In quel tempo, 7 Gesù chiamò a Sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8 E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9 ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. 10 E diceva loro: “Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. 11 Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro”. 12 Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano (Mc 6, 7-13).
I Dodici sono inviati in missione
Gesù conferì agli Apostoli il potere di scacciare gli spiriti immondi e il dono di guarire gli infermi, affinché gli uomini del suo tempo dessero credito al messaggio del Vangelo. E ai nostri giorni, qual è la prova dell’autenticità della Buona Novella che gli evangelizzatori devono presentare al mondo moderno?
I – La croce, compagna inseparabile dell’apostolo
Prima di inviare gli Apostoli in missione a predicare il Vangelo, Gesù ha dato loro preziosi consigli che, sebbene possano sembrare ad alcuni un tanto ardui da essere messi in pratica, continuano ad essere interamente validi, poiché le sue parole rimangono per sempre. Egli parlava agli uomini del suo tempo, facendo uso delle risorse di linguaggio proprie della cultura orientale, nella quale abbondano le immagini, gli enigmi, le parabole. Queste, purché siano debitamente interpretate, rivelano preziose norme di apostolato, utilissime per chi segue oggi i passi del Maestro nel meritorio e difficile compito di evangelizzare.
Prima però di considerare il Vangelo della 15ª Domenica del Tempo Ordinario, soffermiamoci un poco sull’episodio immediatamente precedente – la visita a Nazareth –, per penetrare meglio nel senso degli insegnamenti del Signore ai Dodici, in vista della missione che avrebbe dato loro.
I suoi compaesani Lo respinsero
Si potrebbe affermare, in termini colloquiali, che la predicazione di Gesù a Nazareth sfociò in un vero fallimento: qui Egli probabilmente pare non sia riuscito a convertire nessuno e quasi non abbia fatto miracoli. San Marco riporta i commenti fatti dai conoscenti del “falegname”, nei quali traspare il deplorevole vizio dell’invidia, proveniente dalla comparazione delle proprie qualità, sopravvalutate da un’analisi compiacente, con i talenti degli altri. In questo caso, la comparazione era con lo stesso Gesù: “Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?” (Mc 6, 3). In altre parole, “non è costui quell’Uomo che io conosco da molto tempo, che vale quanto me, e ora Si presenta come Profeta, che fa miracoli? Come mai Egli ha questi doni e io no?”.
Frequentemente, i legami molto prossimi e assidui provocano un curioso fenomeno di cecità spirituale in relazione alle qualità e virtù del prossimo. Gli abitanti di Nazareth non riuscivano a vedere in Gesù nient’altro che il “falegname”, “fratello di Giacomo”. Rimasero incapaci di vedere in Lui il Figlio di Dio. E, invece, Egli era il Messia promesso!
C’è da notare che, prima di andare a Nazareth, Gesù aveva operato un miracolo che aveva lasciato tutti stupefatti: aveva resuscitato la figlia di Giàiro, appena morta:
“Partì di là e venne nella sua patria” (Mc 6, 1). Solo Dio ha il potere di far ritornare in vita un morto. Era naturale che una notizia di questo calibro corresse a precedere il Divino Maestro. Così, al suo arrivo a Nazareth, il fatto straordinario era già noto a tutti.
C’era, pertanto, da aspettarsi che i suoi compaesani – soprattutto i suoi parenti più prossimi – si rallegrassero per tale avvenimento, poiché Dio aveva scelto uno dell’ambiente loro, per una così alta missione. No! Al contrario, chiusero il loro cuore, rifiutarono Gesù, tentarono persino di ucciderLo, come narra San Luca (cfr. Lc 4, 29). Mistero dell’iniquità…
Il Maestro forma lo spirito degli Apostoli
Nasce allora la domanda: per quale ragione Cristo, che tutto conosceva, ha voluto visitare Nazareth, insieme agli Apostoli?
Egli sapeva già che la sua predicazione sarebbe stata vana… Oltre a questo, lì aveva vissuto dal suo ritorno dall’Egitto e conosceva a fondo la durezza di cuore dei suoi conterranei. Senza dubbio, nel corso di questo periodo, deve esserSi impegnato ad aprire loro l’anima in vista della grandezza dei giorni che avrebbero vissuto, quando Egli Si fosse manifestato come il Messia, sapendo quanto essi fossero lontani da queste prospettive grandiose.
