Vangelo
41 I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42 Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; 43 ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il Fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44 Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45 non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46 Dopo tre giorni lo trovarono nel Tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. 47 E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48 Al vederlo restarono stupiti e sua Madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. 49 Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” 50 Ma essi non compresero le sue parole. 51 Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua Madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. 52 E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Lc 2, 41-52).
Come incontrare Gesù nell’aridità?
Ci sono momenti della nostra vita spirituale in cui anche noi “perdiamo il Bambino Gesù”. Ossia, con o senza colpa, la grazia sensibile può sparire. Per rincontrarLo, dobbiamo cercarLo per mezzo della preghiera e dei suoi insegnamenti.
I – Il paradosso della Sacra Famiglia
Una bella metafora orientale, riportata dal presbitero Esichio di Gerusalemme (V secolo), narra che la Santissima Trinità sarebbe in una vera impasse, a causa della completa uguaglianza delle tre Persone. Perciò sarebbe necessario che avvenisse un qualche evento per il quale il Padre potesse essere lodato in quanto Padre, il Figlio essere interamente Figlio e lo Spirito Santo dare ancor più di quanto aveva già dato. In questa difficoltà, la soluzione sarebbe emersa nel momento in cui la Madonna ha accettato l’Incarnazione del Verbo nel suo corpo verginale, diventando, in questo modo, il “complemento della Santissima Trinità”.1
Per la realizzazione di un così grande mistero, “Dio Padre ha trasmesso a Maria la sua fecondità, nella misura in cui è possibile una semplice creatura riceverla, perché Ella potesse produrre suo Figlio e tutti i membri del suo Corpo Mistico”,2 come afferma il grande San Luigi Grignion de Montfort. E “Dio, lo Spirito Santo, che era sterile nella divinità, cioè non produceva un’altra Persona Divina, diventò fecondo con la cooperazione di Maria, la quale ha sposato. E’ con Lei, in Lei e da Lei che Egli ha prodotto il suo capolavoro, un Dio fatto uomo, e che produce tutti i giorni, fino alla fine del mondo, i predestinati e i membri del Corpo di questo Capo adorabile”.3
Quindi, il Figlio Si sarebbe fatto Uomo, non solo per la nostra redenzione, ma anche per poter chiamare, con ogni proprietà, il Padre la Prima Persona Divina. Dunque avrebbe fatto questo da dentro la natura umana, interamente come figlio e debitore, perché, come uomo, avrebbe dovuto a Lui la sua esistenza, pertanto, avrebbe avuto l’obbligo di restituirGli ciò che da Lui aveva ricevuto.
Ecco il motivo per il quale, secondo Esichio, la Seconda Persona della Santissima Trinità spogliò Se stessa, facendoSi simile agli uomini (cfr. Fil 2, 7), ed operò, da dentro la natura umana, la nostra Redenzione. Quale nuovo Adamo nel Paradiso Terrestre, “trovò la sua libertà nel vederSi imprigionato nel suo seno”4 di Vergine e Madre.
Chi più è, meno comanda
A prima vista, la costituzione della Sacra Famiglia è un mistero, giacché in essa chi ha maggiore autorità è San Giuseppe, come patriarca e padre, con diritto sulla sposa e sul frutto delle sue purissime viscere.
La sposa è la Madre di Dio, Madre della seconda persona della Trinità. Essendo Madre, Ella ha potere su un Dio che Si è incarnato nel suo grembo verginale e Si è fatto suo Figlio.
Nostro Signore Gesù Cristo, come figlio, deve obbedienza al padre adottivo, accettando totalmente l’orientamento e la formazione data da Giuseppe, e anche a sua Madre, creatura sua. Che immenso, insondabile e sublime paradosso!
