Vangelo
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 49 “Sono venuto a portare il fuoco sulla Terra; e come vorrei che fosse già acceso! 50 C’è un battesimo che devo ricevere; e come sonoangosciato, finché non sia compiuto! 51 Pensate che Io sia venuto a portare la pace sulla Terra? No, vi dico, ma la divisione. 52 D’ora innanzi in una casa di cinque persone, si divideranno tre contro due e due contro tre; 53 saranno divisi: il padre contro il figlio e il figlio contro il padre; la madre contro la figlia e la figlia contro la madre; la suocera contro la nuora e la nuora contro la suocera” (Lc 12, 49-53).
Il fuoco purificatore!
Pregustando il momento in cui avrebbe visto tutta la Terra trasformarsi, incendiata dal fuoco dell’amore divino, Nostro Signore rivela la straordinaria forza rinnovatrice che nasce dal suo sacrificio e manifesta l’ardente desiderio di consumarlo.
I – Le manifestazioni d’amore del Divino Maestro
Commoventi e mirabili sono le manifestazioni di misericordia del Signore Gesù nel corso della sua vita pubblica. Senza mai rifiutare beneficio alcuno agli infelici che Lo avvicinavano bisognosi di aiuto, realizzava guarigioni corporee e spirituali mai prima testimoniate. Una volta, mentre camminava per le strette strade della città di Nain, si imbatté nel funerale di un giovane che era morto lasciando la madre, una povera vedova, sola e abbandonata. Mosso a compassione per la triste sorte che l’aspettava, Gesù fece tornare in vita il giovane e lo restituì a sua madre in eccellenti condizioni fisiche, certamente migliori delle precedenti.
In un’altra occasione, dieci lebbrosi si prostrarono davanti a Lui implorando la fine dei loro mali. Ricevettero uno sguardo benigno del Maestro, seguito dalla bramata guarigione, mediante la quale ritornarono alla vita sociale, pieni di giubilo. Ancora maggiori di questi, però, erano i benefici fatti alle anime, con il perdono dei peccati a tutti i colpevoli pentiti. Incessanti erano i miracoli e incommensurabile la portata dei suoi favori. Per questo, l’Apostolo Pietro sintetizzò tali opere affermando che Egli “pertransivit benefaciendo – passò beneficando” (At 10, 38).
Per il fatto di sentire con frequenza dalle stesse labbra divine parole piene di commiserazione, l’insegnamento contenuto nel Vangelo di questa 20ª Domenica del Tempo Ordinario può causarci una certa perplessità perché non si adatta, a prima vista, al modo di procedere di Nostro Signore testimoniato in altri passi. Ci sarebbe, pertanto, una contraddizione nel ministero di Gesù? O le sue parole sul fuoco, la divisione e la rottura dei lacci familiari contengono una profondità che esige un’analisi più accurata? Il testo proposto dalla Liturgia di questa domenica offre una privilegiata opportunità per comprendere la vera ampiezza del perfettissimo insegnamento di Cristo e i suoi sviluppi per la vita di ognuno di noi.
II – Un nuovo fuoco è portato sulla Terra
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 49 “Sono venuto a
portare il fuoco sulla Terra; e come vorrei che fosse già acceso!”
Audace è l’affermazione del versetto iniziale, nel quale Nostro Signore dichiara di aver assunto l’Incarnazione con la finalità di propagare un fuoco, essendo così veemente il suo desiderio di vederlo ardere che aspetta con ansia l’arrivo di tale momento. Dovremmo intendere tale affermazione in senso letterale? Sarebbe Egli venuto come una torcia fiammeggiante, per percorrere tutta la Terra al fine di produrre un incendio universale? Evidentemente no.
D’altra parte, sappiamo che l’immagine del fuoco appare nella Scrittura con diversi significati, nella maggior parte delle volte con una connotazione punitiva. Nell’episodio in cui Mosè lo ha invocato su Core, Datan, Abiron e duecentocinquanta rivoltosi, così efficace è stato l’effetto prodotto che non sono rimasti neppure vestigi dei diffamatori (cfr. Sir 45, 22-24; Nm 16, 35). Con una finalità simile Elia ha fatto scendere fuoco dal Cielo su due capitani, ciascuno seguito da cinquanta soldati, tutti immediatamente ridotti in cenere (cfr. II Re 1, 9-12). L’Apocalisse preannuncia il fuoco che deve esser lanciato sulla Terra nella conflagrazione finale per purificarla (cfr. Ap 20, 9-10). Inoltre, le menzioni alle pene infernali sono sempre accompagnate dall’immagine di un incendio peculiare, creato da Dio a questo scopo, la cui energia è Egli stesso, un fuoco intelligente che non si consuma.1
Ora, il contesto di questo Vangelo denota che il Salvatore non allude ai passi antichi già noti al pubblico al quale predicava, né si riferisce alle fiamme dell’inferno. Le sue parole, avvolte in un’aura di mistero, versano sopra un fuoco nuovo, preconizzato soltanto dalla predicazione di San Giovanni Battista.