Che cosa Lo condusse a Nazareth? Una delle ragioni, era quella di preparare gli Apostoli alla missione di annunciare il Vangelo. Egli aveva percorso la Galilea compiendo ogni tipo di miracoli ma, per il modo in cui l’Evangelista Marco riferisce il passaggio per Nazareth, quanto successe in questa città non passò indifferente nel cuore dei suoi discepoli, che non fecero a meno di sottolineare quell’apparente fallimento: “E lì non poteva compiere nessun prodigio” (Mc 6, 5).
Per formare lo spirito degli Apostoli, Gesù non trascurò di manifestare loro quanto l’incredulità di quella gente fosse inusitata: “E Si meravigliava della loro incredulità” (Mc 6, 6a). In questo modo, con lo choc generato da un atteggiamento così sorprendente dei Nazareni – il rifiuto della grazia e dei benefici che gli erano offerti –, certamente Gesù cercava di insegnare, in modo divino, come colui che si dedica all’apostolato non possa lasciarsi prendere dalle illusioni. Infatti la tendenza normale dell’apostolo è diffondere il bene, soprattutto tra i più prossimi e, alle volte, è tra questi che incontra un maggior rifiuto.
Atteggiamento dell’apostolo davanti al rifiuto
Che cosa bisogna fare allora? La verità non deve essere imposta ma offerta con semplicità. Se quelli che ascoltano non la vogliono accettare, l’apostolo, invece di insistere, cerchi di annunciarla a chi ha buona disposizione. Per questo, Gesù non ha fatto miracoli a Nazareth: se avesse cercato di imporre la verità per mezzo di segni straordinari, avrebbe aumentato la colpa di coloro che la rifiutavano. In questo vi era anche un atto di misericordia nei confronti di chi chiudeva l’anima al Bene.
Che cosa deve fare l’apostolo quando è rifiutato da qualche parte? L’esempio dato dal Maestro è inequivocabile: “Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando” (Mc 6, 6b).
È mirabile il modo in cui Egli preparava gli Apostoli per la missione che subito dopo avrebbe dovuto affidare loro. Il suo divino metodo pedagogico era basato sul suo sublime esempio.
Prima fece in modo che Lo accompagnassero nella predicazione, vedessero i miracoli operati, partecipassero anche ad un tentativo fallito, a Nazareth, dove tutto sembrava concorrere a un buon successo della predicazione. Solo dopo li inviò in missione a predicare la Buona Novella, quando il loro spirito era già più preparato per questa esperienza ed era stata già un po’ scossa l’illusione che davanti a loro si aprisse un’ampia e comoda strada di successi.
Quello che l’apostolo deve aspettarsi di incontrare sul cammino non sono successi, ma il più delle volte, incomprensioni, ostacoli e sofferenze. La croce sarà la compagna inseparabile del vero apostolo, anche quando gli sia concesso il dono di fare miracoli e dominare gli spiriti impuri.
II – Raccomandazioni del Divino Maestro
In quel tempo, 7a Gesù chiamò a Sé i Dodici…
In tutto quanto faceva il Signore Gesù, troviamo principi di altissima saggezza, poiché i suoi atti erano realizzati con divina perfezione. Possiamo, infatti, domandarci perché Egli avrà scelto dodici Apostoli e non un altro numero qualsiasi, in base alle necessità concrete del momento. Nei commenti al Vangelo di San Matteo, San Tommaso d’Aquino dà una ragione: “Perché dodici? Per mostrare la conformità tra l’Antico e il Nuovo Testamento: come nell’Antico ci furono dodici patriarchi, nel Nuovo sono dodici”1 gli Apostoli.
Inoltre, seguendo molto il gusto dei medievali, il Dottor Angelico discorre sulla simbologia dei numeri e presenta un altro motivo: “Era anche per indicare la perfezione, perché il numero dodici risulta da due volte sei. Infatti, sei è un numero perfetto, visto che si compone di tutte le sue parti: egli viene da uno, da due o da tre, e queste parti, sommate una alle altre, danno sei. Così, il Signore ha scelto dodici per indicare la perfezione. ‘Siate perfetti come vostro Padre è perfetto’ (Mt 5, 48)”.2
7b …e prese a mandarli a due a due…
Il fatto di inviare gli Apostoli a due a due obbedisce a un principio di prudenza. Data la natura socievole dell’uomo, la compagnia di un fratello gli serve da prezioso appoggio psicologico, tanto nelle difficoltà concrete della vita come in quelle spirituali, rendendo più sopportabile il peso da sostenere.
