Vangelo
51 Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme 52 e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui. 53 a essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme. 54 Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?” 55 Ma Gesù si voltò e li rimproverò. 56 E si avviarono verso un altro villaggio. 57 Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: “Ti seguirò dovunque Tu vada”. 58 Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo”. 59 A un altro disse: “SeguiMi”. E costui rispose: “Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre”. 60 Gesù replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu và e annunzia il Regno di Dio”. 61 Un altro disse: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”. 62 Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il Regno di Dio” (Lc 9, 51-62).
La liturgia del “sì” radicale
Rispondendo “sì” alla voce interiore della grazia che ci dice:“Seguimi”, siamo amorosamente “sequestrati” da Gesù. La nostra vita già Gli apparteneva ma, a partire da questo momento, la nostra dedizione a Lui deve esser cosciente, elevata e radicale.
I – Gesù parte per Gerusalemme
Il passo del Vangelo che la Chiesa ci presenta questa domenica segna una tappa importante nella vita di Nostro Signore.
Fino a quel momento, Gesù stava percorrendo la Galilea, “facendo il bene” (At 10, 38) in tutti i luoghi in cui si recava. Due volte moltiplicò i pani e realizzò innumerevoli altri miracoli. Non lasciò inascoltata una sola richiesta, non un’anima pentita senza che fosse perdonata. Tutto questo Gli procurò una fama straordinaria, da cui avrebbe potuto trarre grande profitto.
Invece, evidenzia padre Truyols, “a partire dalla seconda moltiplicazione e, fino ad un certo punto, a partire dal discorso del Pane della vita nella sinagoga di Cafarnao, conduceva una vita più ritirata, occupato principalmente ad istruire i suoi Apostoli”.1 Fu in questo contesto che si ebbero i due primi annunci della Passione e la Trasfigurazione sul Monte Tabor (cfr. Lc 9, 22-45).
Nei versetti scelti oggi, Nostro Signore incomincia un lungo percorso verso la Giudea che segnerà l’inizio del suo ritorno al Padre. A partire da questo momento, tutti gli avvenimenti della vita del Divino Maestro trascorrono sotto un’altra luce.
Fermezza nel compimento della volontà del Padre
51 Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto
dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme…
Gesù lascia la Galilea sapendo che questo sarebbe stato il suo ultimo viaggio a Gerusalemme, camminando risoluto verso la morte, come indicano le parole di questo versetto: “Prese la ferma decisione di partire”.2
Fin dal primo istante della sua esistenza terrena, Egli aveva ben chiaro che la sua missione sarebbe culminata con la Croce. Dall’alto di questa, Cristo avrebbe conquistato la vita eterna per noi, creature che Egli ama al punto da voler diventare loro fratello mentre la Chiesa, che aveva già iniziato a fondare scegliendo gli Apostoli e predicando il Regno dei Cieli, sarebbe stata consolidata come centro della Storia, per tutti i secoli.
Di fronte alla prospettiva delle più terribili sofferenze, Gesù non lascia trasparire, in nessuna circostanza, la minima lamentela. Nella sua condotta, nulla indica fremito, ripulsa o non conformità in relazione a quello che sta per succedere. Al contrario, come ben sottolinea il Cardinale Gomá, “Gesù sa che a Gerusalemme Lo attendono i tormenti e la morte; ciò nonostante, si dirige alla festa con libertà assoluta, con volontà decisa e imperterrita, poiché sa che questa è la volontà del Padre”.3
Volendoci dare a proposito di questo passo una bella lezione morale, lo stesso commentatore aggiunge: “Questa deve essere la nostra disposizione di spirito, non appena si manifesta la volontà di Dio. La convinzione dell’intelligenza e la ferma risoluzione della volontà sono le forze propulsive delle grandi azioni, e la spiegazione delle vite feconde”.4
Gesù è l’Ordine in sostanza
52 …e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed
entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui.
Nostro Signore è l’Ordine in sostanza. Senza mai lasciarSi prendere dagli aspetti frammentari o inferiori dei problemi, Egli organizzava tutto in forma perfetta su questa Terra, ma lo faceva allo stesso tempo molto organicamente, rispettando i costumi del tempo e del luogo.
