Una devozioneantica e sempre nuova
Lungi dall’essere una devozione sorta con San Luigi Maria Grignion de Montfort, la pratica della consacrazione come schiavo d’amore a Maria Santissima rimonta ai primi tempi del Cristianesimo.
Uno dei temi più affascinanti nella devozione cattolica è, senza dubbio, la Madonna. Quale suo devoto, parlando di Lei, non sente un’ineffabile esperienza del suo amore? Chi si è rivolto a Lei senza essere esaudito?
La devozione alla Santissima Vergine è affiorata nei cuori dei fedeli fin dai primi tempi della Chiesa. Già agli albori del Cristianesimo, Lei era oggetto di grande venerazione, di atti di amore e di fiducia, come lo dimostrano le più antiche icone e teneri canti della Chiesa primitiva. Del resto, si può affermare che la devozione alla Madre di Dio è stata trasmessa dagli stessi Apostoli, poiché non sembra concepibile Che ci sia stato un lasso di silenzio tra loro e i primi Padri della Chiesa, Che non mancano di menzionarLa nei loro scritti.
Considerata da loro “il venerando tesoro di tutto l’orbe”,1 la Madonna ha costituito per i cristiani una immagine perfetta di Nostro Signore Gesù Cristo e un canale sicuro per arrivare a Lui. Come mette in risalto Mons. João Scognamiglio Clá Dias, “entrambi, Madre e Figlio, inseparabili, sono l’archetipo della creazione, la causa esemplare e finale in funzione della quale tutti gli altri uomini sono stati predestinati”.2
Ogni volta che uno La loda, Ella glorifica Gesù
Analizziamo da questo punto di vista la narrazione di San Luca all’inizio del suo Vangelo. Visitata dall’Arcangelo San Gabriele, la Vergine Maria proclama: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (1, 38). E Santa Elisabetta, udendo poco dopo il saluto di sua cugina, esclama: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo. A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? […]E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore!” (1, 42- 43.45). La Vergine Maria è, in questo modo, proclamata “benedetta” e “beata” perché ha creduto, Si è proclamata schiava del Signore ed è diventata la Madre del Messia, restituendo immediatamente a Dio la lode ricevuta: “L’anima mia magnífica il Signore , […]perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” (1, 46.48).
Ed è sempre così: ogni volta Che uno La loda, Ella glorifica, immediatamente, il suo Divino Figlio. VenerarLa è, pertanto, un ottimo mezzo di glorificare Gesù, come sempre ha insegnato il Magistero della Chiesa ed è stato riaffermato dal Concilio Vaticano II: “in nessun modo [la devozione alla Madonna] impedisce l’unione immediata dei fedeli con Cristo, anzi la favorisce”.3
Origine della schiavitù alla Madonna
È chiaro, allora, che la pratica della schiavitù alla Madonna há avuto il suo punto di partenza nel più sublime evento della Storia: l’Incarnazione del Verbo, quando lo stesso Dio Si è fatto Uomo, sottomettendoSi a Lei (cfr. Lc 2, 51). E udendo l’Apostolo attestare che Cristo “spogliò se stesso, assumendo La condizione di servo e divenendo símile agli uomini” (Fil 2, 7), comprendiamo che Egli volle che questo si verificasse in Lei, lasciandoci il suo divino esempio e invitandoci a imitarLo. All’inizio della Storia della Chiesa già troviamo documenti che esaltano la santità della Madre di Dio, menzionano il suo ruolo di Mediatrice, Le riservano il trattamento di Signora e, poco più tardi, il titolo di Regina della creazione.4 In manifestazioni di venerazione come queste si vedono, in embrione, i fondamenti della devozione a Lei che culminano nella consacrazione come schiavo d’amore.