L’umanità necessitava di una purificazione
Alla moltitudine stipata, avida di sapere se era o no davanti al Messia, il Precursore ha dichiarato in tono solenne: “Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3, 16). Era l’annuncio del battesimo sacramentale, incomparabilmente più profondo, efficace e perfetto di quello della penitenza, seguito da un fuoco trasformatore.
In realtà, prima dell’avvento di Nostro Signore, l’umanità era pervasa e macchiata dagli effetti del peccato originale, essendo diventata schiava delle passioni disordinate. Nel corso dei secoli, c’è stato un graduale radicamento di queste cattive tendenze con tutte le nefaste conseguenze registrate dalla Storia, rendendosi indispensabile una purificazione. Come operare la santificazione della società in tali circostanze? Attraverso le vie normali dello sforzo o con la pratica di una virtù naturale non si raggiunge un così elevato obbiettivo; si rendeva indispensabile un fattore determinante originato da un’iniziativa divina, visto che l’uomo non aveva dei mezzi per vincere la propria cattiveria, essendo questo il magnifico rimedio che il Redentore ci è venuto a portare.
Il fuoco dell’amore divino
Attraverso l’unione della natura umana con quella divina in una sola Persona, e per i meriti infiniti dell’Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione del Signore Gesù, è sceso sulla Terra un fuoco capace di purificare il fango nel quale gli uomini si trovavano impantanati: “Gesù è venuto dal Cielo alla Terra per mettere fuoco nelle anime al fine di depurarle, bruciare le loro scorie e renderle puro argento e oro davanti a Dio: è il fuoco della santità, della carità; è l’intero sistema di santificazione che Gesù ha portato al mondo”.2 Con la Redenzione, siamo stati elevati ad un livello spirituale inimmaginabile, perché ci è stata aperta la possibilità di essere graditi a Dio e partecipi della sua stessa divinità. Chiamati con forza ad assumere la stessa perfezione del Padre Celeste (cfr. Mt 5, 48), riceviamo per questo l’effusione dell’amore di Cristo che affina il nostro proprio amore, lo rende meritorio e fecondo, oltre ad offrirci la possibilità di vincere il peccato, che sebbene scagli ancora il suo pungiglione, ormai non impera più. Nella misura in cui gli uomini si lasciano penetrare dal fuoco della carità, gli ostacoli ai dettami della grazia vengono superati, perché nulla può fermare la marcia di quelli che amano. Chi si dà interamente all’amore soprannaturale diventa capace di realizzare prodigi, proprio come hanno fatto i grandi eroi della Fede.
Santa Giovanna d’Arco, per esempio, è montata a cavallo, ha indossato un’armatura, ha guidato un esercito e ha conquistato la libertà per la sua nazione. Santa Caterina da Siena, grande Dottore della Chiesa, ha ottenuto che il Papa tornasse alla Sede di Roma dopo più di mezzo secolo di esilio ad Avignone ed ha consigliato con tanta sapienza i potenti del suo tempo che nessuno ha potuto mettere in dubbio l’ispirazione divina delle sue parole. Per entrambe non c’è stata legge di umana prudenza che significasse un impedimento. Mosse da questo fuoco ardente, esse si sono dedicate a una causa più che eccelsa, hanno affrontato con determinazione sovrumana le maggiori avversità e hanno cambiato il corso della Storia.
Queste sono anime che hanno posseduto la pienezza della carità, per la cui rappresentazione Nostro Signore non ha trovato simbolo migliore del fuoco, poiché la fiamma è attraente, bella, eleva la sua luce al Cielo e illumina. Allo stesso tempo, però, esso brucia, e davanti a questo potere di combustione non c’è chi commetta la temerità di ritenerlo innocuo. Così è l’amore: oltre ad essere una natura meravigliosa, si riveste di fortezza per difendere ed esaltare l’oggetto amato, spogliandolo del male.
