Gesù insegna agli Apostoli

Vangelo

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: 15 “Se Mi amate, osserverete i miei Comandamenti. 16 Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, 17 lo Spirito di Verità che il mondo non può ricevere, perché non Lo vede e non Lo conosce. Voi Lo conoscete, perché Egli dimora presso di voi e sarà in voi. 18 Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. 19 Ancora un poco e il mondo non Mi vedrà più; voi invece Mi vedrete, perché Io vivo e voi vivrete. 20 In quel giorno voi saprete che Io sono nel Padre e voi in Me e Io in voi. 21 Chi accoglie i miei Comandamenti e li osserva, questi Mi ama. Chi Mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’Io lo amerò e Mi manifesterò a lui” (Gv 14, 15-21).

L’amore integro deve essere la causa del bene totale

Mons. João Scognamiglio Clá Dias,EP

Praticare il bene esige compiere i Comandamenti della
Legge di Dio, senza ammettere nessuna concessione al
male. Ma, la condizione per osservare i precetti divini
è la carità. Come raggiungere, allora, questo amore
integro e senza macchia che ci conduce al bene totale?

I – Lo Spirito Santo è l’anima della Chiesa

Meraviglioso è il dono della vita! Tanto ci incantano l’innocenza e l’esuberanza del bambino quanto ci impressiona gravemente la considerazione di un corpo umano senza vita. Inerte, si trova in stato di violenza, di tragedia, discordante dalla sua normalità. Fino a poco prima, si notava in esso come tutte le membra e gli organi, così distinti tra loro, comunque si ordinavano in funzione dell’unità data dall’anima. Assente quest’ultima, il corpo intero entra in decomposizione.

Fonte d’unità, vita e movimento

Quanto avviene nella natura umana è immagine di un qualcosa di molto più elevato e misterioso: la relazione della Chiesa con lo Spirito Santo. A questo proposito, Sant’Agostino precisa: “Ciò che è il nostro spirito, cioè, la nostra anima in relazione alle nostre membra, così è lo Spirito Santo in relazione ai membri di Cristo, al Corpo di Cristo che è la Chiesa”.1

Infatti, lo Spirito Santo è propriamente l’anima della Chiesa nel senso in cui non le comunica il suo essere sostantivo divino, ma le dà unità, vita e movimento. Non solo questo, ma Egli la santifica, promuove la sua crescita e splendore, facendo di lei “il Tempio del Dio Vivo” (II Cor 6, 16).

In tal modo questo corpo morale straordinario, che è la Chiesa, ha una vera vitalità soprannaturale solo per azione dello Spirito Santo. È quanto afferma Papa Paolo VI: “Lo Spirito Santo abita nei credenti, riempie e regge tutta la Chiesa, realizza quella meravigliosa comunione dei fedeli e unisce tutti così intimamente in Cristo, che è principio dell’unità della Chiesa”.2

Azione santificatore nelle anime

In Gesù Cristo, l’unione della natura divina con quella umana ha per ipostasi il Verbo, la Seconda Persona della Santissima Trinità. Nelle anime dei giusti, la grazia santificante, che ci rende partecipi della natura divina, è attribuita per appropriazione al Divino Spirito Santo.3 È, pertanto, Lui il promotore della nostra divinizzazione (con la “d” minuscola), della nostra unione con Dio. “Nel cristiano” – spiega padre Royo Marín – “l’inabitazione equivale all’unione ipostatica nella persona di Cristo, nonostante non sia essa, ma la grazia santificante, che ci costituisce formalmente figli adottivi di Dio. La grazia santificante penetra e imbeve formalmente la nostra anima, divinizzandola, ma la divina inabitazione è
come l’incarnazione dell’assolutamente divino nelle nostre anime: dello stesso essere di Dio tale come è in Se stesso, uno in essenza e trino in persone”.4

Per valersi delle grazie della commemorazione della Pentecoste, che si avvicina, la Liturgia di questa domenica ci invita a considerare la meraviglia dell’azione santificatrice dello Spirito Santo nelle nostre anime. Quanto ha bisogno il mondo, nella situazione attuale, di un suo soffio speciale per mutare i cuori e rinnovare completamente la faccia della Terra! È in questa prospettiva che dobbiamo riflettere sulle sublimi parole del Divino Maestro, proposte dalla Chiesa alla nostra elevata meditazione in questo giorno.