Con sollecitudine divina, Nostro Signore già insegnava loro una norma di condotta che favoriva la pratica della virtù della perseveranza e sarebbe stata seguita da tanti religiosi, nel corso dei secoli. Questa norma favorisce anche le virtù della vigilanza e dell’umiltà, poiché chi accetta la compagnia di un fratello e si assoggetta ad essere da lui vigilato, riconosce implicitamente la propria debolezza. Il demonio avrà più difficoltà a vincerlo con le sue insidie e il mondo meno potere per avvilupparlo con le sue seduzioni.
Quante persone, che si sono lanciate con impegno nelle lotte dell’apostolato, hanno mancato ai propri doveri lungo il cammino, per aver confidato sulle proprie forze e si sono avventurate da sole! Hanno finito per essere, tristemente, sedotte dalle illusioni del mondo… La compagnia di un fratello è sempre una protezione verso un incalcolabile numero di tentazioni e seduzioni che, oggi più che mai, possono presentarsi persino nei luoghi più sacri, come anche nella tranquillità della propria casa, durante una “navigazione” imprudente per i vasti e pericolosi spazi virtuali di internet…
Duemila anni fa, non esistevano i rischi morali della nostra epoca. Ciononostante, il Signore Gesù ha inviato i suoi Apostoli a due a due, per aiutarsi l’un l’altro e sostenersi reciprocamente nella fede, quando sarebbero sorte delle difficoltà: “Io vi mando come pecore in mezzo a lupi” (Mt 10, 16).
Anche padre Manuel de Tuya sottolinea che il partire in coppia degli Apostoli, dava loro la possibilità di “aiutarsi e vigilarsi” a vicenda e aggiunge che, oltre a questo, conferiva autenticità alle loro parole, poiché, afferma, “nessuno poteva sospettare di colui che aveva un testimone”.3
L’abate Duchesne adduce altre ragioni, non meno importanti: “In questo modo, certamente Gesù voleva indicare anche l’unione che deve regnare tra i suoi ministri e i suoi veri discepoli”.4 E conclude il commento con un saggio consiglio: “È massima prudenza cercare, sempre che sia possibile, questo aiuto che Gesù Cristo ha stabilito, ha santificato e offerto ai suoi Apostoli”.5
Anche la sapienza ci parla nello stesso senso: “Meglio essere in due che uno solo, perché otterranno migliore compenso per la loro fatica. Infatti, se cadono, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi” (Qo 4, 9-10).
7c …e dava loro potere sugli spiriti impuri.
Questa era un’altra prova irrefutabile della divinità di Nostro Signore. Essendo il potere degli angeli molto superiore a quello degli uomini, nessuno può vincere uno spirito impuro senza l’aiuto di Dio. Cristo ha non solo questo potere, ma anche la capacità di trasmetterlo agli Apostoli, poiché Egli è Dio. La Chiesa, fino ad oggi, lo conferisce ai suoi ministri, designando esorcisti, con l’incarico – in caso di possessione diabolica comprovata, e seguendo norme molto rigide – di espellere gli spiriti impuri, col potere concessole da Cristo.
Al tempo del Signore Gesù, l’impero del male si estendeva su tutta l’umanità, immersa nelle tenebre del paganesimo e dell’idolatria, manifestandosi frequentemente attraverso possessioni, come ci riferiscono numerosi passi dei Vangeli. Può darsi che ai nostri giorni non sia così visibile il dominio del male sul mondo, come lo era nell’Antichità, ma la sua azione, senza dubbio, è più ampia e insidiosa, portando un gran numero di persone a credere che non esiste il demonio né il peccato. Così, le anime, per mancanza di difesa, sono più esposte alla sua malefica influenza. E la sbalorditiva degradazione dei costumi della nostra epoca, con la conseguente moltiplicazione dei crimini, non sarà un sintomo di questa forma surrettizia di dominazione degli spiriti impuri in tutta la Terra?
8 E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9 ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
La radicalità di queste disposizioni di Nostro Signore agli Apostoli ha suscitato tra gli esegeti e maestri spirituali, nel corso della Storia della Chiesa, molteplici interpretazioni.