Così, nell’ordine naturale, Giuseppe è il capo, Maria, sposa e madre e Gesù, il bambino. Tuttavia, secondo l’ordine soprannaturale, il bambino è il Creatore e Redentore; Lei, la Mediatrice di tutte le grazie, Regina del Cielo e della Terra; e Giuseppe, il Patriarca della Chiesa. Giuseppe, colui che ha meno potere, eserci ta un’autorità sulla Madonna, che ha la scienza infusa e la pienezza della grazia, e sul Bambino, l’Autore della grazia.
Dio ama la gerarchia
Perché Dio ha disposto questo rovesciamento di ruoli?
Lo ha fatto per darci una grande lezione: Egli ama la gerarchia e vuole che la società umana sia governata da questo principio, del quale lo stesso Verbo Incarnato ha voluto dare esempio.
Si può ben immaginare, nella piccola Nazaret, la disponibilità, la sacralità e la calma di Gesù, che aiuta Giuseppe nel suo lavoro di falegname: mentre taglia il legno, inchioda i pezzi di una sedia; quando sarebbe bastato un suo semplice atto di volontà perché fossero immediatamente prodotti, senza nemmeno la necessità della materia prima, i mobili più splendidi, mai visti nella Storia.
Tuttavia, afferma San Basilio, “obbedendo fin dalla sua infanzia ai suoi genitori, Gesù Si è sottomesso con umiltà e rispetto ad ogni lavoro manuale”.5 Così, non appena San Giuseppe ordinava – e con che venerazione! – al Figlio di fare un lavoro, questi Si metteva ad eseguirlo!
Infatti agendo in questo modo – onorando il padre in Terra e accettando, ad esempio, di fare un mobile in conformità con le regole della natura –, Gesù rendeva maggiore gloria a Dio Padre, che Lo aveva inviato. San Luigi Maria Grignon afferma, a proposito della sua obbedienza alla Madonna: “Gesù Cristo ha dato più gloria a Dio, sottomettendoSi a Maria per trent’anni, che se avesse convertito tutta la Terra con la realizzazione dei miracoli più stupendi”.6
All’interno della stessa Sacra Famiglia esiste un impressionante principio di amore alla gerarchia, perché Gesù desiderando nascere e vivere in una famiglia, onorava il padre e la madre, pur essendo onnipotente e Creatore di entrambi.
Una vita dall’apparenza normale
Non dobbiamo supporre che nella Sacra Famiglia tutto fosse assolutamente mistico, soprannaturale e pieno di consolazioni.
Del Bambino Gesù non si può dire che vivesse di fede, perché la sua anima era nella visione beatifica. Però, egli volle che il suo Corpo avesse il normale sviluppo di un essere umano. Così, per esempio, non nacque potendo parlare, sebbene fosse in grado di parlare tutte le lingue del mondo.
La Madonna e San Giuseppe conducevano anche loro una vita del tutto comune nell’apparenza e, come tutti gli uomini, soffrirono perplessità e angosce. Di questo ci dà un esempio il Vangelo di questa domenica: “Ecco, tuo padre e Io, angosciati, ti cercavamo”.
II – Vero Dio e vero Uomo
La descrizione di San Luca è quella più minuziosamente presentata nei Vangeli riguardo ai primi trent’anni di vita di Gesù con i genitori, facendo supporre che l’episodio gli sia stato riferito dalla Madonna stessa.