II – L’amore, condizione perché si compia la Legge

Il passo del Vangelo considerato oggi, integra il grande “Discorso della Cena” pronunciato da Gesù al termine del banchetto pasquale, dopo che Giuda Iscariota si era ritirato per consumare il suo tradimento (cfr. Gv 13, 31–17, 26). San Giovanni è stato l’unico Evangelista a consegnare questo discorso, forse il più bello e più mirabile proferito dalle adorabili labbra del Redentore.

L’umiltà manifestata momenti prima da Cristo nel lavare i piedi di ognuno dei suoi discepoli – che poco prima disputavano il primo posto… – aveva inciso nelle loro anime una profonda impressione della bontà divina e allo stesso tempo aveva reso più intensa in loro la coscienza della propria indegnità. D’altro lato, è probabile che il commovente annuncio del tradimento di uno di loro li aveva lasciati sconcertati e terrorizzati. Infine, l’istituzione della Sacra Eucaristia, grande Sacramento d’amore, aveva stretto ancor più i lacci che li univano al Signore, incutendo loro fiducia e aprendo loro gli orizzonti della vita eterna.

“Il fatto che Gesù abbia parlato soltanto ai suoi Apostoli, che aveva appena istituito sacerdoti e a cui aveva comunicato il suo Corpo e Sangue” – commenta Gomá y Tomás – “e che fosse l’ultimo colloquio che avrebbe avuto con loro prima della sua Morte […] conferisce un rilievo straordinario a questo discorso. In esso il Divino Maestro ha aperto completamente il suo pensiero e il suo cuore, dando loro quello che potremmo definire la quintessenza del Vangelo”.5

 

Gesù lava i piedi agli Apostoli

15 “Se Mi amate, osserverete i miei Comandamenti”.

Quando contempliamo una bella immagine della Madonna, rimaniamo estasiati dall’espressione che l’artista ha saputo imprimere ai tratti della fisionomia, mettendo in risalto questa o quella virtù al fine di stimolare la devozione dei fedeli. Tuttavia, basterebbe un graffio sul volto per squalificare l’opera intera.

San Tommaso, ripetendo il principio di Dionigi l’Areopagita, ci insegna che il bene procede da una causa integra, mentre il male, da un qualche difetto: “bonum est ex integra causa, malum autem ex singularibus defectibus”.6 E se desideriamo la perfezione in una immagine della Madonna, dobbiamo volerla anche, per coerenza, nel bene che pratichiamo, poiché se in esso ci fosse qualche difetto, sarebbe già presente il male. Dobbiamo, dunque, sforzarci di praticare i Comandamenti nella loro integrità.

Plinio Corrêa de Oliveira con abito da Prima Comunione

Il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira dà una significativa testimonianza a questo riguardo, ricordando le sue entusiastiche reazioni durante le lezioni di Catechismo sui Dieci Comandamenti: “Come sono belli e leniscono l’anima! Mi ricordo – tanti anni fa! – di quando li ho appresi; li recitavo a memoria e mi dicevo: ‘Che bella cosa! Non dire falsa testimonianza, non rubare, onora il padre e la madre, ama Dio sopra tutte le cose, non nominare il suo Santo Nome invano, ecc’… E, incantato, pensavo: ‘Se tutte le persone agissero così, come il mondo sarebbe bello e diverso dell’attuale!’”.7