Secondo alcuni, tra cui San Francesco d’Assisi, tali precetti devono esser seguiti alla lettera, seguendo l’esempio degli Apostoli. Altri interpretano le parole di Gesù in senso figurato, facendo i dovuti adattamenti rispetto alle circostanze di ogni epoca e luogo. In ogni caso, è inequivocabile l’intenzione di Nostro Signore di rendere chiaro, con queste prescrizioni, che gli Apostoli, nel dedicarsi all’evangelizzazione, non si dovevano preoccupare delle risorse materiali, ma far uso soltanto di quello che era loro indispensabile. Tutta la loro fiducia avrebbe dovuto esser riposta nella protezione di Dio, sia per ottenere i mezzi di sussistenza sia, soprattutto, per ottenere i mezzi soprannaturali, ossia, la grazia, indispensabile alla conversione delle anime.
A volte, l’evangelizzatore, troppo preoccupato delle risorse materiali per sviluppare le sue attività a favore della salvezza delle anime, può finire per depositare la sua fiducia nei propri sforzi e qualità naturali, dimenticando che solo Dio, con la grazia divina, è capace di smuovere i cuori. Tutto il resto, compreso lo stesso apostolo, non è che un mero strumento nelle mani dell’Altissimo. Pertanto, dopo aver fatto tutti gli sforzi per il buon risultato dell’evangelizzazione, dobbiamo rimanere convinti del fatto che siamo “servi inutili” (Lc 17, 10).
Il miglior modo di assicurare buoni frutti di apostolato consiste nell’avere questa disposizione d’animo, di consegnarsi completamente nelle mani della Provvidenza, confidando ciecamente nel suo aiuto.
Lasciamo da parte l’interpretazione data dagli esegeti alle discrepanze tra gli evangelisti sull’uso o meno del bastone e altri particolari di minore importanza, e rivolgiamo la nostra attenzione alla bellissima simbologia che alcuni autori mettono in risalto nelle prescrizioni del Signore.
San Tommaso d’Aquino6 raccoglie nella Catena Aurea alcune di queste interpretazioni simboliche, colme di saggezza. Sant’Agostino così spiega il significato dell’uso dei sandali, al posto delle calzature ordinarie: “è necessario vedere in questi sandali un significato simbolico e misterioso: la calzatura deve lasciare il piede del predicatore scoperto in cima e protetto in basso; questo significa che il Vangelo non può rimanere occulto né appoggiarsi ai vantaggi terreni”.7
Quanto alla raccomandazione di non portare due tuniche per il viaggio, così la interpreta lo stesso Dottore: “Che cosa significa la proibizione di avere e di portare due tuniche, e la proibizione più espressa di vestire più di una tunica, se non che gli Apostoli devono procedere nella semplicità, senza la minima duplicità?”.8
A sua volta, San Beda interpreta nella forma seguente il simbolismo del pane, della sacca e del denaro: “In senso allegorico, la bisaccia rappresenta gli impegni e le difficoltà mondane; il pane, le delizie della terra; il denaro nella borsa, la saggezza che rimane nascosta. […] Infatti, chi si è rivestito delle funzioni di evangelizzatore non può piegarsi sotto il peso delle occupazioni terrene, né lasciarsi intenerire dai desideri carnali, né nascondere, sotto la negligenza di un corpo dedito all’ozio, il talento della parola che gli è stata affidata”.9
10 E diceva loro: “Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì”.
Trattando di questo stesso episodio, l’ Evangelista San Matteo è più dettagliato, specificando che deve esser scelta la casa di una persona degna: “In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti” (Mt 10, 11).
È quasi intuitiva la ragione per la quale Nostro Signore fa loro questa raccomandazione. “Senza una prudente scelta” – commenta Fillion – “avrebbero potuto mettere in rischio la loro reputazione personale e pregiudicare la causa del Regno dei Cieli. Non devono andare alla casa del più ricco o del più influente, ma a quella che sia più degna. Ricevuti in una casa, lì rimarranno fino alla partenza. Cambiare per un’altra sarebbe segno di superficialità o di poca mortificazione, che screditano la dignità apostolica”.10
11 “Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro”.
Ancora una volta, a somiglianza dell’esempio da Lui dato a Nazareth, Gesù ammonisce che non si deve insistere con coloro che non vogliono credere nella Buona Novella. Il tempo è una creatura di Dio, del cui uso Gli dovremo render conto. Sprecarlo, insistendo ad evangelizzare chi non vuole salvarsi, implica trascurare di predicare a coloro che trarrebbero miglior profitto dal messaggio della salvezza. Non avranno costoro ragioni per recriminare, nel giorno del Giudizio, di chi li ha privati di un bene così prezioso?