La Sacra Famiglia compie il precetto
41 I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42 Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza;…
Tre erano le feste – Pasqua, Pentecoste e Tabernacoli – nelle quali gli uomini ebrei avevano il dovere di recarsi al Tempio (cfr. Ex 23, 14; 24, 23; Dt 16, 16). Gesù avendo compiuto dodici anni, era obbligato a farlo, perché, come ricorda Fillion, raggiungendo questa età ogni giovane israelita diventava “‘figlio del precetto’ o ‘figlio della Legge’, cioè soggetto a tutte le prescrizioni della Legge mosaica, anche le più onerose, come il digiuno e i pellegrinaggi al Tempio”.7
Il viaggio da Nazaret a Gerusalemme durava diversi giorni, in gruppo, in carovane, su strade affollate da tutti coloro che parimenti compivano il precetto nelle stesse date. Era consuetudine che i pellegrini trascorressero una settimana a Gerusalemme. Così, secondo le descrizioni fornite dagli autori dell’epoca, come Flavio Giuseppe, la città diventava impraticabile, sovraffollata di persone in tutti gli angoli.8
Gesù si recò nella Casa di Dio, per prestare culto al Padre. Che magnifica manifestazione d’amore per la gerarchia, che sublime rapporto tra le Persone della Santissima Trinità! Quanta gioia avrà sentito il Figlio dell’Uomo, nell’adempiere questo precetto della Legge mosaica, in occasione della festa di Pasqua! E vedendo l’agnello, simbolo di Se stesso, offerto al Padre nel Tempio, deve aver considerato come, nel redimere il genere umano col sacrificio cruento nella Croce, Egli avrebbe fatto diventare realtà questa immolazione simbolica.
Molto probabilmente camminò per Gerusalemme e fissò con occhi umani i luoghi in cui Egli avrebbe sofferto, ed ebbe un trasporto di amore simile a quel “ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi” (Lc 22, 15) che più tardi avrebbe manifestato nella Santa Cena. La Madonna Lo avrà accompagnato in questo percorso? Avranno parlato della Passione? Ignorati dagli uomini, erano, tuttavia, spettacolo per gli Angeli del Cielo.
Gesù non diede loro nessuna spiegazione
43 …ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il Fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.
Gli ebrei erano soliti, durante questi viaggi, formare due comitive, una di donne e un’altra di uomini, mentre i bambini camminavano ora con il padre, ora con la madre. Di notte, padre, madre e figli si riunivano per la cena e un momento di convivialità prima del riposo.
Così deve essere stato il viaggio di andata a Gerusalemme e anche quello di ritorno, con l’inevitabile confusione propria della partenza di una carovana che esce da una città sovraffollata. Questo spiega il fatto che solo alla fine del primo giorno, incontrando San Giuseppe, la Madonna si rese conto della scomparsa del Bambino. Cominciarono, allora, afflitti, a cercarlo tra i parenti e conoscenti. Invano!
Afflizione di Maria e Giuseppe
44 Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45 non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Possiamo ben comprendere il grande dolore di Maria e Giuseppe, attoniti di fronte a questo fatto, per il quale non trovavano spiegazione.
Sapevano che il Messia avrebbe dovuto insegnare tutta la sua dottrina per poi essere condannato a morte. Questo li rendeva timorosi, come afferma la Glosa, che “quello che Erode aveva tentato di portare a termine nella sua prima infanzia, ora, trovando un’occasione opportuna, lo facessero altri, uccidendoLo a quell’età”.9 Lo cercavano, quindi, lungo il percorso – con che angoscia! –, temendo di trovarLo morto.
Alla sofferenza del dubbio sulla causa della scomparsa di Gesù, si sommava quella dell’incertezza sull’occasione. Doveva accadere in quel momento? Tremante di dolore, la Madonna sicuramente Si ricordava la profezia di Simeone: “Una spada trafiggerà la tua anima” (Lc 2, 35).
Preoccupazione, afflizione e angoscia, sì, ma in una superiore pace dell’anima. Maria Santissima, forse Si sarà posta il problema di essere Lei la colpevole dell’accaduto, per una qualche pecca di amore verso Dio. La separazione del suo adorabile Figlio sarebbe stata, in tal caso, un rimprovero divino. Da qui il suo trovarsi nella massima afflizione e il sentire nel cuore la spada di dolore! Lei e Giuseppe, forse avranno pensato di non esser stati degni della custodia di quel Tesoro, per non aver corrisposto alla missione ricevuta. Questo era il motivo della loro grande desolazione.
