutto il resto – denaro, cibo, casa, ecc. – sarà concesso in aggiunta. È necessario lavorre per guadagnare il pane col sudore della fronte (cfr. Gen 3, 19), ma non è questo lo scopo principale della famiglia. Essa esiste per educare i figli nella saggezza e incamminarli al Cielo, poiché stiamo su questa Terra di passaggio, preparandoli, pertanto, ad affrontare le tribolazioni di questa valle di lacrime in vista dell’eternità. Con tale prospettiva possiamo considerare meglio la Liturgia della festa di oggi, che insiste su questi punti in ognuna delle sue letture.
Come deve essere la vita familiare santa
La prima, dal Libro del Siracide (3, 3-7.14-17a), tratta degli obblighi della vita familiare, in particolare del premio riservato a quelli che rispettano il padre e la madre. Uno dei versetti finali di questa lettura indica bene quanto sia gradito a Dio l’amore filiale: “L’opera buona verso il padre non sarà dimenticata” (Sir 3, 14).
Tutti questi principi possono esser sintetizzati nel ritornello del Salmo Responsoriale (cfr. Sl 127): “Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie!”. Il timor di Dio è un dono dello Spirito Santo. Il desiderio di fuggire dal peccato per paura di essere rimproverato e, castigato, di dover patire in Purgatorio o esser condannato all’inferno, appartiene al timore servile, primo grado del timor di Dio. Più alto ed elevato, proprio degli amici di Dio, è il timore filiale di offendere Dio per essere Lui chi è, l’Essere assoluto e perfettissimo che ci ha creato, ci sostiene, ci ha riscattati!2 Questo Salmo ci pone nel contesto della relazione familiare, che ha bisogno di esser pervasa da questo timor di Dio: padre, madre e figli non vorranno mai offenderLo! Questa è la famiglia ben costituita, imitatrice della Sacra Famiglia.
La seconda lettura, tratta dalla Lettera di San Paolo ai Colossesi (3, 12-21), insiste nell’amore reciproco – concetto attualmente così deturpato – come una novità presentata dal Signore Gesù. Infatti, nell’Antico Testamento valeva la legge del taglione: occhio per occhio, dente per dente (cfr. Es 21, 24), la quale ancora era considerata buona per quei tempi in cui l’odio era la regola e non c’era limite morale per la vendetta.
San Paolo dice: “Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto” (Col 3, 12-14). All’interno del rapporto familiare deve esistere un amore intenso, non sentimentale né romantico, originato dall’amore di Dio e che mira innanzitutto alla santificazione dell’altro coniuge e di tutta la famiglia.
È impossibile – al contrario dell’idea divulgata da certi film o racconti – vivere senza difficoltà. “Militia est vita hominis super terram – La vita dell’uomo sulla Terra è un duro lavoro” (Gb 7, 1). Ecco la vera chiave della felicità familiare: il rispetto reciproco tra gli sposi. Senza mai discutere o non capirsi, sempre disposti a perdonare le reciproche debolezze, sopportando le differenze di temperamento, adattandosi alle preferenze dell’altro. Un eloquente esempio dell’abnegazione che deve imperare in ogni famiglia lo troviamo nel Vangelo scelto dalla Chiesa per la festa della Sacra Famiglia.
II – Obbedienza alla voce di Dio
13a I Magi erano appena partiti,…
Questo passo s’inquadra nelle circostanze che hanno attorniato la visita dei Re Magi a Erode. Sono tre gli Erode menzionati nella Sacra Scrittura.3 Il primo fu Erode, soprannominato il Grande – detto anche Ascalonita –, di cui si allude in questo Vangelo, nel cui regno nacque il Bambino Gesù e i Santi Innocenti furono martirizzati (cfr. Mt 2, 16). Il secondo fu Erode Antipa, duramente rimproverato da San Giovanni Battista per la sua relazione adulterina con Erodiade. Su istigazione di lei, questo tiranno fece decapitare il Precursore (cfr. Mt 14, 3-10). Fu questo Erode che interrogò Nostro Signore nel processo che culminò con la sua condanna a morte (cfr. Lc 23, 7-11). Il terzo fu Erode Agrippa, che, dopo l’Ascensione del Signore Gesù al Cielo, uccise San Giacomo, il Minore, e imprigionò San Pietro (cfr. At 12, 1-3).
