La moltiplicazione dei pani e dei pesci

La moltiplicazione dei pani e dei pesci

Vangelo

In quel tempo, 13 avendo udito della morte di Giovanni Battista, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, Lo seguì a piedi dalle città. 14 Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati. 15 Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: “Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”. 16 Ma Gesù rispose: “Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare”. 17 Gli risposero: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci!” 18 Ed egli disse: “Portatemeli qua”. 19 E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al Cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla. 20 Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati. 21 Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini (Mt 14, 13-21).

Cinque pani, due pesci, più Gesù…

Realizzando il miracolo della moltiplicazione dei pani, Gesù mirava non solo ad alimentare quella grande moltitudine, ma anche – finalità molto più elevata – a preparare le anime ad accettare l’Eucaristia.

I – La compassione dell’Uomo-Dio

Quando trattiamo degli attributi divini, solitamente utilizziamo un linguaggio col quale si “umanizza” l’idea di Dio, in modo da facilitare la nostra comprensione. Per questo, abitualmente Dio è presentato mentre manifesta la sua collera o misericordia, quando in realtà Egli non solo possiede le virtù, ma è ognuna di loro. Così, Dio non solo è buono, ma è la Bontà e, successivamente, l’essenza di tutte le virtù. In tal senso, per intendere che Dio è la Bontà, non basta una nozione teorica, è indispensabile sperimentare la sua azione nell’anima, come ci consiglia il salmista: “Gustate et videte quoniam suavis est Dominus – Gustate e vedete quanto è buono il Signore” (Sal 34, 9). Come vedremo, il Vangelo e le altre letture della 18ª Domenica del Tempo Ordinario preparano i fedeli ad aprirsi alla contemplazione di questa Bontà infinita che è Dio.

Gesù-Uomo Si compiace di pregare Dio

In quel tempo, 13a avendo udito della morte di Giovanni Battista, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto.

Dopo la morte del Precursore, Gesù Si diresse in una regione situata fuori dalla giurisdizione di Erode – che cominciava a sentirsi infastidito dal Suo operato e avrebbe potuto anche perseguitarLo (cfr. Mt 14, 1-2; Mc 6, 14-16; Lc 9, 7-9) –, non perché Lo temeva, bensì “non era ancora giunta la sua ora” (Gv 7, 30). Lo muoveva anche il desiderio di ritirarSi con i suoi discepoli per alcune ore di preghiera, terminata la prima missione di evangelizzazione che aveva loro affidato (cfr. Mc 6, 7.30-32). In relazione agli Apostoli, si spiega bene la convenienza o anche la necessità di un ritiro dopo un periodo di intensa attività. Per quanto riguarda il Divino Redentore, tuttavia, questa decisione sorprende, dal momento che Egli è Dio. Avrebbe forse pregato Sé stesso? Che avesse bisogno di dedicare parte del suo tempo alla preghiera? Sì, perché è anche Uomo. E Gesù, con la sua intelligenza, volontà e sensibilità umana, prega Sé stesso in quanto Dio; nella sua umanità, ricorre alla sua divinità. C’è in questo un mistero che supera i nostri orizzonti. Egli ci mostra, così, lo straordinario valore della preghiera per ottenere favori dal Cielo, come, per esempio, quello di offrire alle moltitudini più grazie affinché esse Lo comprendessero meglio.

Dimentico di Sé, Cristo Si preoccupava degli altri

13b Ma la folla, saputolo, Lo seguì a piedi dalle città. 14 Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

Prese da ammirazione per la verità, bontà e bellezza che emanavano dal Maestro, le persone Lo seguivano senza preoccupazioni comuni, motivate dal desiderio di convivere con Lui, di ascoltare i suoi insegnamenti e presenziare i suoi miracoli. Ricevevano tali ineffabili grazie di consolazione e di fervore, che non misuravano distanze né sacrifici. In questa occasione, si spostarono in fretta a piedi, lungo le rive del Mare della Galilea, mentre Gesù faceva il percorso in barca per poterSi isolare un po’. 

La moltiplicazione dei pani

La moltiplicazione dei pani

Non è difficile immaginare la scena: mentre Si disponeva a scendere dall’imbarcazione, pronto a entrare in raccoglimento, Nostro Signore trovava una moltitudine che lo aspettava sulla riva. Un uomo egoista, pertanto, poco desideroso di fare il bene agli altri, subito si sarebbe infastidito nel vedere il suo progettato ritiro svanire. Diversa fu la reazione del Salvatore: “sentì compassione per loro”. Rinunciò di buon grado al suo progetto e cominciò immediatamente a guarire tutti i malati e a insegnare molte cose sul Regno di Dio, fino al tramonto. Non ci fu nessuno che se ne andasse disatteso o senza ricevere un beneficio.

