Vangelo
1 Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare il sepolcro. 2 Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un Angelo del Signore, sceso dal Cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. 3 Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. 4 Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite. 5 Ma l’Angelo disse alle donne: “Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. 6 Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. 7 Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là Lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto”. 8 Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annunzio ai suoi discepoli. 9 Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: “Salute a voi”. Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e Lo adorarono!” 10 Allora Gesù disse loro: “Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là Mi vedranno”
(Mt 28, 1-10)
Il premio concesso a coloro che amano di più
La mattina della domenica le donne sono accorse al sepolcro per prestare l’ultimo omaggio al Corpo del Signore. E Gesù stesso, desiderando ricompensarle, è andato loro incontro annunciando le gioie della Pasqua.
I – La prima Pasqua
L’origine della Solennità della Pasqua risale all’Antico Testamento, quando gli israeliti sono usciti dalla schiavitù dell’Egitto dopo quattro secoli di cattività. Dopo aver inflitto diversi castighi agli egizi con l’intento di persuaderli a lasciar partire il suo popolo, siccome il Faraone non si commuoveva, Dio ha deciso che un Angelo sterminatore mietesse la vita di tutti i primogeniti del Paese, degli uomini e persino degli animali. Tuttavia, non ha permesso che i discendenti di Abramo fossero colpiti. Ha deciso che gli stipiti e gli architravi delle porte delle case fossero segnati con il sangue dell’agnello consumato nella cena di quella notte, in modo da essere risparmiati (cfr. Es 12, 12-13). Così terribile è stata l’esecuzione, che non solo le autorità hanno acconsentito alla partenza dei figli di Israele, ma anche la popolazione lo ha supplicato, riconoscendo che c’era stato un fattore sovrumano in questi avvenimenti . Gli ebrei si sono messi in marcia, senza indugio, verso il Mar Rosso, che si è aperto miracolosamente, dando loro la possibilità di attraversarlo a piedi asciutti (cfr. Es 14, 21-22).
Questo episodio di grande importanza nella Storia della salvezza è stato chiamato Pasqua, che vuol dire passaggio, cioè, il Signore è passato avanti e non ha ferito gli ebrei, dando loro la possibilità di accesso all’anelata libertà sociale e politica. Per perpetuare il ricordo di quest’avvenimento, Egli ha ordinato la sua commemorazione annuale, come sta scritto nel Libro dell’Esodo: “Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli Israeliti, di generazione in generazione. […] Ricordati di questo giorno, nel quale siete usciti dall’Egitto, dalla condizione servile, perché con mano potente il Signore vi ha fatti uscire di là” (12, 42; 13, 3).
È stata questa l’occasione scelta dal Signore Gesù per risorgere, cambiando il significato della Pasqua antica in un altro infinitamente più elevato. Se il popolo eletto è passato dalla schiavitù alla libertà nella Pasqua, noi, con la Morte e la gloriosa Resurrezione di Gesù, passiamo dalla morte fisica alla vita eterna, e dalla morte del peccato alla resurrezione, con la grazia. Per questo San Girolamo commenta: “Mi sembra che questo giorno sia più raggiante di tutti gli altri, e che in esso il Sole brilli nel mondo con più fulgore, che anche gli astri e tutti gli elementi gioiscano, e quelli che durante la Passione del Signore avevano spento la loro luce e si erano eclissati, non volendo contemplare il loro Creatore crocifisso, tornino a compiere la missione di seguire il loro Signore, che ora Si mostra vittorioso e risorge – se così si può dire – dagli inferni, con tutto il suo splendore”.1
“La madre di tutte le veglie”
La Chiesa, gelosa nel rivestire tale commemorazione con la dovuta pompa, la celebra per cinquanta giorni, considerandoli come uno solo. Iniziano con la celebrazione della Veglia Pasquale, designata da Sant’Agostino come “madre di tutte le sante veglie”,2 e si prolungano come manifestazione della gioia di tutti i cristiani fino alla Domenica di Pentecoste. La cerimonia liturgica di questa Veglia comincia all’esterno del tempio, dopo il calar della notte, con la benedizione del fuoco, con un rito che ha la sua origine nei primi secoli della Chiesa. Questo fuoco nuovo accende il Cero Pasquale, simbolo di Gesù Cristo stesso, che squarcia le tenebre della Legge Antica e della schiavitù al peccato, per portare alle anime la salvezza. Già all’interno del recinto sacro, la fiamma del Cero si estende alle candele di tutti i fedeli lì riuniti come rappresentazione della Chiesa intera con i suoi lumi accesi, in segno di vigilanza, in attesa del Signore.