I Magi, provenienti dall’Oriente, erano desiderosi di incontrare il Salvatore promesso e chiesero a Erode – il Grande –, con una certa ingenuità, dove fosse il Re dei giudei appena nato (cfr. Mt 2, 2). Il tiranno tremò sentendo questo, preso da paura, perché il bambino che era appena nato avrebbe potuto togliergli il trono. Egli, un usurpatore idumeo, pertanto senza prerogativa alcuna per essere re dei giudei, si era impossessato del governo per mezzo di manovre politiche che gli avevano ottenuto l’appoggio di Roma.
Cosa fece, allora, Erode? Ingannò i Magi, fingendosi una persona devota che, come loro, aspettava la venuta del Messia, e chiese loro di andare alla ricerca del Bambino per poter, poi, andare anche lui ad adorarLo. In realtà, il suo intento era di applicare il metodo più consueto a quell’epoca per neutralizzare gli oppositori, e che lui impiegò contro i suoi cognati, suo zio, sua moglie, sua suocera, e anche contro i suoi propri figli: l’assassinio. Siccome trascorrevano i giorni e i Magi non ritornavano a Gerusalemme come concordato – giacché erano stati avvisati dall’Angelo in sogno delle cattive intenzioni di Erode –, i sospetti di cospirazione aumentarono, portando l’infame re a commettere un’altra atrocità per tentare di mettere fine alla vita del Bambino. Basandosi sull’oracolo di Michea sulla nascita del Messia a Betlemme (cfr. Mi 5, 1-2), che i principi dei sacerdoti gli avevano fatto conoscere, decise di sterminare tutti i bambini di quella città e dei dintorni, di età inferiore ai due anni.4
Siamo di fronte a una situazione singolare: il Principe della Pace, l’Atteso delle Nazioni appena nasce, già suscita contro di Sé l’odio del demonio, che incute un panico infondato in Erode, e lo istiga a ucciderLo.
Dio rispetta le autorità legittime
13b …quando un Angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe…
Perché l’Angelo apparve a San Giuseppe e non a Maria Santissima? Infatti chi aveva una relazione diretta col Bambino Dio era sua Madre, mentre San Giuseppe era soltanto il padre adottivo e, dal punto di vista soprannaturale, il minore nella Sacra Famiglia. Tuttavia, come capo della casa, a lui competevano le decisioni, e per tale motivo fu il prescelto per ricevere l’avviso angelico.
Questo permette un’applicazione per la nostra vita: il rispetto della gerarchia ridonda in beneficio per chi la prende sul serio, è la miglior forma di progredire spiritualmente e costituisce l’asse dell’armonia familiare, come di qualunque comunità religiosa o istituzione temporale. Al contrario, chi si ribella al superiore legittimo provoca una ritrazione della grazia di Dio e ha difficoltà a perseverare nel cammino della virtù.
A partire dal momento in cui uno – persona concepita nel peccato originale, e che può manifestare i suoi difetti – è stato incaricato di governare, è necessario obbedirgli. Quest’obbligo non è più valido quando riguarda la pratica del peccato, poiché nessuna autorità, per quanto alta sia, ha il potere di revocare la Legge di Dio.
Si deve obbedire agli ammonimenti divini con prontezza
13c …e gli disse: “Alzati, prendi con te il Bambino e sua Madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il Bambino per ucciderLo”. 14a Giuseppe, destatosi, prese con sé il Bambino e sua Madre nella notte…
È molto probabile che l’episodio narrato si sia verificato vari mesi dopo la nascita del Bambino Gesù, pertanto non più nella Grotta – sebbene i Presepi in essa rappresentino la visita dei Re Magi –, ma ora in una casa a Betlemme,5 come consta nello stesso Vangelo di San Matteo: “Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua Madre, e prostratisi Lo adorarono” (2, 10-11).
