Non ha fatto miracoli, ma, con la sua predicazione e con l’esempio della sua vita, attirava alla conversione. Dalla sua nascita a dopo la sua morte, fu un vero araldo del Messia.
Molto ci parlano i Vangeli della persona ascetica del Battista, con le sue vesti evocative degli antichi profeti di Israele e la sua austerità di vita. I giudei pensarono persino di trovarsi di fronte al Messia atteso. Tuttavia, la storia di questo uomo così singolare, la cui predicazione segna la fine dell’Antico Testamento e dà inizio al Nuovo, è sconosciuta a molti. Parliamo un po’ di questo.
Nascita annunciata da un Angelo
“Al tempo di Erode, re della Giudea, c’era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa” (Lc 1, 5). Sua moglie, di stirpe sacerdotale, si chiamava Elisabetta. Erano entrambi di età avanzata e non avevano ricevuto la principale benedizione di ogni famiglia ebrea: una discendenza. Giusti e timorosi di Dio, accettavano senza poter consolarsi questa dura prova.
Essendo in servizio nel Tempio, offrendo l’incenso sull’altare dei profumi, Zaccaria sentiva palpitare il suo cuore nella speranza dell’imminente arrivo del Messia quando vide alla sua destra un Angelo del Signore, raggiante di gloria.
“Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni”, disse il celeste messaggero. E aggiunse: “Egli sarà grande davanti al Signore” e “Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia” (Lc 1, 13.15.17). Tuttavia, poiché aveva dubitato della promessa per un istante, rimase muto.
San Luca ci trasmette a seguire l’Annunciazione dell’Angelo alla Vergine Maria e la visita di questa a Elisabetta, ponendo in contatto la Madre del Messia con la madre del Precursore. Sentendo il saluto di Maria, Elisabetta sentì il nascituro “saltare di gioia” nel suo seno (cfr. Lc 1, 26-45). Il Precursore aveva riconosciuto il Messia e cominciò subito a esercitare la sua funzione di araldo.
Alla nascita seguiva la circoncisione, il rito di ammissione del figlio maschio nel popolo di Dio. A questa si associava l’imposizione del nome, che era una specie di iscrizione del neonato nel catalogo dei figli di Israele. I parenti e vicini volevano dare al Battista il nome di suo padre, Zaccaria, ma Elisabetta intervenne senza vacillare: “Si chiamerà Giovanni”. Essi replicarono che nella famiglia non c’era nessuno con questo nome. Consultato, Zaccaria scrisse su una tavoletta: “Giovanni è il suo nome”. Subito recuperò la parola, che aveva perso perché aveva dubitato della parola dell’Angelo (cfr. Lc 1, 58-63).
Sempre generoso con i suoi servitori, Dio non solo lo guarì dal mutismo, ma anche lo riempì dello Spirito Santo e lo elevò alle cime del profetismo, collocando nelle sue labbra il bellissimo cantico del Benedictus: “Benedetto il Signore Dio d’Israele,perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo” (Lc 1, 68- 69). Infine, fissando gli occhi nel figlio, profetizzò tremante di emozione: “E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade” (Lc 1, 76).
Il primo a dare testimonianza di Gesù
Dei primi anni di vita del “profeta dell’Altissimo”, conosciamo appena queste brevi parole del Vangelo: “Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele” (Lc 1, 80). Non appena le cure materne smisero di essergli necessarie, si allontanò dalla convivenza umana, raccogliendosi nelle solitudini del deserto. Secondo San Matteo, visse nascosto agli occhi del mondo nel deserto della Giudea, la parte più arida del paese. Probabilmente, lì fece il suo lungo noviziato.
Nelle sinagoghe i rabbini garantivano al popolo che il Messia non avrebbe tardato ad apparire. Citavano la celebre profezia di Daniele: “Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua santa città per mettere fine all’empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l’iniquità, portare una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei santi” (9, 24). In quest’epoca degli eventi, Giovanni si mise a battezzare nel fiume Giordano. Simbolica scelta del luogo, poiché per quelle regioni era entrato il popolo di Dio nella Terra Promessa. Il luogo era, inoltre, adeguato al battesimo di immersione, rito nuovo, che ben rappresentava la conversione alla quale egli esortava.
Nessuno sapeva la sua origine. Soltanto alcuni vecchi pastori delle montagne raccontavano che era scomparso da casa un bambino concesso miracolosamente al sacerdote Zaccaria.
Poco dopo che Giovanni comparve in pubblico, Si presentò Gesù. La vita pubblica del Redentore comincia con la missione del Precursore. Questa missione era essenziale. Di lui era scritto: “Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me” (Ml 3, 1). Giovanni parlava di Cristo come di colui che “viene dopo di me” (Mt 3, 11; Mc 1, 7; Gv 1, 15). Come anello di congiunzione tra l’Antico e il Nuovo Testamento, è il primo a dare testimonianza di Gesù. Non solo annuncia il Messia, ma Lo indica.