La scena dell’assemblea immersa nelle tenebre ci porta a rivivere per alcuni istanti la lunga attesa dell’umanità fino all’avvento di Nostro Signore Gesù Cristo. In questi secoli ci sono state atroci sofferenze, suppliche, e sono state versate molte lacrime. Si sarebbero queste trasformate in gioia? Le promesse divine indicavano di sì. Questa sarebbe venuta non per lo sforzo o per un merito acquisito, ma col perdono. Non era possibile che il mondo fosse redento senza un grandioso atto di misericordia, indispensabile per purificare il genere umano dalla colpa originale e dai peccati attuali. La sequenza delle letture proposta per la Solennità di oggi indica le vie per le quali Dio ha condotto il suo popolo, con l’intento di educarlo, fino a operare la Redenzione. Siccome ci addentreremo in queste considerazioni, potremo confermare la sapienza con cui la Provvidenza ha formato nella virtù i suoi eletti, partendo sempre dal principio – e questo è il buon cammino teologico – che dice: se Lui ha fatto così, è stato il meglio.
Una sintesi della Storia della salvezza
La prima lettura (Gen 1, 1–2, 2) si sintetizza in due punti, il primo dei quali la gradualità con cui Dio crea tutte le cose per modellare l’uomo come ultimo. Questo modo gerarchico dell’operare divino rende evidente che la creatura fatta a sua immagine e somiglianza è superiore alle altre creature visibili, cosa che aiuta l’uomo a non cadere nell’idolatria. Il riposo riservato al settimo giorno, poi, ricorda che si deve lavorare applicando lo sforzo sulla natura, per darle una luce ancora più grande di quando è uscita dalle mani del Creatore, ma senza dimenticarsi che tutto deve essere fatto per amor di Dio. Tuttavia, è necessario aver presente che la bellezza descritta in questo passo della Genesi è infima accanto allo splendore della Pasqua di Nostro Signore Gesù Cristo, come chiede l’orazione corrispondente a questa lettura: “illumina i figli da Te redenti perché comprendano che, se fu grande all’inizio la creazione del mondo, ben più grande, nella pienezza dei tempi, fu l’opera della nostra redenzione, nel sacrificio pasquale di Cristo Signore”.3
A seguire, nella seconda lettura (Gen 22, 1-18), vediamo l’intera disponibilità di Abramo a offrire suo figlio Isacco in sacrificio, obbedendo alla decisione divina. Il figlio era già morto nel cuore del patriarca quando l’Angelo gli trattenne il braccio, prima che sferrasse il colpo. Isacco, che era condannato, per così dire resuscita, composizione questa evocativa della Morte e Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.
La terza lettura (Es 14, 15–15, 1) evidenzia quanto la vittoria dei buoni dipenda dall’intervento di Dio, soprattutto perché si tratta di un popolo scelto e protetto da Lui, come in questo caso in cui i giudei sono difesi dall’ira del Faraone con un prodigio mirabile, prefigurazione di un altro ancora più grande. Infatti, se ci impressioniamo per l’imponenza di Mosè che alza il suo vincastro per aprire le acque del Mar Rosso, abbiamo in questo qualcosa di meno altisonante del miracolo realizzato nella pila battesimale. La quarta lettura (Is 54, 5-14), in contropartita, presenta gli israeliti in cattività, come castigo per la loro infedeltà. In modo analogo, l’umanità prima della Redenzione viveva in un meritato esilio per il peccato originale, ma Dio, come ci trasmette la quinta lettura (Is 55, 1-11), promette di inviare un torrente di grazie che verrà dopo la Resurrezione. Quello che Lui spera da noi è soltanto la richiesta di perdono e l’anima interamente aperta ad accogliere i suoi doni.