Nostro Signore è avido di dar testimonianza
46 Dopo tre giorni lo trovarono nel Tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. 47 E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Constatata la perdita di Gesù, la Madonna e San Giuseppe dovettero aspettare fino al mattino per intraprendere il viaggio di ritorno. Quando giunsero a Gerusalemme, si era fatto nuovamente buio quindi, solo il terzo giorno poterono andare al Tempio. Ella sapeva bene che era il luogo più probabile dove trovare il Figlio.
Quando finalmente Lo incontrarono, la Vergine Madre e San Giuseppe, immersi nella sofferenza, non si resero neanche conto dello stupore causato dal Bambino Gesù nei dottori – “meravigliati per la sua intelligenza e le sue risposte” –, come rileva il grande esegeta Lagrange: “L’approvazione dei dottori avrebbe potuto lusingare i genitori, e soprattutto avrebbe dato occasione alla dolce compiacenza di una madre; ma Maria era colma di dolore e colta di sorpresa”.10
Davanti ai maestri della Legge, Gesù Bambino stava dando testimonianza della sua missione, diciotto anni prima di iniziare la sua vita pubblica, come ha commentato San Beda: “Per dimostrare che egli era Dio, rispondeva loro in maniera sublime quando Lo interrogavano”.11 In tal modo, stava aiutando quelle persone a rendersi conto che era giunta l’ora del Messia e della liberazione del popolo ebraico. Liberazione non dal dominio romano, ma liberazione spirituale, in rapporto alla salvezza eterna: le porte del Cielo si sarebbero aperte!
Maria chiede con stupore
48 Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”.
Lo stupore di cui ci parla questo versetto può essere inteso in due sensi. In primo luogo, nel senso spiegato da San Tommaso d’Aquino: stavano, in mezzo agli effetti, cercando la causa, la ragione.12 In secondo luogo, si stupirono di trovare il bambino a svolgere la sua missione in così tenera età e di presenziare la manifestazione che Egli dava di Se stesso.
Maria e Giuseppe ci danno qui un esempio di come dobbiamo comportarci quando la grazia sensibile si allontana da noi. Prima di tutto, evitare ogni atteggiamento di rivolta; se qualcosa accade, è per volere di Dio. Sono i contrattempi della vita, i drammi, le difficoltà che la Provvidenza permette per unirci di più a Lei. Accettiamo tutto con lo stesso stato d’animo dei genitori di Gesù. E quando rivedremo nostro Signore, proveremo anche stupore.
Nella domanda fatta dalla Madonna, non si vede una manifestazione di rimprovero. Con la sua coscienza rettissima, Ella mostra angoscia e perplessità, desiderando una spiegazione per poter, così servire meglio Dio. Questo dovrebbe essere anche il nostro atteggiamento, rassegnato e amorevole, di fronte ai problemi che ci si presentano lungo la vita.
Risposta secondo la natura divina
49 Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”
Nella sua domanda, nella quale si riflette la preoccupazione di una madre per il suo bambino, la Vergine Maria prende in considerazione la natura umana di Gesù. Lui, rispondendo con un’altra domanda, richiama l’attenzione sulla sua natura divina.
Per questa risposta – che, secondo Fillion, costituiva il programma di tutto il suo ministero”13 –, possiamo congetturare che Gesù Bambino avesse istruito la Madonna sul come Lui avrebbe dovuto compiere la volontà del Padre e di come questo richiamo divino superasse qualsiasi legame di sangue. Egli volle dire ai suoi genitori terreni che la sua missione divina era al di sopra dei legami familiari.
Ma con ciò, Egli stava forse rimproverando Maria e Giuseppe, perché si erano posti come suoi genitori? San Beda commenta acutamente: “Non li rimprovera perché Lo cercano come un figlio, ma gli fa sollevare gli occhi dell’anima per vedere che cosa Egli deve a Colui di cui è Figlio eterno”.14 Gesù Cristo aveva una missione da compiere e voleva che i suoi genitori terreni capissero che tutto doveva essere subordinato al Padre Celeste.