Il linguaggio dei simboli parla molto più agli uomini orientali che a noi, occidentali, che abbiamo ereditato una mentalità proiettata all’utilitarismo. Strappare le vesti in segno di indignazione, coprire la testa di ceneri per esprimere la penitenza o una grande tristezza erano atteggiamenti, tra gli altri, che gli orientali trovavano necessario assumere per esprimere i loro sentimenti più vivi. Così anche, nell’essere oggetto di un grande rifiuto, il gesto di battere i sandali per scrollare la polvere esprime una rottura totale, la volontà di non portare con sé nemmeno la polvere del luogo i cui abitanti non hanno voluto accettare la Buona Novella.
Pirot e Clamer descrivono l’origine di tale costume: “Procedevano così i Giudei quando uscivano dal suolo pagano ed entravano nella Terra Santa. Per mettere in chiaro che non volevano conservare nessun contatto impuro, essi scrollavano persino la polvere dai loro sandali, gesto simbolico che sottolinea va quanto completa fosse la rottura tra il giudeo e il pagano. Da parte degli Apostoli, questo gesto si proponeva di mostrare ai giudei ribelli alla voce della grazia, che essi si erano resi indegni del messaggio che era stato loro offerto, al punto che, a partire da quel momento, erano considerati e trattati come dei pagani. Così agirono Paolo e Barnaba ad Antiochia della Pisìdia, quando una rivolta provocata dai giudei li forzò a lasciare questa città e ad andare a Iconio (cfr. At 13, 51)”.11
III – Effetti della predicazione
12 Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse…
Questa predicazione degli Apostoli ha qui il senso di conversione del cuore ossia, penitenza interiore, più che atti esterni di mortificazione – come digiunare, vestirsi con un sacco o coprirsi di cenere –, alla maniera dei farisei, per esser visti e lodati dagli uomini.
“La penitenza interiore è un radicale riorientamento di tutta la vita, un ritorno, una conversione a Dio con tutto il cuore, una rottura con il peccato, un’avversione per il male, insieme con la riprovazione nei confronti delle cattive azioni che abbiamo commesse. Nello stesso tempo, essa comporta il desiderio e la risoluzione di cambiare vita con la speranza della misericordia di Dio e la fiducia nell’aiuto della sua grazia”,12 come insegna la Chiesa.
13 …scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Oltre al potere di scacciare i demoni, il Signore ha dato agli Apostoli il dono di fare miracoli. In questa prima missione, essi operavano le guarigioni ungendo i malati con olio, mentre il Divino Maestro lo faceva semplicemente con la forza della sua parola. Il Concilio di Trento vide insinuato in questa unzione il Sacramento dell’Unzione degli Infermi. Alcuni teologi vedono in essa le “origini reali” di questo Sacramento, mentre altri la considerano soltanto un “tipo o figura”.13
È questa una buona occasione per ricordare alcuni degli effetti del Sacramento che la Chiesa riserva a chi si trova in pericolo di morte, causata da malattia o vecchiaia. Non è necessario, pertanto, per ricevere l’Unzione degli Infermi, che la morte sia imminente, basta che la malattia sia grave e possa causare il decesso, anche avendo speranza di guarigione.
“La grazia fondamentale di questo Sacramento” – insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica – “è una grazia di conforto, di pace e di coraggio per superare le difficoltà proprie dello stato di malattia grave o della fragilità della vecchiaia.
Questa grazia è un dono dello Spirito Santo che rinnova la fiducia e la fede in Dio e fortifica contro le tentazioni del maligno, cioè contro la tentazione di scoraggiamento e di angoscia di fronte alla morte. Questa assistenza del Signore attraverso la forza del suo Spirito vuole portare il malato alla guarigione dell’anima, ma anche a quella del corpo, se tale è la volontà di Dio. Inoltre, ‘se ha commesso peccati, gli saranno perdonati’ (Gc 5, 15)”.14
Per questo motivo, non è raro che infermi gravi si ritrovino guariti dopo aver ricevuto l’Unzione degli Infermi o abbiano la vita prolungata al di là delle aspettative normali della medicina. Non perdiamo, dunque, l’opportunità di offrire questa grazia inestimabile a coloro che riuniscono le condizioni richieste per ricevere validamente questo Sacramento. Tra i suoi effetti mirabili – secondo grandi dottori e teologi come San Tommaso d’Aquino, San Bonaventura, Sant’Alberto Magno, Sant’Alfonso de’ Liguori e altri – vi è quello di preparare l’anima ad entrare direttamente nella gloria, che dipende dalle disposizioni interiori con cui essa lo riceve. Non sarebbero questi effetti una ragione sufficiente per chiedere l’Unzione degli Infermi con vera impazienza, ogni qualvolta una malattia grave ci fa visita?