In un’epoca in cui non esistevano gli efficienti mezzi di comunicazione di oggi, era necessario mandar messaggeri al fine di assicurare un alloggio per la numerosa comitiva che Lo accompagnava, composta dagli Apostoli, discepoli, Sante Donne e forse anche alcuni curiosi.
Delle tre principali vie che conducevano dalla Galilea a Gerusalemme, Gesù aveva optato per la più corta, che attraversava la Valle di Jizreel e poi la Samaria. Fu in un villaggio di questa regione, probabilmente l’attuale Jenin, che gli inviati entrarono con l’intento di preparare l’arrivo del Divino Maestro.
I samaritani Gli negano l’accoglienza
53 Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme.
Gli abitanti della Samaria adottavano un atteggiamento di ostilità nei confronti dei Giudei, perché c’erano tra gli uni e gli altri grandi divergenze rispetto alla Legge e ai costumi mosaici. Un samaritano non sarebbe mai andato ad offrire sacrifici a Gerusalemme; lo avrebbe fatto sempre nel tempio eretto sul Monte Gerizim, presso l’attuale Nablus.
Quando seppero che Gesù e i suoi discepoli erano diretti a Gerusalemme, gli abitanti di quel villaggio dedussero che si trattasse di giudei in cammino verso il vero Tempio per adorare Dio, e decisero di non riceverli. Secondo Fillion, che cita Flavio Giuseppe, i Samaritani “provavano un piacere maligno nel maltrattare i pellegrini, nel ritardare e persino impedire il loro cammino, quanto più fosse loro possibile”.5 A quell’epoca, le convinzioni religiose erano profonde e provocavano frequentemente implacabili odi reciproci.
Reazione dei “figli del tuono”
54 Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”
La domanda di Giacomo e Giovanni rivela, nella puntuale espressione di un autore francese, “un intemperante zelo”, ma conferma quanto essi avessero Fede nell’onnipotenza di Gesù.
Certamente erano ben presenti nella memoria dei due fratelli gli episodi dei capitani di Acab divorati dal fuoco del cielo per ordine del Profeta Elia, ognuno insieme ai suoi cinquanta soldati (cfr. II Re 1, 9-12) e quello dei duecentocinquanta principi dell’assemblea, membri del consiglio e uomini notabili, sotto il comando di Core, Datan e Abiram, che ricevettero un uguale castigo per essersi ammutinati contro Mosè (cfr. Nm 16, 2.35).
Essendo coscienti del potere ricevuto da Nostro Signore, non sorprende il fatto che i figli di Zebedeo desiderassero imitare l’atteggiamento del Legislatore e del Profeta, che essi avevano visto, settimane prima, apparire accanto al Maestro sul Monte Tabor. Infatti, cosa “c’è di strano nel fatto che i ‘Figli del Tuono’ volessero lanciar fulmini?”, 6 si chiede Sant’Ambrogio.
Trascinati da una specie di “fervore da novizi”, consideravano un dovere di giustizia far cadere fuoco su quella città ribelle. Vanno in tal senso i commenti di San Girolamo, San Beda e Tito Bostrense, sintetizzati da Maldonado: se i “figli del tuono” desideravano vendicarsi, “non fu per il loro onore, ma per quello di Cristo stesso; e in questo certamente non ci fu colpa, ma soltanto ignoranza dello spirito cristiano ed evangelico”.7
La ripulsa e l’ingratitudine fanno parte della vita del missionario
55 Ma Gesù si voltò e li rimproverò.
Essendo stati formati secondo i costumi dell’Antica Alleanza, i fratelli erano abituati alla legge del taglione e giudicavano che ogni atto di rifiuto del bene dovesse esser castigato senza indugio. Ora, le prospettive di Nostro Signore erano altre: “Amate i vostri nemici… Pregate per quelli che vi offendono… Siate misericordiosi, come anche vostro Padre è misericordioso” (Lc 6, 27-28.36), aveva insegnato loro recentemente. Per questo li rimproverò. La proposta di Giacomo e Giovanni mostra quanto distanti fossero ancora i discepoli da questo nuovo Comandamento. Non avevano ancora conosciuto e assunto una delle più dolorose prove del missionario: l’ingratitudine, la ripulsa e persino la persecuzione da parte di coloro a cui egli ha voluto fare del bene.