Sant’Efrem di Nisibe è stato Il primo Padre della Chiesa di cui si abbia notizia, che si è proclamato servo di Maria.5 Molti altri lo seguirono su questo luminoso tracciato della consacrazione d’amore. Oggetti dei secoli V e VI trovati in diversi luoghi dell’Impero Bizantino – anelli, collane, monete, tra gli altri – possiedono iscrizioni nelle quali La persona che lo portava si denomina “Servo della Madre di Dio”.6
Nel VII secolo, Sant’Ildefonso di Toledo dichiarava: “Se sono tuo servo,è perché tuo Figlio è mio Signore. Tu sei mia Sovrana, perché sei la Schiava del mio Signore. Sono servo della Serva del mio Signore, perché Tu, mia Sovrana, sei la Madre Del mio Signore”.7
E ancora: “Per dimostrare Che sono a servizio del Signore, do come prova il dominio che sua Madre esercita su di me, perché servire alla sua Schiava è servire Lui. […] Con che entusiasmo desidero essere servo di questa Sovrana! Con che fedeltà voglio sottomettermi al suo giogo! Con che perfezione tento di essere docile ai suoi comandi! Com che ardore cerco di non sottrarmi AL suo dominio! Con che avidità desidero stare sempre nel numero dei suoi veri servi! Mi sia, dunque, concesso di servirLa a dovere e, servendoLa, di meritare i suoi favori e poter essere sempre un suo irreprensibile servo”.8
In Irlanda, tra i secoli IX e XII, notizie riportano che fosse talmente grande l’onore di designarsi servo di Maria, che questo titolo diventò un nome proprio, usato anche da membri della famiglia reale.9 Uno solo, da Oriente a Occidente, era Il battito del cuore dei cattolici in relazione alla Madre di Dio: diventare suoi schiavi, ecco uno dei più sublimi e ineffabili onori.
La voce della grazia, che ispirava tanto illustri uomini quanto la gente semplice a consacrarsi alla Vergine Maria come schiavi, non poteva non toccare vari Successori di Pietro. All’inizio dell’VIII secolo, troviamo Papa Giovanni VII che si proclama servo di Maria; vari altri, posteriormente, così si sono denominati, tra loro: Nicola IV, Pio II, Paolo V, Alessandro VIII, Clemente IX, Innocenzo XI.
Un ordine religioso di servi
Significativa è stata anche l’approvazione pontificia dell’Ordine dei Servi di Maria – i serviti –, fondata nel 1233. Come testimoniano gli annali di questa istituzione, Il suo nome fu ispirato dalla Santissima Vergine al popolo: “Dall’inizio del nostro ordine, cioè, quando i nostri illustri fondatori si riunirono in comunità per darle inizio, subito cominciarono a essere popolarmente chiamati col nome di ‘frati Servi della Beata Vergine Maria’, senza che essi sapessero da dove e da chi fosse venuto tale nome. Da qui si deduce che, al principio, da nessun altro essi ricevettero questo nome se non dalla Madonna stessa, la Beata Vergine Maria, mediante la voce del popolo, il quale, ispirato da Dio, approvava e acclamava tale nome Che non era stato inventato da mente umana”.10
Il documento continua: “Siccome la Madonna non aveva voluto che l’origine dell’ordine fosse propriamente attribuita a un uomo, allo stesso modo era giusto che il nome dell’ordine dei suoi frati non fosse scelto e dato da altri, che non fossero Lei stessa e suo Figlio. È stata, dunque, la volontà della Madonna che questo nome da Lei scelto diventasse comune sulla bocca Del popolo”.11
Il fatto di attribuire il nome di Servi di Maria a un insieme di uomini, che edificavano col loro nuovo stile di vita, dimostra bene quanto il popolo tenesse in debito conto tale attributo e conferma che il farsi servo della Madonna, consacrandoLe la propria vita, era un costume già molto diffuso in quell’epoca, molto comprensibile alle anime impregnate di fede.
Armonia tra dottrina e pietà popolare
Nel corso dei tempi è aumentato il numero di persone invitate dalla grazia a consacrarsi alla Madonna come schiavi d’amore, senza che la teologia avesse una particolare preoccupazione a spiegare La dottrina a Suo riguardo. Questo è normale, visto che tutto indica Che le realtà concernenti Maria furono prima affidate al cuore amante e semplice del popolo cristiano, più che al ragionamento della teologia speculativa. È quello che dice un illustre studioso in materia: ci sono certe cose molto più percepibili dall’infiammato amore di figlio che dal freddo intendimento di un saggio.12
Quando, però, l’ortodossia di questa devozione cominciò a esser messa in dubbio, non sono mancati saggi col cuore di figli che la seppero dimostrare con metodo, chiarezza e solide basi dottrinali. Tra questi possiamo citare San Bernardo, Sant’Alberto Magno, San Bonaventura, Riccardo di San Lorenzo e, soprattutto, San Luigi Maria Grignion de Montfort. Appoggiandosi sul privilegio della maternità divina concesso alla Madonna, nella sua pienezza di grazie, sull’amore a Lei dispensato dalla Santissima Trinità e sugli onori prestati dal Figlio di Dio alla sua Madre terrena, essi dimostrarono la legittimità teologica dell’atto di consacrazione come schiavo d’amore a Maria.