“Fate penitenza” era la sua parola d’ordine
San Matteo inizia in forma solenne il racconto della vita pubblica del Precursore: “In quei giorni comparve Giovanni il Battista” (3, 1). Tutta la Giudea parlava a suo riguardo. Quattrocento anni senza profeta risvegliavano nel popolo sete di profezie.
San Luca, “con una solennità letteraria cronologica speciale”,1 cerca di precisare il tempo e lo spazio in cui Giovanni irrompe come il Precursore. E si rivela ben documentato: “Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare…” (3, 1).
San Giovanni Evangelista si mostra rispettoso con quello che fu suo maestro e si riferisce a lui con maggiore riverenza: “Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui” (1, 6-7).
L’apparizione del Battista era così importante che San Luca così lo presenta: “La parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto” (3, 2).
Si generalizzò in tal modo l’affluenza dei giudei intorno a lui che Matteo e Marco non esitano ad affermare: “Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano” (Mt 3, 5); “Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme” (Mc 1, 5).
Non sappiamo come agì il figlio di Zaccaria per rendersi così conosciuto. I Vangeli non menzionano neppure un miracolo operato da lui. A questo araldo cui era stato assegnato di “spianare la strada”, bastava la forza delle sue parole e l’esempio della sua vita. Ma sappiamo quello che ci racconta San Luca: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (3, 4); “Egli è colui del quale sta scritto: Ecco io mando davanti a te il mio messaggero, egli preparerà la via davanti a te” (7, 27). E lo stesso Redentore proclamerà: “tra i nati di donna non c’è nessuno più grande di Giovanni” (Lc 7, 28).
Giovanni seguì la via opposta a quella dei predicatori di tipo messianico che lo precedettero. Tutto il suo insegnamento si centrava in un’esortazione: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 3, 2). Era questa la sua parola d’ordine.
Insegnava con l’esempio quello che predicava con la voce
Della sua vita solitaria si sa solo come fosse austera: “Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico” (Mt 3, 4). Produsse un’immensa commozione e un fremito in Israele: “È sorto un profeta!”.
Possiamo immaginarlo alto e magro, ma forte, dallo sguardo ardente e carico di misticismo; fermo e deciso, pieno di bontà, tono di voce virile e melodioso. Doveva far acquistare la fama a Nostro Signore e poi scomparire. I farisei dovevano odiarlo molto.
Non assaggiò vino né sidro, né qualunque altra bevanda delicata. Il suo alimento abituale era consono coi suoi miseri indumenti: locuste e miele selvatico, ossia, colto nei tronchi d’albero o nelle fessure delle rocce. Alla moda dei nazareni, ostentava una lunga e maestosa barba, mai toccata dal rasoio, e i capelli ondeggiavano sulle spalle, accentuando l’austero aspetto del volto. Si distingueva per la sua santità di vita. Tutti rimanevano impressionati dal rigore della sua penitenza, integrità dei suoi costumi e forza delle sue parole. Insegnava con l’esempio quello che predicava con la voce.
“Giovanni Battista si presentò a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati” (Mc 1, 4). La prima cosa che esigeva dai suoi ascoltatori era il pentimento. Una metanoia, ossia, un cambiamento completo di mentalità e di anima, una trasformazione spirituale, un ripudio del peccato nelle profondità
del proprio essere. Non accontentandosi dei semplici segnali esteriori di pentimento, esortava a una conversione sincera. Alle predicazioni aggiungeva il battesimo, per significare la necessità di pulire le macchie dell’anima. Non era, infatti, soltanto un araldo, ma colui che battezzava.
Il battesimo di Giovanni non perdonava i peccati, come il Sacramento del Battesimo cancella la macchia del peccato originale, e quello della Penitenza perdona i peccati personali. Non era che un simbolo esteriore che rappresentava il cambiamento di vita e la pulizia di cuore cui egli esortava.
Seppe scegliere tra i suoi ascoltatori un certo numero di discepoli, alcuni dei quali diventarono Apostoli di Gesù: Andrea, Pietro, Giacomo e Giovanni. Non perdeva occasione di dare testimonianza dell’“Agnello di Dio”. Fu efficacissima la predicazione del grande profeta.
“Io ho visto e rendo testimonianza che questi è il Figlio di Dio”
Giungeva l’ora in cui si verificava davanti al popolo giudeo la congiunzione tra il Precursore e il Messia. Giovanni non Lo conosceva se non attraverso le comunicazioni dello Spirito Santo, i suoi occhi non Lo avevano mai visto. Desiderava ardentemente il felice momento di poter contemplare il volto del Salvatore, ascoltare la sua voce e baciare i suoi santi piedi.
È probabile che circa sei mesi dopo l’inizio della predicazione di Giovanni, Gesù si sia unito a una carovana che andava al Giordano alla ricerca del profeta. In incognito, come un israelita qualsiasi, era uno tra mille. Dal suo linguaggio, si notava che era galileo. Gli Evangelisti ci riferiscono poco su questo incontro. Conversando un giorno con i suoi discepoli a questo riguardo, il Battista affermò: “Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo’” (Gv 1, 33).