Le parole dell’Angelo sono molto precise. Egli poteva aver detto: “Prendi il Bambino e tua moglie”. Ciò nonostante, siccome San Giuseppe non è il padre, “non chiama suoi né la moglie né il Bambino”,6 mettendo in evidenza il suo ruolo di custode di entrambi, missione accettata con umiltà dal Santo Patriarca. Docile alla volontà di Dio, San Giuseppe con tutto il rispetto risvegliò Maria da un sonno angelico per intraprendere subito il viaggio, poiché il testo evangelico dice che “si alzò di notte”. Degna di nota è la sua prontezza nel rispondere all’indicazione dell’Angelo, fatto dal quale possiamo trarre una preziosa lezione: mentre i subalterni – in questo caso Maria e Gesù in rapporto a San Giuseppe, capo famiglia – devono obbedienza all’autorità, questa dev’essere molto docile alla voce della grazia. Un superiore non deve mai dire “io non so cosa fare”, perché Dio non abbandona l’autorità legittima che Egli stesso ha costituito, ma l’assiste in maniera speciale nello svolgimento della sua funzione. Siccome ogni potere viene dall’Alto (cfr. Gv 19, 11), anche dal Cielo gli saranno concesse l’ispirazione e l’aiuto soprannaturale per condurre alla sua finalità i subordinati.
Se San Giuseppe avesse schivato l’ordine dall’Angelo con qualche scusa, la Storia sarebbe stata un’altra…
14b …e fuggì in Egitto,…
La glossa e l’immaginazione di coloro che scrissero su questo viaggio lo presentano con tinte meravigliose. Sono alberi che sorgono improvvisamente per fare ombra alla Madonna e al Bambino, palme che si curvano al passaggio della Sacra Famiglia, campi di grano che crescono sulla via per ingannare i soldati di Erode nell’inseguimento, idoli che crollano… Non ci è dato conoscere la veracità di questi possibili prodigi, a dispetto dei quali il viaggio fu penosissimo.
San Giovanni Crisostomo discerne in questo episodio la mano misericordiosa di Dio portando un “preludio di buone speranze”7 a tutta la Terra, persino alle nazioni più impietose, e San Leone Magno intravvede un bel significato: “egli ritornava così all’antica culla del popolo ebreo, e lì esercitava l’autorità del vero Giuseppe, usando un potere e una previdenza maggiore della sua, poiché veniva a liberare i cuori degli egizi da questa fame, più terribile di ogni penuria che pativano per l’assenza della verità”.8 Infatti, avendo un tempo castigato l’Egitto per liberare Israele dalle mani del Faraone, nella sua infinita compassione Dio volle controbilanciare il furore della sua collera dando a questa nazione, per qualche tempo, il dono immenso della presenza di Nostro Signore, la Madonna e San Giuseppe per santificarla e darle una compensazione soprannaturale per i castighi ricevuti nel passato.
Il disordine generato dal peccato è già un castigo
15 …dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio”. 19a Morto Erode,…
C’è chi dice che Dio non castiga. La cosa certa è che il disordine provocato nella natura umana dal peccato è già una prima punizione per la violazione dell’ordine. Nel caso di Erode, come qualificare le circostanze tragiche della sua morte? Castigo di Dio o frutto corrotto di una vita criminosa? In qualsiasi caso, è utile conoscere alcuni dettagli dei suoi ultimi giorni, poiché permettono una buona riflessione sulle conseguenze del peccato.