Se amiamo questi divini precetti con l’impeto e la forza che si aspetta da noi il Creatore, avremo maggior facilità ad osservarli, perché prima di tutto è necessario amare, come si legge nel Deuteronomio: “Cosa ti chiede il Signore tuo Dio, se non che tu tema il Signore tuo Dio, che tu cammini per tutte le sue vie, che tu l’ami e serva il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima, che tu osservi i Comandamenti del Signore e le sue Leggi, che oggi ti do per il tuo bene?” (10, 12-13). Dobbiamo, dunque, accogliere nel nostro cuore e amare i suoi Comandamenti, ossia, non basta cercare di capirli razionalmente. Provando un vero amore ed entusiasmo per il Supremo Legislatore, vedremo come è bella la pratica della virtù e come è orrenda qualunque offesa a Lui.

Ora, come avere questo amore e dove trovare le forze per compiere integralmente tale desiderio di Nostro Signore?

III – Preparazione per la discesa dello Spirito Santo

16 “Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore perché
rimanga con voi per sempre,…”

Il termine Consolatore – Paraclito, traduzione dell’originale greco Parakletos – significa etimologicamente “chiamato ad aiutare”, come il vocabolo latino Advocatus. Quando si riferisce allo Spirito Santo come Consolatore, Nostro Signore impiega questa parola nel senso di Avvocato. È propria dell’avvocato la funzione di difendere in giudizio la causa dei suoi clienti, presentando tutti gli argomenti e le prove affinché questi non siano condannati.

Ora, data la contingenza umana, tutti commettiamo mancanze. Come afferma San Giovanni – ad eccezione soltanto della Madonna e dello stesso Gesù Cristo, Uomo Dio –, chi dice che non ha peccato è un bugiardo (cfr. I Gv 1, 8).

Così, tutti siamo rei e, a ragione, temiamo la giustizia divina. Come ci presenteremo noi davanti al Giudice con queste lacune, senza possedere l’integrità di cui ci parla il versetto precedente? Per questa ragione, il Divino Pastore ci promette di inviare il Consolatore per
aiutarci nella pratica della Legge.

Santa Teresa di Gesù Bambino

Infatti, quando agiamo bene, dobbiamo avere la certezza assoluta che la nostra buona azione non è frutto della nostra povera natura decaduta, quanto dell’indispensabile ausilio della grazia divina. Santa Teresa di Gesù Bambino sperimentava chiaramente questa insufficienza scrivendo: “Si sente che far del bene è tanto impossibile senza il soccorso del Signore, quanto far brillare il sole in piena notte”.8

Questo Consolatore, afferma ancora Nostro Signore, rimarrà per sempre con noi. Ossia, continuerà ad agire incessantemente, a proteggere e a consolare, anche se non nella stessa intensità, e a volte in modo impercettibile. Tocca a noi, così, ascoltare quello che Lui ci dice nel fondo dell’anima, seguendo i principi e i dettami della nostra coscienza. Anche per questo, abbiamo necessità di una grazia divina. Se saremo fedeli a queste ispirazioni, avremo un Avvocato contro le accuse presentate dalla nostra coscienza e quelle che il demonio farà a ognuno di noi, nel Giudizio Particolare.

Opposizione tra lo Spirito Santo e il mondo

17a “…lo Spirito di Verità che il mondo non può ricevere, perché
non Lo vede e non Lo conosce”.

Che cosa porta il mondo a non vedere né conoscere lo Spirito della Verità?

Chi decide di seguire dei principi contrari alla Legge di Dio, cerca di deformare e acquietare la sua coscienza, per non udire la voce dello Spirito Santo che continuamente gli indica la retta via della virtù e della santità alla quale tutti – senza eccezione alcuna – siamo chiamati, secondo la dottrina resa ben esplicita dal Concilio Vaticano II: “Il Signore Gesù, maestro e modello divino di ogni perfezione, a tutti e a ciascuno dei suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato quella santità di vita, di cui egli stesso è autore e perfezionatore: ‘Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste’ (Mt 5, 48). […] È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità”. 9

Partecipare alla relazione tra le tre Persone divine

17b “Voi Lo conoscete, perché Egli dimora presso di voi e sarà in
voi. 18 Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. 19 Ancora un poco e il mondo non Mi vedrà più; voi invece Mi vedrete, perché Io vivo e voi vivrete. 20 In quel giorno voi saprete che Io sono nel Padre e voi in Me e Io in voi”.

