Il termine incenso viene dal latino incendere, accendere, e designa la resina aromatica ottenuta da un albero proveniente dal vicino oriente: la Boswellia sacra. Il suo uso nel culto divino risale ai tempi di Mosè, che ricevette da Dio stesso la ricetta per la sua elaborazione (cfr. Es 30, 34-36). Nel Tempio di Gerusalemme i lampadari accesi e la colonna costante d’incenso significavano la presenza di Dio. La colonna ricordava quella che guidò il popolo nell’uscita dall’Egitto, costituita da nuvole durante il giorno e da fuoco la notte.
Le tre proprietà dell’incenso hanno simbolismi distinti. Bruciando esso simbolizza lo zelo che deve consumare i fedeli durante il culto. Il suo profumo rappresenta l’aroma della virtù e della grazia di cui Cristo è pieno. E il fumo è associato alla preghiera, come si legge nelle Scritture: “Come incenso salga a te la mia preghiera” (Sal 141, 2).
Le forme e le dimensioni dell’incensiere, o turibolo (dal greco tus – incenso) variano molto, ma, senza dubbio, il più grande del mondo si trova a Santiago de Compostela ed è utilizzato nella Messa del pellegrino. Chiamato Botafumeiro, pesa 53 chili e misura un metro e mezzo. Una carrucola lo fissa in cima alla cupola della cattedrale permettendo che, con l’aiuto di una lunga corda, i suoi movimenti raggiungano quasi tutta la larghezza del transetto. E’ necessario il lavoro di otto uomini, i tiraboleiros, per metterlo in funzione.
Rivista Araldi del Vangelo · Settembre 2016
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