IV – Dio dà, ad ogni epoca, i rimedi più adeguati
Il mondo moderno non necessita di essere evangelizzato meno di quello antico ma, a volte, forse ci sentiamo in svantaggio in rapporto all’epoca passata, vedendo il progresso dominatore del male e la mancanza di operai che annuncino la Buona Novella. Dove sono i nuovi apostoli capaci di fare miracoli, come quelli di altri tempi, di scacciare gli spiriti impuri e di predicare la penitenza come loro?
Dio dà sempre per i mali di ogni epoca i rimedi più adeguati. Quando Gesù convocò i Dodici, era più conveniente, per il bene delle anime, che essi realizzassero prodigi portentosi al fine di provare la veracità della dottrina mirabile che annunciavano.
E oggi? Che miracoli deve operare chi si dedica all’apostolato, per smuovere le anime alla conversione? Nella nostra epoca così secolarizzata, può darsi che i miracoli non producano l’effetto che ebbero nei tempi apostolici. Per questo, il “miracolo” che gli autentici evangelizzatori devono fare è quello di annunciare Gesù Cristo mediante la testimonianza di una vita santa; pertanto, praticando la virtù, aspirando alla santità e disprezzando le sollecitazioni e gli illusori incanti del mondo. Questo, sì, è il “miracolo” capace di stupire il nostro mondo secolarizzato, poiché la pratica stabile dei Dieci Comandamenti non è possibile soltanto con le forze naturali della volontà umana, come ci insegna il Magistero Ecclesiastico. È necessario che la grazia santificante divinizzi l’uomo e lo faccia agire e vivere alla ricerca della perfezione.
È questo il portentoso “miracolo” che potrebbe scuotere l’incredulità o l’indifferenza dei nostri coetanei, come tante volte ci hanno ricordato gli ultimi Papi, e già insegnava il Concilio Vaticano II, riferendosi all’apostolato laicale: “I laici diventano araldi efficaci della Fede in ciò che si spera (cfr. Eb 11, 1), se senza incertezze congiungono a una vita di fede la professione di questa stessa Fede. Questa evangelizzazione o annunzio di Cristo fatto con la testimonianza della vita e con la parola acquista una certa nota specifica e una particolare efficacia dal fatto che viene compiuta nelle comuni condizioni del secolo”.15
Seguiamo le sapienziali raccomandazioni del Concilio Vaticano II, come autentici araldi della Buona Novella, come lo furono gli evangelizzatori dei primi tempi della Chiesa, soprattutto, con la “predicazione” di una vita irreprensibile e santa, secondo i precetti mirabili del Vangelo. Solo così una Nuova Evangelizzazione riuscirà a vincere l’onda di secolarismo che invade la società odierna.
1) SAN TOMMASO D’AQUINO. Super Matthæum. C.X, lect.1. 2) Idem, ibidem. 3) TUYA, OP, Manuel de. Biblia Comentada. Evangelios. Madrid: BAC, 1964, v.V, p.671-672 4) DUQUESNE. L’Évangile médité. Paris: Victor Lecoffre, 1904, v.II, p.32. 5) Idem, p.33. 6) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea. In Marcum, c.VI, v.6-13. 7) SANT’AGOSTINO. De consensu evangelistarum. L.II, c.30, n.75. In: Obras. Madrid, BAC, 1992, v.XXIX, p.387-388. 8) Idem, p.388. 9) SAN BEDA. In Marci Evangelium Expositio. L.II, c.6: ML 92, 187. 10) FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. Vida pública. Madrid: Rialp, 2000, v.II, p.218. 11) PIROT, Louis; CLAMER, Albert (Dir.). La Sainte Bible avec un commentaire exégétique et théologique. Paris: Letouzey et Ané, 1950, t.IX, p.465. 12) CCE 1431. 13) PIROT; CLAMER, op. cit., p.466. 14) CCE 1520.
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