Il battesimo del Calvario
50 “C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato,
finché non sia compiuto!”
Evidenziando ulteriormente quanto la propagazione di questo fuoco dipenda dal proprio impulso, il Maestro rivela di aver bisogno di passare per un battesimo, avvalendoSi, per questo, dell’incisiva formulazione “devo ricevere”. Egli aveva già ricevuto, agli inizi della vita pubblica, il battesimo da San Giovanni – del quale non aveva bisogno, ma ha voluto esserne partecipe per santificare le acque dell’universo, tra altre ragioni 3 –, il che rende evidente che non Si riferisce qui al penitenziale. Superiore a questo – e quanto più prezioso! – è il doloroso battesimo di sangue operato coi tormenti della Passione. L’autorevole parere di Maldonado sintetizza l’opinione degli esegeti a questo riguardo, visto che Nostro Signore lascia l’affermazione avvolta in una certa ombra di mistero: “Chiama battesimo, indubitabilmente, la sua Passione e morte, come tutti gli interpreti ammettono […]. In tal modo esser battezzati, che è propriamente immergersi nelle acque, si interpreta qui con patire e morire; e battesimo, con tribolazione, passione e morte”.4 Data la suprema perfezione di Cristo, si comprende che questo battesimo non sfociava in un beneficio per Lui, che è Dio, quanto per l’umanità.
Quale sarà stata la ragione per cui Lui era ansioso che questo si compisse? Questa ragione è la redenzione del genere umano che si sarebbe operata attraverso questa consegna, poiché il suo amore infinito per le anime Lo spingeva a volerle purificare prima possibile e far sì che questo fuoco cominciasse a consumare le miserie umane, trasformando gli uomini in perfetti figli di Dio. Era il “desiderio ardente e generoso per cui, come Redentore, Gesù voleva in qualche modo anticipare la sua Passione, a causa dei frutti di salvezza che essa avrebbe prodotto per la stirpe umana”.5
Proprio come si verifica in tutti i particolari e detti della vita del Salvatore, un sublime insegnamento emana da questo passo: Egli ci mostra quanto dobbiamo aspirare per vedere subito realizzato il bene che dobbiamo fare. A partire dal momento in cui la volontà divina a nostro riguardo diventa chiara, dobbiamo anelare a compierla senza indugio, impegnando tutti i nostri sforzi, dedizione e sacrifici al fine di essere strumenti della grazia per la salvezza del prossimo. Il fuoco dell’amore non comporta ritardi, poiché questi significano un indebolimento di fervore, e Gesù, muovendoSi soltanto per amore al Padre e a noi, si dirige con bramosia verso il tormento, come sottolinea Sant’Ambrogio: “Grande è la condiscendenza del Signore, che testimonia di avere un grande desiderio nel suo cuore di infonderci la devozione, di consumare in noi la perfezione e di portare a termine, in nostro favore, la sua Passione”.6
La generosità del Cuore di Gesù
L’infinita generosità di tale consegna ci conduce alla considerazione dei benefici ricevuti da Cristo: Egli ha voluto incarnarSi, soffrire tutte le vicissitudini di una natura umana sofferente, come fame, freddo, sete, caldo, stanchezza, ingiurie…, e oltretutto, ricevere il battesimo di sangue. Ha patito l’olocausto con l’intento di riparare le nostre colpe e offrirci la purificazione di tutte le macchie del peccato dei nostri progenitori, Adamo ed Eva, restituendoci lo stato di grazia e rintroducendoci, così, nella familiarità con Lui attraverso la partecipazione alla natura divina, concedendoci il privilegio di essere figli del Padre per adozione: suoi fratelli e coeredi, per godere l’eternità insieme a Lui. In questo modo intravvediamo, seppur in forma molto imperfetta, le dimensioni straordinarie del Sacro Cuore di Gesù, i cui meriti sono di un cuore umano unito ipostaticamente a Dio e, pertanto, nel quale c’è un’intera identità tra l’amore che parte dall’umanità e quello che si origina nella divinità. Sono due amori coesistenti in uno stesso Cuore, diventando per questo incomprensibili, irraggiungibili e insondabili per il nostro limitato intelletto.
Con il vertice raggiunto dalla donazione operata da questo Cuore nel Calvario, si comprende che il corso della Storia non sarebbe più stato come prima.