Già nella sesta lettura, il profeta Baruc (3, 9-15.32–4, 4) fa un elogio alla sapienza – identificandola con la pratica dei Comandamenti – e mostra come vivere in intera conformità con essa sia uno dei maggiori doni ricevuti in questa vita. Questo ci suggerisce un contrasto con i giorni attuali, in cui gli uomini cercano avidamente il piacere e ignorano che la vera gioia si trova nel possesso della sapienza.
Infine, Ezechiele (36, 16-17a.18-28) annuncia l’iniziativa divina di lavare il popolo dalle sue iniquità, concedendo una grazia sovrabbondante per esaltare la santità del proprio nome. In questo misericordioso atteggiamento di Dio, a dispetto dei nostri meriti nulli, è profetizzata la fondazione di una nuova Era storica nata dai frutti della Passione, Morte e Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Dopo aver seguito i principali episodi della storia del popolo eletto, simbolo della peregrinazione del genere umano per le vie del peccato fino all’Incarnazione, siamo preparati a contemplare il fatto centrale di tutti i tempi, del quale tutto è stato riferito anteriormente è un preannuncio, e che avrebbe chiuso questo periodo di tenebre, rendendo effettive le promesse fatte ai patriarchi e profeti, e aprendo per sempre agli uomini le porte dell’eternità, chiuse dalla trasgressione commessa dai nostri progenitori.
II – Il solenne annuncio della Resurrezione
1 Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare il sepolcro.
Mosse dall’amore, Maria Maddalena e l’altra Maria si dirigevano al sepolcro per terminare la preparazione funebre del Corpo sacro e adorabile di Nostro Signore Gesù Cristo (cfr. Mc 16, 1; Lc 24, 1). Erano preoccupate che i preparativi fatti il venerdì non fossero stati sufficienti a causa dell’urgenza di concludere il compito prima dell’inizio del riposo sabbatico (cfr. Gv 19, 38-42). Dalla narrazione di San Marco (16, 1) e di San Luca (24, 10), sappiamo che anche altre donne si sono unite a loro, poiché erano molte quelle che desideravano offrire al Divino Maestro ciò che c’era di meglio, soprattutto considerando che il gruppo era formato da donne ricche (cfr. Lc 8, 3), e che Maria Maddalena possedeva una delle maggiori fortune di Israele. È probabile che abbiano speso una somma “deplorevole”, secondo i criteri di Giuda, molto superiore ai trecento denari utilizzati per l’acquisto del profumo di nardo puro con il quale Maria Maddalena aveva unto i piedi di Gesù (cfr. Gv 12, 3-6), suscitando la denuncia del traditore.
Traspare in questa scena, specialmente in Santa Maria Maddalena – che deve essere stata colei che ha smosso l’altra col suo entusiasmo –, l’amore portato alle estreme conseguenze. Lei era un’anima di elezione, la sua carità non conosceva limiti, nonostante le debolezze della vita passata di cui era già stata perdonata. A mano a mano che si è consolidata in questo amore, si è identificata anche di più con il Maestro, disposta a fare tutto per Lui.
Infatti, in pochi personaggi del Vangelo incontriamo una reciprocità così perfetta riguardo a Gesù come nella sorella di Lazzaro e Marta, e per questo motivo lei è un modello d’amore. Amore vigile e sollecito, che non fa economia e affronta qualsiasi situazione; amore che la incita alla preoccupazione per quello che capitava all’Amato; amore che non ha rispetto umano, poiché mentre gli Apostoli stanno nascosti, lei non risparmia sforzi né sacrifici, decisa anche a rotolare la pietra del sepolcro con le mani, discutere con le guardie, implorare e provocare un tumulto, se fosse stato necessario. Perché? Lei desidera imbalsamare il Corpo di Colui che adora: “L’amore di Maddalena la rende intrepida: né il silenzio della notte, né la solitudine del luogo, né la dimora dei morti, né l’apparizione degli spiriti la spaventano; lei teme soltanto di non vedere il Corpo del suo Maestro per renderGli l’ultimo omaggio”.4
È difficile meditare su questo passo senza soffermarci per un breve esame di coscienza: abbiamo noi riguardo a Nostro Signore questo grado di ardore in cui nulla è un ostacolo per glorificarLo, siamo vigilanti di fronte a quanto possa essere fatto contro di Lui?
Portentosi segnali della Resurrezione del Signore
2 Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un Angelo del Signore, sceso dal Cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. 3 Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. 4 Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite.