La scena è emozionante. In questo discorso di commiato, Nostro Signore vuole mettere in chiaro che ogni battezzato, fa parte di questo rapporto  di familiarità tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Come il Padre è nel Figlio, la Trinità sarà in me, se io amerò Dio e compirò la Legge. Lo Spirito Santo sarà in me, e sarò Suo tempio vivo.

Come dobbiamo, dunque, aver cura di questo tempio, di questo tabernacolo che siamo noi stessi, non permettendo mai che in lui entri il disordine del peccato!

Santissima Trinità

Non esiste amore senza umiltà

21a “Chi accoglie i miei Comandamenti e li osserva, questi Mi ama”.

Qui il Divino Maestro riprende l’idea dell’inizio del Vangelo di questa domenica: amare Dio sopra tutte le cose significa praticare i Comandamenti. In questo consiste la prova del vero amore.

Ora, possiamo dire che la base fondamentale per accogliere i Comandamenti della Legge di Dio si chiama umiltà. L’orgoglioso confida in sé, si giudica capace di tutto, per questo, non vedrà la necessità di credere in un Dio onnipotente. Per accogliere i Comandamenti, si deve respingere quello a cui la natura umana decaduta aspira: esser considerata un dio. A partire dal momento in cui la persona si inclina al peccato, comincia a cedere in materia di orgoglio o di sensualità, e se non riceve una protezione molto speciale della grazia, ella andrà fino all’ultimo limite del male. Osserva a questo proposito il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira: “Come i cataclismi, le cattive passioni hanno una forza immensa, ma per distruggere. Questa forza ha già potenzialmente, nel primo istante delle sue grandi esplosioni, tutta la virulenza che si manifesterà più tardi nei suoi peggiori eccessi”.10

Il pericolo delle concessioni

Infatti, le concessioni al peccato si comparano a una piccola palla di neve che si stacca dalla cima della montagna, va crescendo a mano a mano che scende e finisce per provocare una valanga. Apparentemente insignificanti al principio, se non sono combattute, possono portare l’anima all’estremo di questa assurda pretesa: “Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell’assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo” (Is 14, 13-14). Il delirio di voler essere Dio è incrostato in ogni difetto consentito. La tentazione proposta a Eva dal demonio, incitandola a mangiare del frutto proibito, lo illustra bene: “quando voi ne mangiaste […] diventereste come Dio” (Gen 3, 5). Mangiare del frutto dell’albero della scienza del bene e del male era l’unica proibizione che c’era nel Paradiso! Malgrado ciò, Adamo cadde, e il suo peccato produsse, secondo Lacordaire, “effetti disastrosi, tali come l’oscuramento dello spirito, l’indebolimento della volontà, il predominio del corpo sull’anima e dei sensi sulla ragione, conseguenze deplorevoli che ci sono per di più rivelate dall’esperienza che facciamo, in noi stessi, dell’impero del peccato”.11

Fino ad oggi l’umanità intera soffre le conseguenze di questa prima trasgressione a un ordine di Dio, commessa nel Paradiso. Il Signore Gesù ha dovuto incarnarSi e volontariamente spargere tutto il suo Sangue per ripararla. Qui si misura quanto necessitiamo di vita interiore, di preghiera e di vigilanza per eliminare subito al suo sorgere quanto possa condurci al peccato.

Il contrario di questa situazione ci è dato dal meraviglioso invito del versetto seguente.

Un’idea sbagliata di teofania

21b “Chi Mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’Io lo amerò e Mi manifesterò a lui”.