I gradini del suo trono furono cimentati con il sangue e l’ingiustizia. Per cingere la corona, conquistò d’assalto la Città Santa dopo un prolungato assedio, provocando, secondo lo storico Flavio Giuseppe,9 una tremenda carneficina che non risparmiò anziani, donne e bambini. Una volta consolidato il potere, non mancarono resistenze al suo governo, che egli seppe vincere attraverso astuzie e nuove infamie, guadagnandosi l’odio del popolo e attirando su di sé la maledizione di tutti i giudei osservanti della Legge. Viveva accecato dal timore che una cospirazione di palazzo ponesse fine alle sue ambizioni, e la minima opposizione al suo dominio era punita con la morte, dalla quale neppure i suoi familiari poterono sfuggire. Si racconta che l’imperatore Augusto, inorridito per tanta crudeltà, giunse a commentare che avrebbe preferito esser un porco di Erode che essere suo figlio, considerando che il tiranno non mangiava questo animale, lui sarebbe stato tranquillo, mentre se fosse stato figlio avrebbe corso il rischio di esser giustiziato.
La malattia che lo portò alla morte gli provocò dolori atroci, violente convulsioni e una terribile cancrena nelle sue viscere. I vermi che lo divoravano erano visibili e l’odore esalato insopportabile.10
Questi terribili mali che gli corrosero la carne, ancor prima di morire, simbolizzavano bene la sua coscienza, la quale non gli diede tranquillità fino all’ultimo istante e fece della sua vita un inferno. Erode fu un uomo che ottenne tutto quanto i suoi deliri di cupidigia gli esigevano: potere, onori, ricchezze, piaceri. Non ebbe, però, l’affetto sincero di nessuno, nemmeno della sua stessa famiglia, che egli sommerse nel sangue. Non conobbe la pace interiore, né godette del favore inestimabile delle benedizioni del Cielo. Le sue sregolatezze lo allontanarono dalla felicità e dalla gioia concesse a chi segue la Legge di Dio.
Non attacchiamoci mai alla nostra situazione
19b …un Angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto, 20 e gli disse: “Alzati, prendi con te il Bambino e sua Madre e và nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del Bambino”. 21 Giuseppe, alzatosi, prese con sé il Bambino e sua Madre, ed entrò nel paese d’Israele.
La docilità incondizionata di San Giuseppe all’ispirazione divina emerge ancora una volta. Quanto sforzo e sacrificio rappresentasse andarsene dalla sua terra d’origine per un paese straniero con lingua e costumi differenti, in quel tempo, è incalcolabile. Come ottenere mezzi di sussistenza al fine di mantenere la Sacra Famiglia? Il Vangelo non ci dice nulla a questo proposito, ma è facile supporlo. Quando essi uscirono da Betlemme, lo fecero in gran fretta, per mettersi in salvo dalla persecuzione di Erode, senza aver tempo di preparare convenientemente un viaggio così lungo.
In Egitto, fuori dalla giurisdizione di Erode, era loro permesso vivere tranquilli e forse Giuseppe si sarà fermato lì con l’aiuto della comunità giudaica, allora fiorente. Varie località disputano l’onore di aver accolto la Sacra Famiglia: al Cairo, la chiesa di Abu Sargha è considerata il luogo della casa di Gesù, Maria e Giuseppe; altre tradizioni indicano il monastero di Koskâm o la città di Ermopolis.11
Nel ricevere l’ordine di tornare in Israele, San Giuseppe avrebbe potuto appellarsi alla stabilità che aveva allora raggiunto in Egitto, dove era stato così difficile stabilirsi all’inizio, e chiedere il rinvio del ritorno. Ma egli non si lamenta né discute con l’Angelo: si alza e parte senza indugio per la terra natale. Così deve essere un superiore quando ascolta la voce della grazia: ad imitazione di San Giuseppe, obbedire immediatamente con tutta sicurezza.
La sapienza dei piani della Provvidenza
22 Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea, 23 e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: “Sarà chiamato Nazareno”.
Giunto in Israele, San Giuseppe seppe che il figlio di Erode era salito al trono della Giudea e ebbe paura che qualche male potesse colpire il Bambino. Infatti, sebbene Archelao non riuscisse a superare suo padre in crudeltà, si impegnò a seguire i suoi passi, lasciando anche lui una scia di sangue nel suo breve regno. Per questo Giuseppe, ispirato in sogno, partì per la Galilea, luogo sotto un’altra giurisdizione.