La descrizione di questi versetti è portentosa, e anche più dettagliata di quella degli altri tre Vangeli per quanto riguarda i fenomeni avvenuti nel sepolcro. San Matteo – contrariamente agli altri evangelisti – s’impegna a far risaltare l’aspetto grandioso della Resurrezione: nella sua narrazione, il forte terremoto sembra un episodio dell’Antico Testamento, e l’Angelo che scende dal Cielo, si avvicina, toglie la pietra e su di essa si siede, ha una magnificenza particolare. Il semplice fatto di definirlo “come la folgore” e che le sue vesti erano “bianche come neve”, ci dà una nozione dell’imponenza del momento.
Costituiscono un arricchimento, i commenti tessuti da San Girolamo: “Nostro Signore, Figlio unico di Dio e, allo stesso tempo, Figlio dell’Uomo secondo le sue due nature, quella della divinità e quella della carne, mostra ora i segni della sua grandezza, ora quelli della sua umiltà. Per questo anche nel presente passo, sebbene sia un Uomo crocefisso, seppellito […], i fatti esteriori che si sono verificati manifestano che è il Figlio di Dio: il Sole che fugge, le tenebre che cadono, il terremoto, il velo strappato, le rocce in frantumi, i morti resuscitati, i servizi prestati dagli Angeli, che dall’inizio della sua Natività dimostravano che è Dio. […] Ora viene anche un Angelo (Mc 16, 5) come guardiano del sepolcro del Signore e con la sua ve ste bianca indica la gloria del Trionfatore”.5
È, dunque, comprensibile che le guardie si siano terrorizzate, al punto da svenire. A prescindere dalla paura che si è impossessata di loro a seguito della Resurrezione – secondo l’interpretazione di vari Padri, tra cui San Giovanni Crisostomo6 –, hanno visto frustrato l’obiettivo che li aveva portati presso il sepolcro: dimostrare che l’Uomo-Dio era soltanto un mortale. Ora, di controvoglia e per loro castigo, essi si sono convertiti in testimoni oculari del più grande prodigio avvenuto nella Storia e, inoltre, il fatto di essere stati loro ad aver sigillato e vigilato il sepolcro aumenta l’umiliazione inflitta con il miracolo, ma anche la colpa di negarlo di lì in poi.
Nostro Signore non si dimentica di chi ama
5 Ma l’Angelo disse alle donne: “Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. 6 Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. 7 Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là Lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto”.
Nonostante questa manifestazione grandiosa, non siamo più nell’Antico Testamento, quando l’apparizione di un Angelo era considerata il preannuncio immediato di morte. Il messaggero celeste sa trattare in maniera adeguata ogni creatura umana e dice alle donne: “Non abbiate paura!”. In verità, dopo tutto quello che era appena successo non mancavano i motivi per temere, ma egli fa capire che disegni superiori aleggiavano sopra quegli avvenimenti, portatori di speranza. Le prepara così ad accogliere l’annuncio che contiene l’essenza del Vangelo selezionato per questa solenne cerimonia: “È risorto, come aveva detto!”.
Anche se lo stupendo miracolo della Resurrezione era stato predetto da Nostro Signore, le sue parole non hanno trovato un’eco sufficiente nell’anima di quelli che Lo avevano seguito negli anni della vita pubblica, cadendo nella dimenticanza di fronte alle apparenze contrarie presenziate nella Passione. Intanto, era già ora di ricordare questa profezia: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” (Gv 2, 19). Con queste parole Egli Si è riferito al suo stesso Corpo, che sarebbe passato per la Morte e Resurrezione. Ricordiamoci che tanto il suo sacro Corpo quanto la sua Anima, anche stando separati dalla morte, sono rimasti uniti ipostaticamente alla divinità, per il cui potere entrambi si sono riassunti mutuamente nel momento della Resurrezione. Il Redentore ha compiuto la promessa, resuscitando con tutte le caratteristiche che aveva posseduto nella vita mortale, accresciute di gloria.