Nel 1595, una concezionista spagnola, madre Inês Batista di San Paolo, fondò ad Alcalá de Henares la Confraternita degli Schiavi della Madre di Dio, prima associazione formata con l’obiettivo esplicito di incentivare e praticare la schiavitù mariana, che, a quel tempo, si diffondeva in tutto il continente europeo. Toccò al Cardinale Bérulle, fondatore della Società dell’Oratorio, la gloria di introdurla in Francia.
Padre Olier, fondatore del Seminario e Società di San Sulpicio, di Parigi, la diffuse ancor più, impregnando col suo profumo la scuola francese di spiritualità, nella quale si sarebbe formato San Luigi Grignion de Montfort. Questo Santo, col suo Trattato della vera devozione alla Santissima Vergine, fissò definitivamente La consacrazione come schiavo d’amore a Gesù per mezzo di Maria: “quanto più un’anima si consacra a Maria, tanto più essa sarà consacrata a Gesù Cristo. Ecco perché la perfetta consacrazione a Gesù Cristo non è nient’altro che uma perfetta consacrazione alla Santissima Vergine”.13
Ci sono molti, tuttavia, che si spaventano con la parola schiavo e argomentano che nei primi secoli si usava l’espressione servo di Maria – servus Mariæ, in latino – per significare questa consegna totale, intera, fedele e piena di fiducia del próprio essere alla Madonna. Ora, entrambi i termini possono essere usati indistintamente, poiché la parola latina servus14 ha lo stesso senso della parola schiavo, usata con molta più frequenza a partire da San Luigi Grignion.
Un Papa recente consacrato a Maria
Questa forma di devozione a Maria non sarebbe, però, un po’ anacronistica e poco adeguata ai giorni nostri? Non è quello che pensa uno dei Papi più recenti, che ha esercitato il suo lungo pontificato sotto um motto indubbiamente mariano: Totus tuus. Nell’Enciclica Redemptoris Mater, San Giovanni Paolo II insegna: “La spiritualità mariana, deve essere vista alla luce della Tradizione e, specialmente, della spiritualità alla quale ci esorta il Concilio. Inoltre, la spiritualità mariana, al pari della devozione corrispondente, trova una ricchissima fonte nell’esperienza storica delle persone e delle varie comunità cristiane, viventi tra i diversi popoli e nazioni su tutta la terra. In proposito, mi è caro ricordare, tra i tanti testimoni e maestri di tale spiritualità, la figura di san Luigi Maria Grignion de Montfort, il quale proponeva ai cristiani la consacrazione a Cristo per le mani di Maria, come mezzo efficace per vivere fedelmente gli impegni battesimali. Rilevo con piacere come anche ai nostri giorni non manchino nuove manifestazioni di questa spiritualità e devozione”.15
In occasione della sua visita AL Santuario di Jasna Gora, nel 1979, lo stesso Papa Giovanni Paolo II spiega meglio in cosa consista questa consacrazione. Riferendosi all’“atto di totale servitù alla Madre di Dio” promosso dal Primate della Polonia nel 1966, egli ha spiegato: “L’atto parla della “servitù” e nasconde in sé un paradosso simile alle parole del Vangelo secondo le quali bisogna perdere la propria vita per ritrovarla (cfr. Mt 10,39). L’amore infatti costituisce il compimento della libertà, ma, nello stesso tempo, “l’appartenere”, cioè il non essere liberi, fa parte della sua essenza. Però questo “non essere liberi” nell’amore, non viene percepito come una schiavitù, bensì come un’affermazione di libertà e come il suo compimento. L’atto di consacrazione nella schiavitù indica dunque una singolare dipendenza a una fiducia senza limiti. In questo senso la schiavitù (la non-libertà), esprime la pienezza della libertà, allo stesso modo che il Vangelo parla della necessità di perdere la vita per ritrovarla nella sua pienezza”.16 San Giovanni Paolo II ci invita, così, parafrasando San Paolo (cfr. Rm 8, 21), a partecipare alla gloriosa libertà degli schiavi di Maria.