Gli Apostoli, ancora troppo influenzati dalla falsa concezione messianica vigente in Israele, erano in attesa di una manifestazione straordinaria di Nostro Signore per il mondo intero, come era avvenuto a volte nell’Antico Testamento. Immaginavano così una glorificazione terrena di Gesù, il quale sarebbe stato riconosciuto dal popolo come il Messia liberatore.

Meri interessi mondani in questi uomini, chiamati, nondimeno, a essere i pilastri, i fondamenti della Santa Chiesa Cattolica Apostolica e Romana!

Ora, una dimostrazione inequivocabile della divinità di Gesù avrebbe reso la Fede meno meritoria. Ascoltare, fra tremori di terra, nuvole di fumo che si alzano dalla montagna, squilli di trombe, una voce che proclama: “Io sono il Dio di Israele…”, avrebbe portato a un’accettazione del Messia più per l’evidenza che per la Fede, il che sarebbe risultato inutile. Infatti, non erano già sufficienti gli innumerevoli miracoli fatti dal Divino Maestro davanti alle folle? Quanti ciechi vedevano, quanti paralitici camminavano, quanti lebbrosi furono mondati! Senza contare le moltiplicazioni dei pani e dei pesci. A tutto, il popolo aveva assistito con cuore indurito. Per caso, nella suprema ora della Passione, qualcuno di questi miracolati da Gesù – e furono molti! – si è alzato per difendere il suo grande Benefattore?

Era necessaria una conversione, un cambio di mentalità di quel popolo. Quando Nostro Signore disse che Si sarebbe manifestato a chi avesse osservato la sua parola e Lo avesse amato, causò sorpresa negli Apostoli, come ci è rivelato dalla domanda fatta subito dopo da Giuda Taddeo: “Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?” (Gv 14, 22). E la voce di questo Apostolo non era che una eco del pensiero degli altri, come abbiamo udito poco prima Filippo chiedere: “Signore, mostraci il Padre” (Gv 14, 8), e Tommaso indagare: “Ma, Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?” (Gv 14, 5).

La manifestazione di Gesù a chi Lo ama

Preoccupati di presenziare a qualcosa di strepitoso, gli Apostoli non vedevano la grandiosa sublimità che si svolgeva davanti a loro. Commenta Royo Marín: “Rivelandoci la sua vita intima e i grandi misteri della grazia e della gloria, Dio ci fa vedere le cose, per così dire, dal suo punto di vista divino, tale come Egli le vede. Ci fa percepire armonie del tutto soprannaturali e divine che nessuna intelligenza umana, neppure angelica, sarebbe mai riuscita a percepire naturalmente”.12

L’Annunciazione

Veniva svelata dalla fede una meravigliosa realtà spirituale. “La fede infusa” – commenta Garrigou-Lagrange –, “grazie alla quale crediamo in tutto quanto Dio ci ha rivelato, perché Egli è la propria Verità, è come un senso spirituale superiore che ci permette di udire un’armonia divina, inaccessibile a qualsiasi altro mezzo di conoscenza. La fede infusa è come una percezione superiore dell’orecchio, per l’ascolto di una sinfonia spirituale che ha
Dio come Autore”.13

Nostro Signore ci promette qui la maggiore delle ricompense, che Egli rende esplicita ancor più nel versetto seguente: “Se uno Mi ama, osserverà la Mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 23).

Infatti, che cosa si potrebbe dare di più all’uomo, oltre che trasformarlo in casa del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo? Più di questo, impossibile. Dice San Tommaso14 che Dio potrebbe aver creato tutto in forma più bella, più eccellente, ad eccezione di tre creature: Gesù, nella sua umanità santissima; Maria, nella sua umanità e santità perfettissima e la visione beatifica. Ora, qui Gesù ci dice che già su questa Terra cominciamo ad esser casa del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, avendo pertanto una vita incoativa, semente di gloria posta nella nostra anima, che si dispiegherà per intero nell’eternità.