Pregustando la fase di espansione della Chiesa che tra breve sarebbe iniziata, l’Angelo trasmette alle donne un’incombenza: comunicare ai discepoli la notizia della Resurrezione, perché, estremamente scoraggiati e sicuramente contriti per la loro stessa prevaricazione, la Morte di Nostro Signore avrebbe potuto dare loro l’idea che Egli si fosse dimenticato di quelli che stimava. Magari pensavano che, una volta partito da questo mondo, Gesù Si sarebbe allontanato per non convivere più con i suoi. Vediamo che l’Angelo smentisce queste impressioni false con l’avviso di un nuovo incontro in Galilea, facendo chiaramente intendere quanto il Maestro li ami nonostante tutte le infedeltà.
Un misto di paura e gioia
8 Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annunzio ai suoi discepoli.
Le donne, che accompagnavano sempre Nostro Signore ovunque Egli fosse, erano abituate a vederLo uscire bene da tutte le circostanze. È quello che si è verificato, per esempio, quando il paralitico sceso dal tetto è stato guarito e i suoi peccati sono stati perdonati, lasciando gli avversari del Divino Maestro confusi e furiosi (cfr. Lc 5, 18-26; Mc 2, 3-12; Mt 9, 2-8); o alla moltiplicazione dei pani quando, con l’istinto materno proprio della psicologia femminile, avendo pietà della moltitudine affamata che seguiva Nostro Signore, hanno potuto contemplare meravigliate la sua prodigiosa soluzione in quell’occasione (cfr. Mt 14, 15-21; Mc 6, 35-44; Lc 9, 12-17; Gv 6, 5-14). Episodi simili capitati nel corso della predicazione di Gesù le hanno rafforzate in una fede sincera riguardo a Lui, frutto della rettitudine di chi non ha arrière-pensée o diffidenze proprie di chi fa considerazioni materialiste, dimenticandosi dell’esistenza di fattori soprannaturali che possono spiegare gli avvenimenti straordinari. Animate da un così buono spirito, se ne vanno dal sepolcro, impazienti di trasmettere il messaggio ricevuto. In questo versetto, tuttavia, traspare qualcosa di molto umano: il misto di gioia e paura che le ha invase, nonostante l’avvertimento angelico. La gioia, com’è naturale, veniva dal magnifico annuncio della Resurrezione di Nostro Signore e il timore aveva la sua origine in possibili rappresaglie dei giudei in quella situazione ancora molto instabile. Per estirpare completamente questo timore, nulla di più efficace che un contatto con il Maestro.
L’incontro con Nostro Signore
9 Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: “Salute a voi”. Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono.
Nell’intento di incoraggiare le Sante Donne, lo stesso Gesù ha preso l’iniziativa di andare loro incontro, mostrando che Egli va alla ricerca di quanti realmente Lo amano. Ed ecco che la sua prima parola è “Salute a voi!”, per permettere, in seguito, che Gli abbracciassero i piedi.
L’insieme dei particolari negli altri racconti evangelici su questo passo suggerisce l’ipotesi che Maria Maddalena non fosse insieme alle donne in quel momento, ma da sola, in cerca di Nostro Signore (cfr. Mc 16, 9-11; Gv 20, 11-18). Tutto indica che l’incontro avuto con Lui sia avvenuto in momenti e luoghi diversi: prima è apparso alla peccatrice pentita, a cui ha ordinato “Non mi trattenere!” (Gv 20, 17), e poi alle altre, mentre correvano. È curioso notare la differenza nel suo divino modo di agire, poiché non ha lasciato che colei la quale aveva “dimostrato molto amore” (Lc 7, 47) manifestasse tutta la sua venerazione, e qui, al contrario, le Sante Donne afferrano i suoi piedi e Lui non oppone resistenza.
Come spiegare quest’apparente paradosso? Santa Maria Maddalena aveva una fede robusta e il Maestro non voleva toglierle il merito. Nel caso lei fosse arrivata a toccarLo – o se avesse indugiato molto nel farlo, come sostengono alcuni autori7 –, avrebbe confermato pienamente che Egli era risorto e non era uno spirito, ma lo stesso Uomo-Dio cui aveva lavato i piedi con le sue lacrime e li aveva asciugati con i suoi capelli (cfr. Lc 7, 37-38). Era come se Gesù le dicesse: “Non toccarMi, perché Io ti riservo un merito maggiore: quello di credere senza verificare”.