III – Una nuova era per l’umanità
Dopo aver sintetizzato in due straordinari versetti lo straripante amore con il quale ha portato la salvezza all’umanità, Nostro Signore sottolinea, nei seguenti, le conseguenze dell’adesione alla sua Persona e dottrina. Infatti, dal primo peccato commesso da Adamo ed Eva fino all’Incarnazione, esisteva una forza predominante sulla Terra che possiamo designare come il polo del male. Sebbene vigesse la promessa divina, che assicurava la Redenzione, e la sollecitudine del Creatore si esercitasse in modo costante a favore dei Giudei, è chiaro che tra gli altri popoli dell’Antico Testamento esisteva una concordanza tra gli uomini per cui il male imperava in tutti gli ambienti, non essendoci mezzi perché i buoni realizzassero opere rilevanti per distruggere l’impero del demonio. Sulla base di questa pseudo armonia prodotta dal peccato – un’unità falsamente perfetta –, le forze infernali hanno stabilito la coesione del male. Era, per così dire, proibito esser buoni, e tutti gli uomini, con rarissime eccezioni, si adattavano alla mentalità dominante. Addirittura quelli che praticavano il bene lo facevano quasi sempre in sordina, senza farsi conoscere, sotto pena di vedere le loro buone opere annientate con impeto prepotente, nel caso esse acquisissero un’evidenza significativa.
Ora, la venuta di Cristo ha appiccato il fuoco dell’amore divino sulla Terra e ha inaugurato il polo del bene, con una straordinaria forza di espansione. Come osserva padre Manuel de Tuya, la menzione a questo fuoco riguarda “un doppio incendio: in Lui e negli altri. […] Questo fuoco che Egli propaga sulla Terra esigerà che ci si schieri con Lui. Incendierà molti, e per questo Egli porta la ‘divisione’, non come un obbiettivo, ma come una conseguenza”.7 Una radicale separazione diventa inevitabile, poiché chi aderisce al bene restringe l’azione di chi opta per il male e impedisce il suo progresso, aprendosi, in questo modo, un abisso che li distanzia.
Gesù Si oppone alla tranquillità del disordine
51 “Pensate che Io sia venuto a portare la pace sulla Terra? No, vi
dico, ma la divisione”.
Siamo di fronte ad una delle affermazioni più incisive proferite dal Maestro in tutto il Vangelo: “non sono venuto a portare la pace”. Com’è che Lui, il “principe della pace” profetizzato da Isaia (9, 5), che invocando la presenza dello Spirito Santo dirà: “La pace sia con voi” (Gv 20, 19), predica alle moltitudini di non esser venuto a portarla? Ecco un versetto che causa perplessità negli spiriti cartesiani. La spiegazione, però, è semplice e profonda: la sua pace non coincide con quella che è concepita a partire da concetti stravolti: “non ve la dò come il mondo la dà” (Gv 14, 27). L’autentica pace è la tranquillità dell’ordine, ci insegna Sant’Agostino.8 Ma, la pace rifiutata da Nostro Signore è quella che si stabilisce quando le anime sono unite nel peccato, con la complicità che porta i perversi a proteggersi tra loro e a vivere in apparente concordia, in una falsa armonia fondata nel male. A volte ci possono essere dissensi, originati sempre in interessi personali ed egoistici, mentre nel campo dei principi si mantengono in pieno accordo.
Un adultero, per esempio, protegge il complice per godersi la sua relazione illecita; i membri di una banda di rapinatori si sostengono l’un l’altro nell’ora di rubare, per appropriarsi più facilmente del bene altrui. L’apparente pace regnante tra loro è in verità la complicità nel male, perché il principio d’unione che li aggrega è il peccato; sono in combutta in una sistemazione di disordine nella quale non c’è la vera pace, perché non c’è conformità con l’ordine. Potremmo comparare tale situazione alla tranquillità di un pantano infetto dove, peraltro, si trova ogni tipo di germi di malattia. Sebbene le acque siano calme, non sono in ordine, perché regna la putrefazione, proliferano i germi malefici. L’origine di questo mutuo sostegno sta nel fatto che l’uomo è dotato di un forte istinto di socievolezza e, per questo, trova difficoltà a praticare il male da solo, andando contro la sua stessa coscienza. Al fine di infrangere la Legge di Dio, è sempre alla ricerca di una compagnia che lo aiuti a smorzare le sue resistenze interne: il bandito desidera che altri lo seguano nella rapina, l’impuro cerca la compagnia di altri impuri.