Mentre preparava un gruppo di penitenti a ricevere il battesimo, fissò all’improvviso lo sguardo su un Uomo il cui aspetto lo fece sussultare, come anni prima si era commosso nel seno materno per la presenza del Salvatore. Un istintivo movimento lo spingeva a Lui. Quando, però, si stava gettando ai suoi piedi, Gesù lo fermò e gli chiese il battesimo. “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?” (Mt 3, 14), esclamò Giovanni con ammirazione.
Gesù rispose con le prime parole della sua vita pubblica, registrate dagli Evangelisti: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia” (Mt 3, 15). La giustizia esigeva che Cristo, avendo assunto su di Sé le iniquità del mondo intero, fosse trattato come un peccatore. Giovanni comprese e non oppose resistenza alla volontà del Maestro. Realizzato il battesimo, “si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui” (Mt 3, 16). Allo stesso tempo, la voce del Padre celeste fece risuonare queste memorabili parole: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” (Mt 3, 17).
Il Battista poteva ora dare – da araldo qual era – una nuova testimonianza di Gesù, dicendo: “E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio” (Gv 1, 34).
L’araldo del Messia confuta gli errori del popolo
Tale era l’eccitazione delle folle di fronte all’austera vita di Giovanni – degna degli antichi servi di Dio –, l’elevazione della sua dottrina e l’ardore del suo zelo, che i giudei arrivarono a chiedersi se non fossero già in presenza del Messia. Contribuiva per questo il fatto che erano trascorse le settanta settimane annunciate da Daniele.
Giovanni non poteva consentire neppure per un momento ad un’ambiguità in una questione così fondamentale. Come profeta, compirà con tutta fedeltà la sua missione di indicare il vero Messia; come santo, la sua umiltà non tollererà equivoci; come apostolo, approfitterà di questo momento propizio per eliminare ogni dubbio a tale riguardo. “Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo” (Gv 1, 26-27). Come autentico araldo, rifiuta con tutta chiarezza questi errori. Molti dei suoi discepoli si arresero all’autorità della sua testimonianza, mentre altri si ostinarono nell’errore e dissero pubblicamente che era lui il Messia atteso.
Per forzare il Battista a rivelare le sue intenzioni, i giudei di Gerusalemme inviarono a interrogarlo sacerdoti e leviti, tra i quali alcuni farisei. Essi non contavano sullo spirito di verità che lo animava (cfr. Gv 1, 19-27; Mc 1, 8).
– Chi sei tu? – chiesero.
– Io non sono il Cristo – egli rispose senza esitare. Nonostante fossero sconcertati per questa confessione, gli inquisitori insistettero:
– Sei Elia? Sei il profeta?
Dal cuore del Battista sgorgò appenala verità pura e semplice:
– No, non lo sono.
– Dicci, dunque, chi sei, perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso? – chiesero i farisei, credendo che questa volta lo avrebbero preso nelle loro reti.
– Io sono la voce che chiama nel deserto: ho raddrizzato il cammino al Signore, come ha detto il profeta Isaia – replicò Giovanni. Gli ambasciatori tornarono alla carica:
– Come, dunque, battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta? Giovanni rispose: – Io battezzo con acqua, ma Lui vi battezzerà nello Spirito Santo. Il Battista non cessava di proclamare la sua testimonianza: “in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me”. E l’ambasciata del Grande Consiglio non fece che aumentare il suo prestigio.
L’autenticità dell’araldo: sue testimonianze
I suoi discepoli furono i primi a ricevere il suo battesimo e a consegnarsi a lui con tutto il cuore. Giovanni li istruiva sulle vie della vita soprannaturale che lui stesso seguiva.
I Vangeli sinottici non riferiscono nessun’altra testimonianza di Giovanni su Gesù, che non sia quella del suo Battesimo. Il quarto Vangelo, al contrario, ce ne riferisce varie.
Il giorno successivo a quello dell’episodio sopra descritto, stando Giovanni con due discepoli, fissò gli occhi su Gesù che passava, e segnalò con enfasi il Salvatore di Israele: “Ecco l’Agnello di Dio” (Gv 1, 29). L’Agnello che Si sacrifica, che dà la sua vita per togliere il peccato dal mondo.
Per non lasciare alcun dubbio nello spirito dei suoi discepoli, Giovanni insisteva: “Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui. […] Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3, 28.30).
Quest’uomo chiamato a essere profeta dell’Altissimo causò un impatto anche dopo morto, spaventando il potente tetrarca Erode, il quale, sentendo parlare dei portentosi miracoli di Gesù, prese paura: “Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti; per ciò la potenza dei miracoli opera in lui” (Mt 14, 2). Dalla sua miracolosa nascita fino a dopo la sua morte, fu un vero araldo del Messia.
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1 TUYA, OP, Manuel de. Biblia Comentada. Evangelios. Madrid: BAC, 1964, vol.V, p.769.
Revista Araldi del Vangelo, Gennaio 2016
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