Vediamo in questo fatto la mano di Dio, che aveva designato quella terra per accogliere i primordi della missione redentrice del Signore Gesù. Tali sono le vie della nostra esistenza, attraversate da imprevisti che ci cambiano i piani: ora Dio chiede una cosa, ora ne chiede un’altra. Invece, in tutto quello che accade Egli ci dirige con sapienza e affetto paterno.
III – La Sacra Famiglia, esempio nelle difficoltà della vita
Ecco l’aspetto meraviglioso della famiglia quando si sviluppa attorno a un asse: la Legge di Dio, Dio stesso. La Chiesa ci propone in questa festa liturgica l’ineguagliabile esempio della Sacra Famiglia: San Giuseppe, obbediente, non si lamenta di nulla, la Madonna affronta le avversità con intero equilibrio e sottomissione; il Bambino Gesù si lascia condurre e governare da entrambi, pur essendo il Creatore dell’Universo. Anche noi pertanto dobbiamo, essere docili alla volontà di Dio ed essere disposti ad accettare con dolcezza di cuore, con rassegnazione piena e totale, le sofferenze che la Provvidenza esigerà nel corso della nostra esistenza. Questo atteggiamento davanti alla croce è la radice della vera felicità, benessere e armonia familiare, e attrae su ognuno di noi grazie specialissime che ci restaurano le anime, guarendole dalle miserie e consolidandole sulla via del Cielo. Chiediamo alla Sacra Famiglia che, per sua intercessione, fiorisca nelle famiglie di tutta la Terra la solida determinazione di abbracciare sempre più la via della santità, della perfezione e della virtù, cercando in primo luogo il Regno di Dio e di Maria, nella certezza che, in compenso, il resto verrà in aggiunta.
1) BONSIRVEN, SJ, Joseph. Le judaïsme palestinien au temps de Jésus-Christ. 2.ed. Paris: Gabriel Beauchesne, 1935, t.II, p.207. 2) Cfr. PHILIPON, OP, Marie-Michel. Los dones del Espíritu Santo. Barcelona: Balmes, 1966, p.332-335. 3) Cfr. SCHUSTER, Ignacio; HOLZAMMER, Juan B. Historia Bíblica. Nuevo Testamento. Barcellona: Litúrgica Española, 1935, t.II, p.74-77; TRICOT, Alphonse Elie. Le monde juif au temps de Notre-Seigneur. In: ROBERT, André; TRICOT, Alphonse Elie (Dir.). Initiation biblique. Introduction à l’étude des Saintes Écritures. 2.ed. Paris: Desclée, 1948, p.693-700. 4) Per altri commenti riguardo a questo tema, vedere: CLÁ DIAS, EP, João Scognamiglio. Davanti al Re, i buoni re e il cattivo. In: Araldi del Vangelo. Roma. N.69 (Gen., 2009); p.10-19; Commento al Vangelo della Solennità dell’Epifania del Signore – Anni A, B e C, rispettivamente nei Volumi I, III e V di questa collezione. 5) Cfr. FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. Infancia y Bautismo. Madrid: Rialp, 2000, v.I, p.187-188; FERNÁNDEZ TRUYOLS, SJ, Andrés. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. 2.ed. Madrid: BAC, 1954, p.60. 6) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Omelia VIII, n.2. In: Obras. Homilías sobre el Evangelio de San Mateo (1-45). 2.ed. Madrid: BAC, 2007, v.I, p.150. 7) Idem, p.149. 8) SAN LEONE MAGNO. In Epiphaniæ Solemnitate. Sermo III, hom.14 [XXXIII], n.4. In Sermons. 2.ed. Paris: Du Cerf, 1964, v.I, p.233. 9) Cfr. FLAVIO GIUSEPPE. Antichità giudaiche. L.XIV, c.28, n.623. 10) Cfr. Idem, L.XVII, c.8, n.739. 11) Cfr. TUYA, OP, Manuel de. Biblia Comentada. Evangelios. Madrid: BAC, 1964, v.V, p.42.
Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” da Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.
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