Alle altre ha acconsentito di dare sfogo alle proprie manifestazioni di adorazione. Esse avevano già visto uno spirito e la loro prima impressione incontrandoLo come Salvatore sarebbe stata che si trattasse ancora di un essere immateriale, anche perché possedevano una fede meno vigorosa di quella di Maria Maddalena. Inoltre, L’hanno accompagnato continuamente prima della Passione e, mentre gli uomini erano soliti dare meno importanza all’assenza fisica, esse, come donne, erano più sensibili alla separazione e all’abbandono. Avevano bisogno, infatti, di verificare che Gesù era vivo e non le aveva abbandonate.
Abbracciando i piedi del Signore, devono aver visto e baciato i segni dei chiodi, oltre a sentire il suo inconfondibile profumo, ora intensificato in virtù della glorificazione del Corpo. Sono rimaste commosse nel comprendere che la Resurrezione era reale e hanno sperimentato, senza il minimo dubbio, una consolazione straordinaria. Si pone qui un problema sul quale sarà stata la maggior grazia: ottenere il merito di credere senza constatare o poter stringere il Corpo glorioso del Maestro? Lasciamo che i teologi discutano su questa delicata questione, poiché per nessuno sarà facile la scelta, che dipende dal modo di essere di ogni persona.
Araldi della Resurrezione nominate dal Signore
10 Allora Gesù disse loro: “Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là Mi vedranno”.
Dopo l’immenso dono di permettere che toccassero il suo Corpo risorto, Nostro Signore raccomanda “Non temete”, per certificare ancora una volta che Lui non era un fantasma e per infondere loro coraggio di fronte alla prospettiva di una possibile persecuzione intrapresa dai giudei. E lascia un messaggio destinato ai discepoli: che partissero per la Galilea per un incontro, poiché Egli non era sparito. Così, il Salvatore le costituisce araldi per diffondere la Buona novella della Resurrezione, che gli stessi Apostoli ancora non conoscevano.
Che modo di procedere contundente per i modelli stabiliti dalla società dell’epoca! I Dodici, che erano Vescovi e sono stati i primi a comunicare il Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, sono obbligati a ricevere la notizia tramite delle donne! Essi hanno ceduto, sono fuggiti per paura e hanno finito per essere messi ai margini nell’ora della Resurrezione, poiché Gesù ha voluto dare un premio a quelle che non erano venute meno nella carità. Non sarà che, se non ci convertiamo a un amore tanto intenso quanto Egli si aspetta da ognuno, saremo superati da quelli che consideriamo inferiori a noi? Siamo dunque veramente ferventi, perché questo non ci accada!
Gesù convive ancora con loro per quaranta giorni per poi salire nei Cieli, ma compensa la sua assenza inviando lo Spirito Santo e prolunga la sua presenza nel Sacramento dell’Eucaristia, conferma della promessa fatta da Lui prima di partire: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).
III – Fino alla fine dei tempi!
Dopo la Celebrazione della Luce – la Lucernarium – e la Liturgia della Parola, la Veglia Pasquale prosegue con la Liturgia Battesimale e, infine, con la Liturgia Eucaristica.
Evocare il Battesimo in questa cerimonia è molto appropriato, perché per i meriti della Resurrezione di Gesù questo Sacramento ci libera da un sepolcro: quello del peccato e della morte. Tutti moriamo, siamo condotti nel seno della terra, il corpo entra in decomposizione e succede, allora, quello che descrive Giobbe: “Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. Io Lo vedrò, Io stesso, e i miei occhi Lo contempleranno non da straniero” (Gb 19, 26-27). Una volta battezzati, dobbiamo camminare con pace dell’anima verso le soglie dell’eternità, poiché, come insegna San Paolo, se “siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con Lui” (Rm 6, 8). Nel giorno in cui Dio ci chiamerà di nuovo alla vita, se saremo morti in stato di grazia, il corpo sarà ricomposto e rifulgerà con una luce che mai avrebbe ottenuto senza la Resurrezione di Nostro Signore. Egli è risorto dai morti, tra le altre ragioni, per comprare la nostra resurrezione, “poiché come la sua Passione è stata simbolo della nostra antica vita, la sua Resurrezione racchiude il mistero della vita nuova”.8
Come Gesù è apparso alle Sante Donne, appare anche a noi, poiché, sebbene sia salito al Cielo da quasi duemila anni, viene ogni giorno a stare con gli uomini. Le donne hanno avuto il privilegio di vedere direttamente l’Uomo-Dio, ma questa constatazione ha diminuito loro il valore soprannaturale della fede, giacché questa è “prova delle cose che non si vedono” (Eb 11, 1). Affinché possiamo acquistare più merito nella pratica di questa virtù, Egli Si fa presente tra noi sotto le specie del pane e del vino. Dopo le parole della Consacrazione, guardiamo e, a un primo sguardo, diremmo che non è accaduto niente, ma la fede ci assicura che è successo qualcosa d’ineffabile: le specie si sono transustanziate in Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo. Lo stesso Redentore che Si è manifestato alle donne nel giorno della Resurrezione Si trova anche sull’altare, ed è con Lui che ci comunichiamo. Sebbene esse abbiano abbracciato e baciato i suoi piedi, non è stata data loro la grazia di riceverLo nel loro intimo in quel momento.