Come osserva Crisostomo, gli Apostoli “sarebbero stati i dottori del mondo e avrebbero percorso le città e i villaggi predicando la dottrina evangelica. Sarebbe dovuto capitare loro che alcuni non accogliessero la sacra predicazione, come non permettendo che Gesù rimanesse con loro. Insegnò loro, infatti, che quando avessero annunciato la celestiale dottrina, sarebbero dovuto essere pieni di pazienza e mansuetudine, senza mostrarsi né ostili né irascibili, né vendicativi contro i loro persecutori”.8
Ben sottolinea, a sua volta, San Beda: “Il Signore rimproverò in loro non l’esempio di un Profeta santo, ma l’ignoranza di volersi vendicare, uomini ancora rudi, facendo vedere loro che non desideravano la riparazione per amore, ma la vendetta per odio”.9
Non dobbiamo rimanere dove il nostro apostolato non è ben accetto
56 E si avviarono verso un altro villaggio.
Queste poche parole dell’Evangelista contengono un importante insegnamento. Durante il viaggio, come abbiamo visto, Gesù stava formando i suoi discepoli nelle lotte dell’apostolato e volle mostrar loro con l’episodio narrato in precedenza, che il missionario non si deve turbare, e meno ancora mostrarsi irritato, quando la sua azione evangelizzatrice viene rifiutata. Questo sarebbe sintomo di amor proprio, o di attaccamento alle proprie attività.
Al contrario, se troviamo nel nostro cammino un “villaggio di Samaria”, non dobbiamo volerlo castigare col “fuoco del Cielo” come hanno fatto Giacomo e Giovanni, ma neppure perdere tempo laddove la nostra attività apostolica è infruttifera.
II – Un piccolo trattato della vocazione
Nella seconda parte del Vangelo di oggi, le Sacre Scritture ci presentano i casi di tre uomini desiderosi di seguire il Signore Gesù, ma senza avere nozione dell’integrità della dedizione che questo implica. Questi tre episodi possono essersi verificati in luoghi e occasioni diversi, come rileva padre Truyols, ma forse sono stati riuniti dall’Evangelista a causa della loro somiglianza. Infatti, aggiunge questo esegeta, sono, nel complesso, un piccolo trattato della vocazione divina, cioè “delle condizioni necessarie per seguire Cristo”.10
Un’offerta con seconde intenzioni
57 Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: “Ti seguirò dovunque Tu vada”.
Nel primo caso, una persona esprime a Nostro Signore la volontà di seguirLo in ogni luogo e ad ogni costo. San Matteo aggiunge un particolare omesso da San Luca: era uno scriba (cfr. Mt 8, 19). A prima vista, sembra trattarsi di un’anima generosa, desiderosa di stare sempre con Gesù.
Fillion descrive questo personaggio come un “entusiasta, anche se molto superficiale e fiducioso in se stesso”.11 Osserva che si tratta di un uomo che “parla il linguaggio dell’emozione fugace e spensierata, che disprezza gli ostacoli, mentre sono lontani e, senza essere stato chiamato, si offre per affrontarli”.12
Penetrando più a fondo nella psicologia di questo scriba, San Cirillo dimostra che lui non era mosso dal desiderio di essere un discepolo, ma dalla superbia: “C’è una grande ignoranza in questa persona che si è avvicinata, inoltre era eccessivamente presuntuosa. Certamente non desiderava essere di fatto un seguace di Cristo, come molti altri giudei, ma voleva ostentare, questo sì, la dignità apostolica”.13
Teofilatto, a sua volta, richiama l’attenzione sul suo spirito ambizioso: “Siccome vedeva che il Signore attirava dietro a sé moltitudini, sperava di guadagnarci qualcosa con questo e racimolare del denaro, se Lo avesse seguito”.14
Distacco e semplicità nel seguire Gesù
58a Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi…”
Il Divino Maestro non si pronuncia sulla proposta dello scriba, né lo ammette nella sua compagnia. Astraendo dal caso concreto, risponde con una metafora che sentenzia una volta per tutte la radicalità con cui si devono dedicare le anime chiamate alle attività missionarie.
Le volpi preparano tane e gli uccelli nidi, perché fa parte dell’istinto degli animali trovare un posto dove ripararsi. Un vero apostolo, invece, deve essere totalmente dedito alla missione di convertire le anime, senza preoccuparsi della sua convenienza. Si occuperanno gli altri di preparargli il “nido” o la “tana”. La dedizione di coloro che vogliono seguire Cristo deve essere totale, dandosi per intero, senza riservare nulla per sé.