Ecco il premio per quelli che mantengono acceso il senso della verità, del bene e del bello e si lasciano guidare da lui. “Grande era l’adesione di quelle moltitudini, ma ciò che fa Gesù oltrepassa la ricompensa dovuta al più ardente fervore”.1 Come superiore perfetto, Egli sa prendersi cura dei subalterni e ha compassione, ossia, soffre con loro.

I discepoli si preoccupavano per se stessi

15 Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: “Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”.

La moltiplicazione dei pani

La moltiplicazione dei pani

Sempre più incantate dal Divino Maestro, quelle persone non si preoccupavano di alimentarsi, perché “il desiderio di stare al suo fianco non gli lasciava sentire la fame”.2

I discepoli, al contrario, percependo che si avvicinava la fine della giornata, temevano di far fatica a fornire cibo a così tanta gente. Ora, essi avevano già visto Gesù convertire l’acqua in vino a Cana, e operare ogni tipo di miracoli che confermavano che Lui era realmente Dio o, per lo meno, un grande profeta con un potere taumaturgico straordinario. “Tuttavia, nemmeno così poterono prevedere il miracolo della moltiplicazione dei pani, talmente imperfetti erano in questa occasione”.3

San Giovanni aggiunge nel suo Vangelo un particolare: Gesù chiede a Filippo dove comprar cibo per un così grande numero di persone, e questi risponde che erano necessari più di duecento denari di pane (cfr. Gv 6, 5-7). Era evidente che il Divino Maestro non pretendeva che andassero ad acquistare una tale quantità di pane che, del resto, essi non avrebbero trovato nei dintorni e, forse, nemmeno disponevano del denaro necessario per questo. Fin dall’eternità, tuttavia, il Verbo di Dio già sapeva quello che avrebbe fatto, e aveva soltanto l’intenzione di sperimentare la fede dei discepoli sul suo illimitato potere di realizzare prodigi.

I discepoli manifestano una fede debole

16 Ma Gesù rispose: “Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare”. 17 Gli risposero: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci!”

La risposta del Signore è tassativa: quelle migliaia di uomini “non occorre che vadano” a comprare viveri. Visto che i mezzi materiali si mostravano del tutto insufficienti, era giunto il momento che Dio agisse, poiché Egli “sceglie, per intervenire, il momento delle situazioni disperanti”.4 Il Redentore voleva anche facilitare ai discepoli la pratica della virtù dell’umiltà, poiché constatando che la quantità di gente non costituiva una difficoltà per il Signore, avrebbero dovuto dichiarare la propria incapacità di risolvere l’impasse e mettersi a disposizione del Divino Taumaturgo, per servirLo nel miracolo che Egli, essendo la Bontà in essenza, avrebbe dovuto operare a favore di quella moltitudine.

La risposta permette di supporre la reazione dei discepoli di fronte alle parole di Gesù: “Quest’uomo chiede cose impossibili..

Come facciamo a sfamare tutta questa gente con cinque pani e due pesci? Che abbia nozione di quante persone ci sono qui?”. La loro obiezione dimostra quanto erano lungi dal vivere secondo la convinzione che tutto è di Dio, tutto è in Lui e da Lui è diretto, ossia, nulla accade senza il suo permesso.

Merita qui fare una considerazione a questo riguardo. Esiste un taglio che divide drasticamente gli uomini in due categorie ben definite: quelli che hanno fede e quelli che non ce l’hanno; quelli che si orientano secondo l’ottica soprannaturale della fede e quelli che regolano la loro esistenza in funzione del concreto, del materiale, del palpabile e sensibile. Questi costituiscono una grande fetta dell’umanità, forse prevalentemente maggiore di quella degli uomini di fede, i quali, a loro volta, sanno trovare la mano di Dio in tutto, anche nel dolore, ma soprattutto quando Lui risolve le situazioni in modo meraviglioso.

La moltiplicazione dei pani e dei pesci

18 Ed egli disse: “Portatemeli qua”. 19 E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al Cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla.

Contrariamente a quanto volevano gli Apostoli, Nostro Signore non manda via le moltitudini, ma assume la responsabilità di alimentarle; non abbandona quelle migliaia di uomini, donne e bambini che si erano messi sotto la sua protezione con tanta fiducia ed entusiasmo. La cura nel distribuire tutti ordinatamente sull’erba, che era abbondante in quanto era primavera, facilitava il calcolo del numero dei presenti e si accordava con l’abitudine orientale di consumare i pasti in gruppo.