Per valutare meglio la grandezza di questa realtà, ricordiamoci che l’Eucaristia è il Sacramento per eccellenza, che contiene lo stesso Autore di tutti gli altri. Come rileva il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira, “la nostra anima non può non traboccare di riconoscenza, di estasi e di gratitudine per quello che Nostro Signore ha operato nella Santa Cena. Solamente un’intelligenza divina potrebbe escogitare la Sacra Eucaristia e immaginare questo Sacramento Santissimo come un mezzo di Gesù per rimanere presente in questo mondo, dopo la sua gloriosa Ascensione. Più ancora: per stabilire una comunione intima e insuperabile, tutti i giorni, con tutti gli uomini che Lo vogliano ricevere nei loro cuori. Sì, solo Dio stesso poteva realizzare questo mistero così meraviglioso, quest’opera di misericordia prodigiosa verso le sue creature umane”.9
Sappiamo dunque godere di un così immenso beneficio in questa vita, per renderci partecipi della Resurrezione gloriosa di Cristo, secondo la sua promessa: “Io sono il pane vivo, disceso dal Cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gv 6, 51).
_____________________________________________________________ 1) SAN GIROLAMO. In die Dominica Paschæ. In: Obras Completas. Obras Homiléticas. 2.ed. Madrid: BAC, 2012, v.I, p.989. 2) SANT’AGOSTINO. Sermo CCXIX. In Vigiliis Paschæ, I. In: Obras. 2.ed. Madrid: BAC, 2005, v.XXIV, p.307. 3) VEGLIA PASQUALE. Orazione dopo la prima lettura. In: MESSALE ROMANO. Riformato a norma dei decreti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato dal Papa Paolo VI. Città del Vaticano: L. E. Vaticana, 1983, p.170. 4) DUQUESNE. L’Évangile médité. Paris: Victor Lecoffre, 1904, v.IV, p.386. 5) SAN GIROLAMO. Commento a Matteo. L.IV (22,41-28,20), c.28, n.63. In: Obras Completas. Comentario a Mateo y otros escritos. Madrid: BAC, 2002, v.II, p.415; 417. 6) Cfr. SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Omelia LXXXIX, n.2. In: Obras. Homilías sobre el Evangelio de San Mateo (46-90). 2.ed. Madrid: BAC, 2007, v.II, p.714-715. 7) Cfr. FERNÁNDEZ TRUYOLS, SJ, Andrés. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. 2.ed. Madrid: BAC, 1954, p.710-711; TUYA, OP, Manuel de. Biblia Comentada. Evangelios. Madrid: BAC, v.V, 1964, p.602; GOMÁ Y TOMÁS, Isidro. El Evangelio explicado. Pasión y Muerte. Resurrección y vida gloriosa de Jesús. Barcelona: Rafael Casulleras, 1930, v.IV, p.446; LAGRANGE, OP, Marie-Joseph. Évangile selon Saint Matthieu. 4.ed. Paris: J. Gabalda, 1927, p.541. 8) SANT’AGOSTINO. Sermo CCXXIX E, n.3. In: Obras, op. cit., p.402. 9) CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Sui passi della Passione. In: Dr. Plinio. San Paolo. Anno VI. N.61 (Apr., 2003); p.2.
Ancora nessun commento