Ma, qual è la ragione per cui Gesù sceglie questi animali, e non altri, per illustrare la sua predicazione?
Sant’Ambrogio analizza gli istinti della volpe, il suo essere astuta e ingannevole, mostrando come le piaccia nascondersi nella propria tana per poter sorprendere le prede. È proprio l’immagine dell’eretico, perché costui cerca di coprire i propri errori sotto le apparenze della buona dottrina, al fine di deviare dalla verità coloro che la cercano.15
Quanto agli uccelli del cielo, commenta San Cirillo di Alessandria: “Egli non ha parlato di uccelli fisici e visibili, ma di spiriti immondi e iniqui che frequentemente cadono nei cuori degli uomini, rapiscono la semente celeste e la portano lontano, in modo che non produca alcun frutto”.16
Né in queste tane, né in questi nidi il Figlio dell’uomo può porre la sua dimora, perché Egli è la Verità e il Bene. Gesù non agirà mai come la volpe o gli uccelli della metafora. Al contrario, egli invita con chiarezza al Regno dei Cieli ed espone con integrità la sua dottrina, sebbene la radicalità del suo richiamo colpisca chi non ha una vera vocazione.
Analizzata in questa prospettiva, la metafora elaborata da Nostro Signore acquisisce i tratti di un chiaro rifiuto della domanda pretenziosa dello scriba, a cui Egli sembra dire: “Le volpi hanno i nascondigli nel tuo cuore: sei un falso. Gli uccelli del cielo hanno i nidi nel tuo cuore: sei un superbo. Essendo bugiardo e superbo, tu non puoi seguirMi. Come può la falsità seguire la Semplicità?”.17
Pensieri innalzati alla Gerusalemme Celeste
58b …“ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo”.
L’espressione “posare il capo” può esser interpretata qui come un’allusione all’istinto di socievolezza, poiché l’uomo si rassicura quando trova qualcuno con cui potersi aprire e condividere preoccupazioni e timori. Così, in questo passo il Divino Maestro starebbe mettendo in guardia colui che prende le vie dell’apostolato – o comincia a praticare con integrità le esigenze della Fede – sui rischi di sentirsi, in un dato momento, solo, senza nessuno che lo aiuti e consoli. Anche a questo tipo di dedizione deve essere disposto colui che aspira ad essere vero missionario, sull’esempio di Gesù.
Ma queste parole del Messia, possono anche essere spiegate, nel senso che i suoi pensieri, finché si trovava su questa terra, erano costantemente elevati verso la Gerusalemme Celeste. Ci insegna, quindi, che il cuore del missionario deve essere posto interamente sul piano soprannaturale, evitando di “appoggiare la testa” sul simbolico “cuscino” delle questioni terrene.
Un obbligo morale voluto dalla Legge
59 A un altro disse: “SeguiMi”. E costui rispose: “Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre”.
In questo secondo episodio è Gesù che prende l’iniziativa. Posando lo sguardo su uno di coloro che L’accompagnavano, scorge in lui il segno della vocazione e gli dice con una soavità tutta divina: “SeguiMi”. Vale a dire, “abbandona tutto, lascia alle spalle quello che hai e vieni dietro di Me”.
Si vede, dallo svolgersi della narrazione, che le parole di Gesù sono penetrate in profondità nello spirito di quell’uomo. Tuttavia, suo padre era morto – o, secondo alcuni commentatori, stava per morire – e, prima di iniziare la sua vita di missionario, voleva risolvere tutti i problemi di famiglia, al fine di seguire più liberamente Nostro Signore.
La richiesta non poteva essere più legittima e ragionevole. Il Decalogo non comanda, infatti, di onorare il padre e la madre? Inoltre, la sepoltura del genitore defunto era un obbligo imposto dalla Legge Ebraica.
Al di sopra dell’amor verso il Padre, deve esserci l’amore verso Dio
60 Gesù replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu
và e annunzia il Regno di Dio”.