Schiavitù che libera,libertà che schiavizza
Un anno dopo la visita del compianto Pontefice a Jasna Gora, in um articolo scritto per il giornale Folha de São Paulo, il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira sintetizzava tale paradosso con queste parole: “C’è uma schiavitù che libera, e c’è una liberta che schiavizza”.17
Egli denunciava la radicale inversione di valori nella mentalità dell’uomo moderno “affrancato” dall’obbligo di osservare i Comandamenti di Dio e della Chiesa: “Per alcuni è libero chi, con la ragione obnubilata e la volontà spezzata, spinto dalla follia dei sensi, ha La facoltà di scivolare voluttuosamente sullo slittino dei cattivi costumi. Ed è ‘schiavo’ colui che serve la própria ragione, vince con la forza di volontà le proprie passioni, obbedisce alle leggi divine e umane, e mette in pratica l’ordine”.18
Ora, egli prosegue, per coloro che alla Santissima Vergine si consacrano liberamente come “schiavi d’amore”, Ella ottiene “le grazie di Dio che elevano le loro intelligenze fino alla comprensione lucidissima dei più alti temi della Fede, che danno alle loro volontà una forza angélica per salire liberamente fino a questi ideali, e per vincere tutti gli ostacoli interiori ed esteriori che a loro indebitamente si oppongano. […] Per tutti i fedeli, la ‘schiavitù d’amore’ è, dunque, questa angelica e somma libertà con cui la Madonna li aspetta alle soglie del XXI secolo: sorridente, attraente, invitandoli al Suo Regno, secondo la sua promessa pronunciata a Fatima: ‘Alla fine, il mio Cuore Immacolato trionferà’”.19
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1 SAN CIRILLO DI ALESSANDRIA. Omelia IV: MG 77, 991.
2 CLÁ DIAS, EP, João Scognamiglio. Predestinata da tutta l’eternità. In: L’inedito sui
Vangeli. Città del Vaticano- San Paolo: LEV; Lumen Sapientiæ, 2013, vol.VII, p.16.
3 CONCILIO VATICANO II. Lumen gentium, n.60.
4 Numerosi sono i documenti antichi che si riferiscono a Maria Santissima sotto questi
titoli e privilegi. Per menzionarne soltanto alcuni, citiamo: cfr. SAN SONFRONIO
DI GERUSALEMME. In SS. Deiparæ Annuntiationem. Oratio II, cap. XXI: MG 87, 3242; ESICHIO DI GERUSALEMME. In Præsentatione Domini et Salvatoris nostri Iesu
Christi. Sermo I: MG 93, 1470; SAN GERMANO DI COSTANTINOPOLI. In Præsentatione SS. Deiparæ. Sermo I, capp.IX-X: MG 98, 302-303; In Annuntiationem SS Deiparæ: MG 98,
322; SAN METODIO DI OLIMPO. Sermo de Simeone et Anna quo die Dominico in templo occurrerunt, AC de Sancta Deipara, c.V: MG 18, 359.
5 Cfr. SAN LUIGI MARIA GRIGNION DE MONTFORT. Tratado da verdadeira devoção a Santíssima Virgem, n.152. 15.ed. Petrópolis: Vozes, 1987, p.147.
6 ROSCHINI, OSM, Gabriel Maria. La Madre de Dios,según la fe y la teología. 2.ed. Madrid: Apostolado de La Prensa, 1958, vol.II, p.370.
7 SANTO ILDEFONSO DA TOLEDO. De Virginitate Perpetua S. Mariæ, c.XII: ML 96, 106.
8 Idem, 107-108.
9 Cfr. WATERTON, FSA, Edmund. Pietas Mariana Britannica. A History of English Devotion to the Most Blessed Virgin Marye Mother of God. London: St. Joseph’s Catholic Library, 1879, p.20.
10 AUTORE INCERTO. Leggenda dell’origine dell’Ordine dei Servi della Beata Vergine Maria, cap.VII, n.32. In: Ordo Servorum Mariæ: http:// servidimaria.net.
11 Idem, ibidem.
12 Cfr. MARÍN-SOLA, Francisco.La evolución homogênea del dogma católico. Madrid: BAC, 1952, p.405.
13 SAN LUIGI MARIA GRIGNION DE MONTFORT, op. cit., n.120, p.119.
14 “Servus est res – Il servo è uma cosa”, prescriveva l’antico Diritto Romano.
15 SAN GIOVANNI PAOLO II. Redemptoris Mater, n.48.
16 SAN GIOVANNI PAOLO II. Omelia e Atto di Consacrazione alla Madonna, nel Santuario
Mariano di Jasna Gora, 4/6/1979.
17 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Obbedire per essere liberi. In: Folha de São Paulo.
São Paulo. Anno LIX. N.18.798 (20 set. 1980); p.3.
18 Idem, ibidem
19 Idem, ibidem.
Revista Araldi del Vangelo, Maggio 2016
vovo Desidero consacrarmi servo di Maria Madre di Gesu