L’esempio di Maria di fronte al non capire
50 Ma essi non compresero le sue parole.
Perché la Madonna e San Giuseppe non hanno capito? Dio non ha dato loro lumi in quel momento, in modo che potessero avere un maggior merito, realizzando solo più tardi le ragioni del comportamento di Gesù Bambino.
Maria non ha compreso le parole di suo Figlio ma, come si vede nel versetto seguente, ha conservato nel suo cuore “tutte queste cose”, con amore, sapendo che c’era una lezione dietro a tal episodio.
Questo deve essere il nostro atteggiamento verso tutto ciò che ci trascende e che forse non riusciamo a comprendere nella nostra vita spirituale: conservare nel cuore gli eventi, con la pace e la fiducia, e riflettere su di essi nel corso del tempo, ricordandoci la promessa di Nostro Signore: “Il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre vi manderà in Mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Gv 14, 26). Prima o poi, lo Spirito Santo ci farà comprendere, nella misura in cui questo ci sarà utile per la nostra santificazione e il compimento della nostra missione.
In questo episodio, il Maestro divino ci insegna anche che, a volte, persino i nostri parenti possono non essere in grado di comprendere un qualche nostro atteggiamento, di ferma decisione di compiere un dovere morale o religioso. Pertanto, se questo accade, non ci sorprendiamo.
L’ immenso valore del raccoglimento
51 Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore.
Allo scopo probabilmente di evitare l’ interpretazione erronea secondo cui, per obbedire al Padre Eterno, è necessario disobbedire ai genitori terreni, San Luca, con grande delicatezza, ricorda subito dopo che Gesù trascorse il resto della loro vita sottomesso a Maria e Giuseppe. Infatti, come afferma San Beda: “Cosa avrebbe dovuto fare il Maestro della virtù, se non adempiere a questo dovere di pietà? Che cosa avrebbe dovuto fare tra noi, se non proprio quello che desiderava che facessimo?”.15
Pertanto, Egli accettò che Lo riconducessero a Nazaret e continuò ad essere loro obbediente fino all’inizio della sua vita pubblica, quasi due decenni più tardi.
Che significato avrebbe questo lungo periodo di vita nascosta? Può bene esprimere l’immenso valore del raccoglimento. Gesù, evidentemente, era già pronto a compiere la volontà del Padre. Tuttavia, dopo aver affermato che era venuto ad adempiere questa volontà, Egli segue la Madonna e San Giuseppe, rimanendo altri diciotto anni nella vita nascosta e raccolta.
Non dimentichiamo, anche noi, che il raccoglimento, la contemplazione e l’isolamento sono eccellenti mezzi per prepararci ad eseguire bene le nostre azioni. Non c’è mai stata una comunità contemplativa più eccelsa di quella di Nazaret: Gesù, Maria e Giuseppe! Impossibile immaginare qualcosa di superiore. È per questo che, come ricorda il grande teologo padre Antonio Royo Marín, “alcuni Santi Padri sono lieti di dire che l’occupazione principale di Gesù di Nazaret è stata il dolce compito di santificare sempre più la sua carissima Madre, Maria e suo padre adottivo San Giuseppe. Nulla di più sublime, più logico e naturale”.16
Crescita in sapienza, età e grazia
52 E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Sant’Agostino, San Tommaso e la totalità dei teologi sostengono che Gesù possedeva in sommo grado, fin dal primo istante del suo concepimento, la grazia, la sapienza e la santità.17 E non solo le possedeva, ma era in sostanza la Grazia, la Sapienza e la Santità stesse.