Gesù, tuttavia, respinge la richiesta del suo discepolo, utilizzando per questo un’espressione sconcertante che non può essere intesa in senso letterale. Infatti, Sant’Ambrogio si chiede: “Ma come possono i morti seppellire i morti, a meno che non si intendano qui due morti: una della natura e l’altra del peccato”.18
Dalle parole del Divino Maestro, Crisostomo deduce che il padre era morto nell’infedeltà, cioè al di fuori dell’amore di Dio e della pratica della Legge. Inoltre, certamente “vi erano altri che potevano compiere quest’obbligo, il padre non sarebbe rimasto per questo senza sepoltura”.19
Tuttavia, la risposta del Divino Maestro a quel discepolo supera di gran lunga la situazione concreta e rimane una preziosa lezione per quanti sono stati, sono e saranno chiamati a seguirLo nel corso della Storia. “Quando il Signore Gesù destina gli uomini alla predicazione del Vangelo, non vuole che si frapponga alcuna scusa di pietà carnale o temporale”, 20 afferma Sant’Agostino.
Ricordiamoci, in questo senso, dell’insegnamento di San Cirillo: “La devozione verso Dio deve essere al di sopra dell’amore per i padri, che noi veneriamo perché ci hanno generato. Dio ci ha posto in essere quando ancora non esistevamo, mentre i nostri padri sono stati solo i suoi strumenti per il nostro ingresso nella vita”.21
Quando qualcuno sente la voce di Gesù: “Vieni e seguiMi”, deve considerare come “mondo dei morti” tutto ciò che è rimasto indietro e non interessarsi più alle questioni che prima lo preoccupavano. E questo in una forma radicale, perché “chi desidera farsi discepolo del Signore deve rifiutare gli obblighi umani, anche quando sembrano ragionevoli, se a causa loro rimanda, anche minimamente, l’obbedienza dovuta a Dio”.22
Oltre al totale distacco dai beni temporali e ad un cuore elevato alla Gerusalemme Celeste, Gesù esige dall’apostolo la rottura completa di tutti i vincoli che lo legano al mondo.
Non volgere lo sguardo a ciò che abbandoniamo
61 Un altro disse: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”. 62 Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il Regno di Dio”.
Nostro Signore Si serve in questo terzo episodio, di un’immagine straordinariamente significativa in quel momento. Un solco sinuoso sulla terra rende difficoltosa sia la semina che la raccolta. È necessario, dunque, applicare molta attenzione per disegnare una linea retta con l’aratro. Per questo il contadino non può continuare a guardare indietro.
Allo stesso modo deve procedere chi lavora e semina su questa terra volendo cogliere frutti nell’eternità: deve stare con gli occhi sempre rivolti al suo fine soprannaturale, senza deviarli per nessun motivo. Il missionario deve rinunciare completamente ai vincoli che prima lo legavano al peccato o alla debolezza e non guardare mai più indietro, di modo che, come San Cipriano di Cartagine ammonisce, “non ci capiti di voltarci al diavolo e al mondo, a cui abbiamo rinunciato e dai quali ci siamo liberati”.23 Infatti, secondo l’espressione di San Nilo, “i ripetuti sguardi verso quello che abbiamo lasciato ci fanno tornare al costume abbandonato”.24
III – Il segreto della vera felicità
La Liturgia di oggi si applica con maggiore proprietà alle anime consacrate, invitate dal Divino Redentore ad abbandonare tutto per seguirLo. Ma gli stessi principi di radicalità nella dedizione e devozione integrale ai compiti inerenti al proprio stato di vita, sono applicabili a tutti i battezzati, sia ai prescelti al sacerdozio o alla vita religiosa, sia a coloro che sono chiamati a costituire una famiglia.
In qualunque di questi casi, tutti noi sentiamo ad un certo punto, una voce interiore che ci dice, con tono vellutato, ma imperioso, “SeguiMi”. Se accettiamo l’invito divino, saremo, a partire da quel momento, amorosamente “sequestrati” da Gesù. Infatti la nostra vita Gli appartiene e la nostra dedizione a Lui deve essere totale.
Il demonio, creatura abietta e invidiosa della ricompensa che ci viene promessa, spesso si vede incapace di smuovere le anime elette dal sentiero della santità. In questo caso, egli le tenta a praticare la virtù con mollezza e a volgere lo sguardo frequentemente indietro, cercando di instillare in esse l’illusione che, così facendo, per loro il peso diventerà più leggero e la sofferenza, ridotta.