La divisione inaugurata da Gesù consiste in un’intransigente censura di questo atteggiamento di complicità nel male, fatta, soprattutto, dalla retta condotta delle anime virtuose e dalla corrente di bene da loro suscitata. Fondando la Chiesa immortale, Nostro Signore ha dato al bene una forza divina capace di smascherare l’errore di coloro che abbracciano il peccato, di mostrare quanto orribile esso sia e di opporre resistenza al suo dominio. La virtù e il bene, fino alla venuta di Cristo, erano di portata limitata. Egli è venuto per conferire loro onnipotenza e trasformarli nel fattore decisivo della Storia. La divisione tra buoni e cattivi è diventata una realtà molto più consolidata di quanto era prima, con una peculiare caratteristica: i buoni, quando sono integri, riescono sempre vittoriosi. Come sottolinea padre Raniero Cantalamessa, “Egli è venuto a portare la pace e l’unità nel bene, che conduce alla vita eterna, ed è venuto a eliminare la falsa pace e unità, che servono soltanto ad addormentare le coscienze e portarle alla rovina”.9 La sua pace è la pace della virtù, del buon ordinamento delle cose e della pratica di tutti i comandamenti della Legge di Dio.
Chi abbraccia la virtù semina divisione
52 “D’ora innanzi in una casa di cinque persone, si divideranno tre
contro due e due contro tre; 53 saranno divisi: il padre contro il
figlio e il figlio contro il padre; la madre contro la figlia e la figlia
contro la madre; la suocera contro la nuora e la nuora contro la suocera”.
Mostrando come la divisione che aveva portato possiede un’applicazione pratica, il Divino Maestro annuncia la scissione nel cuore della famiglia, l’istituzione più amata e radicata nel cuore umano. In questo passo Gesù non allude alle discordie comuni esistenti frequentemente tra i membri di una stessa famiglia, ma al rifiuto di quelli che Lo amano da parte dei loro parenti più prossimi, quando questi si chiudono all’invito della grazia.
Non si tratta, è chiaro, di una regola assoluta, poiché, nel caso tutti siano sulla via della santità, la famiglia sperimenta la vera pace. Ciò nonostante, se la fiamma dell’amore divino non penetra l’insieme, smette di esistere il principale fattore di coesione, come mette in risalto l’insegnamento di Sant’ Ambrogio: “Se è necessario dare l’onore corrispondente ai genitori, quanto più al Creatore dei genitori, a cui tu devi render grazie per i tuoi genitori! E se essi non Lo riconoscono in modo assoluto come loro Padre, come puoi tu riconoscerli? In realtà, Egli non dice che si debba rinunciare a tutto quello che ci è caro, però, che si deve dar a Dio il primo posto. […] Non ti è proibito amare i tuoi genitori, ma di anteporli a Dio; perché le cose buone della natura sono doni del Signore”.10
Siccome coloro che vivono in peccato hanno gravi problemi di coscienza, insoddisfazione e insicurezza, desiderano sconvolgere o distruggere chi denuncia la loro iniquità. Questo impeto malefico non rispetta nemmeno i legami della natura, in sé tanto elevati e benedetti da Dio, come vediamo nel martirio di Santa Barbara o nella persecuzione sofferta da San Francesco d’Assisi, oltre alla testimonianza di innumerevoli altri beati. In loro si è compiuta alla lettera la predizione fatta in questo versetto, poiché sono stati perseguitati dai propri genitori.
È questo fuoco dell’amore che Nostro Signore è venuto a portare sulla Terra che risveglia l’ostilità degli adepti della pseudo pace, produce una lotta interna nella vita familiare e genera una situazione nella quale la virtù della fortezza deve esser praticata, senza che sia lecito accettare l’unione propagata da coloro che disprezzano Dio. Non c’è dubbio che, in certe occasioni, dobbiamo praticare la prudenza, e metter mano a tutti i mezzi per ottenere da Dio la salvezza eterna dei nostri parenti, ma tutto questo senza abbandonare la fermezza delle nostre convinzioni cristiane, che valgono più di qualsiasi vincolo terreno.
IV – Accendete nuovamente il fuoco del vostro amore!