In questo consiste la manifestazione di Nostro Signore a chi ama e osserva la sua parola: sarà trasformato in un tabernacolo della Santissima Trinità! Senza fenomeni straordinari, nel silenzio, nel raccoglimento, qualcosa di indicibile succederà tra le tre Persone della Santissima Trinità e l’anima. Quante volte non sentiamo nel fondo dell’anima la presenza del Signore Gesù, per esempio, quando per amore a Lui resistiamo alla tentazione e evitiamo il peccato?

IV – Chiediamo a Maria la venuta del suo Divino Sposo

La Liturgia della 6ª Domenica di Pasqua, insistendo sulla necessità dell’amore per il compimento della Legge, ci invita ad essere sempre aperti alle ispirazioni del Consolatore, di conseguenza, essere più mansueti e buoni, interamente flessibili e desiderosi di far bene a tutti.

Ancora la Divina Provvidenza, per misericordia, ci concede una incomparabile Interceditrice che mai Si stancherà di aiutarci: “Maria è la porta orientale da dove esce il Sole di Giustizia, la porta aperta al peccatore dalla misericordia […]. Essa si aprirà e non si chiuderà. Il popolo si approssimerà senza timore. Glorificando la Madre del Signore, egli Lo adorerà. Ricorrendo a Maria e prestandoLe i suoi omaggi, coglierà i frutti dell’olocausto offerto da Gesù”.15

Chiediamo alla divina Sposa del Paraclito, Madre e Madonna nostra, che ci ottenga la grazia della venuta quanto prima di questo Spirito rigeneratore alle nostre anime, come supplica la Santa Chiesa: “Emitte Spiritum tuum et creabuntur, et renovabis faciem terræ – Mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della Terra” (cfr. Sl 104, 30).

Tutto, pertanto, sta alla nostra portata per essere quello che dobbiamo essere e ricevere così il premio immeritato del convivio eterno con la Santissima Trinità.

1) SANT’AGOSTINO. Sermo CCLXVIII. In die Pentecostes, II, n.2. 
In: Obras. Madrid:BAC, 1983, v.XXIV, p.737.

2) PAOLO VI. Unitatis redintegratio, n.2.

3) Cfr. SAURAS, OP, Emilio. El Cuerpo Místico de Cristo. 2.ed. 
Madrid: BAC, 1956,p.811-814.

4) ROYO MARÍN, OP, Antonio. Somos hijos de Dios. Madrid: BAC, 
1977, p.48.

5) GOMÁ Y TOMÁS, Isidro. El Evangelio explicado. Pasión y Muerte. 
Resurrección y vida gloriosa de Jesús. Barcelona: Rafael Casulleras,
1930, v.IV, p.196.

6) SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. II-II, q.79, a.3, ad 4.

7) CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Consagração a Nossa Senhora e a 
graça divina - I. In: Dr. Plinio. São Paulo. Anno VIII. N.89 
Ago., 2005); p.24.

8) SANTA TERESA DE LISIEUX. Manuscrito C. O alimento das noviças. 
In: Obras Completas. São Paulo: Paulus, 2002, p.203.

9) CONCILIO VATICANO II. Lumen gentium, n.40.

10) CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Revolução e Contra-Revolução. 
5.ed. São Paulo:Retornarei, 2002, p.44.

11) LACORDAIRE, OP, Henri-Dominique. Conférence LXIV. Des signes de
la chute dans l’humanité. In: Conférences de Notre-Dame de Paris. 
Paris: J. de Gigord, 1921, t.IV, p.312.

12) ROYO MARÍN, OP, Antonio. Teología de la perfección cristiana. 
Madrid: BAC, 2006, p.475.

13) GARRIGOU-LAGRANGE, OP, Réginald. Les trois âges de la vie 
intérieure. Paris: Du Cerf, 1955, v.I, p.67.

14) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., I, q.25, a.6, ad 4.

15) JOURDAIN, Zèphy-Clément. Somme des grandeurs de Marie. 2.ed. 
Paris: Hippolyte Walzer, 1900, t.I, p.694.

Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.