Ora, il Signore Gesù non tollera la debolezza nei suoi seguaci. Chi vive in funzione del proprio interesse, o esegue male i lavori nella sua vigna, non riuscirà mai ad esser felice. Su questa Terra, la vera gioia è alla portata solamente di quanti si dedicano interamente al compimento della propria missione.
Lungo il cammino tracciato dalla Provvidenza per ciascuno di noi, tutti ci troviamo di fronte a gioie e consolazioni, ma anche a momenti di tristezza e di desolazione, contingenza inevitabile in questa valle di lacrime. Non sorprendiamoci quando arrivano e, nelle ore di sofferenza, sforziamoci soprattutto di non guardare indietro, poiché sulle vie del discepolo di Gesù, leggero è il peso di chi ha dato tutto, e pesante quello di chi ha optato per i compromessi e i mezzi termini.
Se in una qualche determinata situazione il peso dei nostri obblighi ci fa barcollare, volgiamo fiduciosi i nostri occhi alla Madonna, nella certezza che Lei ci proteggerà e consolerà. E quando, finalmente, arriverà il giorno di entrare nelle delizie eterne del Cielo, ci renderemo conto di quanto Lei e il suo Divino Figlio sono sempre al fianco di chi dedica la propria vita a seguirLi con tutto il cuore.
1) FERNÁNDEZ TRUYOLS, SJ, Andrés. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. 2.ed. Madrid: BAC, 1954, p.388. 2) Per sottolineare la grande determinazione d’animo di Nostro Signore, la Vulgata si serve dell’espressione “et ipse faciem suam firmavit – ed Egli fissò il suo volto”. Si tratta di un ebraismo che, secondo Maldonado, “allude metaforicamente a quello che il toro costuma fare quando attacca deciso contro qualcuno, quasi ritraendo il capo per aumentare la fermezza” (MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los Cuatro Evangelios. Evangelios de San Marcos y San Lucas. Madrid: BAC, 1956, v.II, p.523). 3) GOMÁ Y TOMÁS, Isidro. El Evangelio explicado. Año tercero de la vida pública de Jesús. Barcelona: Rafael Casulleras, 1930, v.III, p.114. 4) Idem, ibidem. 5) FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. Vida pública. Madrid: Rialp, 2000, v.II, p.317. 6) SANT’AMBROGIO. Tratado sobre el Evangelio de San Lucas. L.VII, n.27. In: Obras. Madrid: BAC, 1966, v.I, p.359. 7) MALDONADO, op. cit., p.528. 8) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea. In Lucam, c.IX, v.51-56. 9) SAN BEDA, apud SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit. 10) Cfr. FERNÁNDEZ TRUYOLS, op. cit., p.390-391. 11) FILLION, op. cit., p.319. 12) Idem, ibidem. 13) SAN CIRILLO DI ALESSANDRIA. Comentario al Evangelio de Lucas, 57, apud ODEN, Thomas C.; JUST, Arthur A. La Biblia comentada por los Padres de la Iglesia. Evangelio según San Lucas. Madrid: Ciudad Nueva, 2000, v.III, p.242. 14) TEOFILATTO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., v.57-62. 15) Cfr. SANT’AMBROGIO, op. cit., p.528. 16) SAN CIRILLO DI ALESSANDRIA, op. cit., p.242. 17) SANT’AGOSTINO. Sermo C, n.1. In: Obras. 2.ed. Madrid: BAC, 1965, v.X, p.341. 18) SANT’AMBROGIO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., v.57-62. 19) Cfr. SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Homilia XXVII, n.3. In: Obras. Homilías sobre el Evangelio de San Mateo (1-45). 2.ed. Madrid: BAC, 2007, p.561. 20) SANT’AGOSTINO, op. cit., p.341. 21) SAN CIRILLO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., v.57-62. 22) SAN BASILIO DI CESAREA. Sobre el bautismo, 1, 4, apud ODEN; JUST, op.cit., p.242-243. 23) SAN CIPRIANO DI CARTAGINE. Exhortación al martirio, dirigida a Fortunato, 7, apud ODEN; JUST, op. cit., p.243. 24) SAN NILO, IL VECCHIO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., v.57-62.
Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.
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