Passati due millenni da questa entusiasmante predicazione del Salvatore, la Liturgia di oggi ripete il richiamo fatto da Lui, questa volta rivolto a ognuno di noi. Con lo stesso amore usato nel rivolgerSi alle moltitudini, Gesù ci invita a lasciarci consumare come una fiamma di lode e adorazione a Lui, ricevendo il fuoco sacro che era venuto a portare al mondo. Apriamo le nostre anime a questa combustione trasformatrice che brucia gli egoismi, sana i problemi, eleva le menti al desiderio delle cose celesti e valica le barriere della mancanza di fiducia, di fede e di coraggio. Basta una lieve corrispondenza da parte nostra a questo amore
affinché si operino meraviglie, il potere delle tenebre sia vinto e si consolidi il polo del bene. E quando il vento contrario della divisione si abbatte su di noi, teniamo presente che Gesù già lo aveva annunciato e non ci negherà le forze per la vittoria, poiché i cattivi non possono trionfare sul fuoco dell’integrità, dell’innocenza, della radicalità nel bene: in una parola, della santità.
Con quanto dolore constatiamo che l’umanità dei nostri giorni è precipitata in un insondabile abisso di peccato e, più che mai, necessita di una purificazione. La gravità delle offese commesse contro Dio e i rischi di salvezza eterna per i quali passano le anime indicano l’indifferenza di molti di fronte al messaggio salvifico del Vangelo. In questa congiuntura dobbiamo porci una domanda, e con essa un esame di coscienza: in che misura abbiamo collaborato all’inversione di questo quadro? Qual è stata la nostra magnanimità a cospetto di tale situazione, la cui unica soluzione è una resa totale della nostra vita a Cristo, verso la quale dobbiamo andare con santa impazienza?
Un esempio straordinario dell’amore disinteressato e pieno di fervore ci è offerto dalla Madonna. Ella era consumata dall’amore, ed era preoccupata per la situazione del mondo, per la redenzione delle anime che si perdevano, e desiderava cooperare per la conversione dell’umanità. Maria, che Si considerava un niente, ardeva di zelo ed è stata, per questa ragione, visitata dall’Arcangelo San Gabriele, che Le ha portato il premio per il suo fuoco d’amore: l’Incarnazione della Seconda Persona della Santissima Trinità nel suo seno.
Come commenta il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira, “la principale gioia di Nostro Signore durante la vita terrena era in un lume acceso nella casa di Nazaret: il Cuore Sapienziale e Immacolato di Maria, il cui amore eccedeva quello di tutti gli uomini che ci furono, ci sono e ci saranno fino alla fine del mondo”.11 Chiediamo alla Vergine Santissima che Si degni di trasmetterci una scintilla dell’amore ardente del suo Cuore, affinché il suo Divino Figlio faccia uso di noi come fedeli strumenti nella propagazione di questo fuoco purificatore su tutta la Terra.
1) A questo riguardo, dice Garrigou-Lagrange: “San Tommaso (C. Gentes, IV, c.90; IIIa; Suppl., q.70, a.3) e i suoi migliori commentatori ammettono che il fuoco dell’inferno riceve da Dio la virtù di tormentare i rinnegati” (GARRIGOU-LAGRANGE, OP,Réginald. O homem e a eternidade. Lisboa: Aster, 1959, p.153). Si veda anche SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. Suppl., q.97, a.5, ad 3; a.6, ad 2. 2) GOMÁ Y TOMÁS, Isidro. El Evangelio explicado. Años primero y segundo de la vida pública de Jesús. Barcelona: Acervo, 1967, v.II, p.195. 3) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., III, q.39, a.1. 4) MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los Cuatro Evangelios. Evangelios de San Marcos y San Lucas. Madrid: BAC, 1956, v.II, p.609. 5) FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. Vida pública. Madrid: Rialp, 2000, v.II, p.385. 6) SANT’AMBROGIO. Tratado sobre el Evangelio de San Lucas. L.VII, n.133. In: Obras. Madrid: BAC, 1966, v.I, p.413. 7) TUYA, OP, Manuel de. Bíblia comentada. Evangelios. Madrid: BAC, 1964, v.V, p.855. 8) Cfr. SANT’AGOSTINO. De Civitate Dei. L.XIX, c.13, n.1. In: Obras. Madrid:BAC, 1958, v.XVI-XVII, p.1398. 9) CANTALAMESSA, OFMCap, Raniero. Echad las redes. Reflexiones sobre los Evangelios. Ciclo C. Valencia: Edicep, 2003, p.279. 10) SANT’AMBROGIO, op. cit., L.VII, n.136, p.415. 11) CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Conferenza. São Paulo, 7 apr. 1984.
Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.
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