Tuttavia, Egli cresceva fisicamente, anno dopo anno, prendendo l’aspetto dell’adulto, “ma senza eccedere esteriormente le leggi generali dello sviluppo umano”,18 sottolinea Fillion. Secondo l’età, Egli continuava a mostrare più la Grazia e la Sapienza. Egli non diventava maggiore in sostanza, ma in manifestazione. Questo, secondo il Dottore Angelico, perché “a mano a mano che avanzava in età, faceva opere più perfette per dimostrare che era un vero uomo, sia in relazione a Dio che per quanto riguarda gli uomini”.19
III – Orazione e dottrina
Che applicazione ha questo passo del Vangelo per la nostra vita spirituale?
Ci sono momenti della nostra esperienza in cui abbiamo la sensazione di aver “perduto il Bambino Gesù” cioè, con o senza colpa nostra, la consolazione spirituale scompare e ci sentiamo abbandonati. Cosa fare quando ci rendiamo conto che siamo senza grazie sensibili, senza quello che ci dava incoraggiamento e sostegno alla pratica della virtù?
Questo passo del Vangelo ci insegna ad imitare Maria e Giuseppe: seguire Gesù Bambino cioè, mettersi alla ricerca della grazia sensibile, quando questa si ritira. Quando siamo afflitti, nell’aridità, dobbiamo cercare Gesù nel Santissimo Sacramento. Non vi è nulla, assolutamente nulla di quanto necessario per la nostra santificazione che, se chiederemo a Gesù Eucaristico, non finiremo per ottenere.
Tuttavia, non dimentichiamoci che nel Tempio, Nostro Signore si trovava tra i maestri della Legge, che può ben significare l’importanza della dottrina per sostenerci nell’ora della difficoltà. Ne consegue per noi la necessità di una buona e solida formazione dottrinale. Come chi va a fare un lungo viaggio prepara in anticipo documenti, abbigliamento adeguato e tutto il resto, così dobbiamo fare noi: pregare molto e conoscere bene la dottrina, in modo da essere pronti ad attraversare i periodi di aridità. Se abbiamo i principi ben ancorati nell’anima, quando soffierà il vento delle difficoltà, le foglie staranno ferme sull’albero della fede.
1) JOURDAIN, Zéphyr-clément. Somme des grandeurs de Marie. Paris: Hippolyte Walzer, 1900, t.I, p.56. 2) SAN LUIGI MARIA GRIGNION DE MONTFORT. Traité de la vraie dévotion à la Sainte Vierge, n.17. In: Œuvres Complètes. Paris: Du Seuil, 1966, p.495. 3) Idem, n.20, p.497. 4) Idem, n.18, p.495. 5) SAN BASILIO MAGNO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea. In Lucam. c.II, v.51-52. 6) SAN LUIGI MARIA GRIGNION DE MONTFORT, op. cit., n.18,p.496. 7) FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. Infancia y Bautismo. Madrid: Rialp, 2000, v.I, p.211. 8) Cfr. FLAVIO GIUSEPPE. Guerra giudaica, apud FILLION, op. cit., p.212. 9) GLOSA, apud SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., c.XXI, v.42-50. 10) LAGRANGE, OP, Marie-Joseph. L’Évangile de Jésus-Christ avec la synopse évangélique. Paris: Lecoffre – J. Gabalda, 1954, p.47. 11) SAN BEDA, apud SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., c.XXI, v.42-50. 12) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. I-II, q.32, a.8. 13) FILLION, Louis-Claude. Nuestro Señor Jesucristo según los Evangelios. Madrid: Edibesa, 2000, p.88. 14) SAN BEDA, op. cit. 15) Idem, v.51-52. 16) ROYO MARÍN, OP, Antonio. Jesucristo y la vida cristiana. Madrid: BAC, 1961, p.274. 17) Cfr. SANT’AGOSTINO. Sermo LVII, n.4; In Ioannis Evangelium. Tractatus CVIII, n.5; De Trinitate. L.XV, c.26, n.46; SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. III, q.7, a.12. 18) FILLION, Nuestro Señor Jesucristo según los Evangelios, op. cit., p.86. 19) SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. III, q.7, a.12, ad 3.
Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” da Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.
Ancora nessun commento