Gesù prende i pani e i pesci, eleva gli occhi al Cielo – Egli che è il Padrone del Cielo, della Terra e dell’Universo intero –, benedice gli alimenti e li consegna ai discepoli perché siano distribuiti a tutti i presenti. Maldonado commenta – secondo San Giovanni Crisostomo e Leonzio – che Gesù fa portare i pani per dimostrare che “chi dà da mangiare a tutto l’orbe terrestre è il Signore, e Lui non dipende dall’ora né da tempo alcuno, poiché in qualsiasi occasione e congiuntura può fare di qualunque cosa quanti pani vuole”.5

Padre Manuel de Tuya6 propone un’interessante questione: i pani si moltiplicarono nelle mani di Cristo o in quelle degli Apostoli, mentre questi li distribuivano? E risponde che non si sa con sicurezza, data la concisione del racconto evangelico. San Giovanni Crisostomo, da parte sua, osserva che consegnandoli ai discepoli affinché essi facessero la distribuzione e verificassero personalmente la grandezza del miracolo, il Divino Maestro con questo “non voleva solo onorarli. Voleva anche che, realizzandosi il miracolo, essi gli dessero fede e non lo relegassero poi nel dimenticatoio, poiché le loro stesse mani avrebbero dovuto attestarlo. […] Insomma, prende i pani dalle loro mani affinché ci siano molti testimoni del fatto e rimangano molti ricordi del miracolo”.7

La sovrabbondanza di un miracolo

20 Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati. 21 Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Conclusa la miracolosa refezione, avanzò ancora un’abbondante quantità di pani che furono raccolti, secondo gli usi del tempo, e ognuno degli Apostoli dovette trasportare un cesto al ritorno. Curioso contrasto con l’inizio della distribuzione, quando avevano poco peso in mano. Per questo non si può considerare di poco conto l’impressione dei discepoli e della moltitudine di fronte alla grandezza del prodigio.

Secondo una credenza diffusa negli ambienti giudaici, il Messia avrebbe fatto cadere dal cielo manna, più di quello che aveva fatto Mosè nel deserto,8 e con ciò ci sarebbe stata sovrabbondanza di viveri nella terra di Israele.9 Dopo aver visto Nostro Signore guarire numerosi malati, aver mangiato un pane di incomparabile sapore, frutto di un altro grande miracolo, si comprende che quegli uomini non volessero più lasciare la compagnia di chi operava così tante meraviglie, poiché ritenevano trattarsi del tanto atteso Messia. “Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo” (Gv 6, 14), affermavano, constatando come Lui risolvesse tutti i problemi.

Fa fronte alle necessità e sana le miserie

Il Vangelo ci presenta il Signore Gesù come Colui che fa fronte a tutte le nostre necessità e ci fortifica nelle debolezze. Ora, tra queste, più che le insufficienze fisiche, ci sono soprattutto, le inclinazioni verso il male, le passioni disordinate che non riusciamo a dominare senza l’ausilio permanente della grazia. Queste miserie, però, ci aiutano a riconoscere la nostra totale dipendenza dalla vera linfa che proviene da Lui.

Di questo ci dà un chiaro insegnamento la prima lettura (Is 55, 1-3), del Libro del Profeta Isaia: “O voi tutti assetati venite all’acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e, senza spesa, vino e latte” (55, 1). Come avviene tante volte nelle Scritture, qui è utilizzato un linguaggio simbolico. La sete alla quale si riferisce il profeta è principalmente spirituale. Infatti, abbiamo nella nostra anima un desiderio insaziabile di felicità, perché siamo creati per l’infinito. Come ha scritto Sant’Agostino,10 siamo stati fatti per Dio e il nostro cuore non sarà tranquillo finché non riposerà in Lui. Quando vedremo Dio faccia a faccia, tutto il resto diventerà niente per noi, perché verificheremo quanto solo Lui soddisfi interamente la sete delle acque limpide della grazia.

Una bella prefigurazione dell’Eucaristia

I pani moltiplicati da Nostro Signore sono immagine di un alimento spirituale, l’Eucaristia, che si moltiplica nel mondo intero per portare gli uomini in Cielo

I pani moltiplicati da Nostro Signore sono immagine di un alimento spirituale, l’Eucaristia, che si moltiplica nel mondo intero per portare gli uomini in Cielo

Con soli cinque pani e due pesci Nostro Signore alimentò una moltitudine di cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. In un’epoca in cui le famiglie erano generalmente numerose, è possibile supporre che la quantità di gente fosse maggiore. Forse il doppio, il triplo o anche più. Si misura l’importanza di questo miracolo col fatto che è l’unico riferito dai quattro Evangelisti. Esso ebbe anche una grande ripercussione, perché nella regione si trovavano carovane provenienti dalle più svariate località in cammino verso Gerusalemme, per la festa della Pasqua che si approssimava. 

Realizzandolo, Gesù aveva lo scopo non solo di alimentare i corpi ma, soprattutto, preparare le anime ad accettare l’Eucaristia. Moltiplicando pani e pesci, manifestò il suo potere sulla materia. Camminando sulle acque, poche ore dopo, rese chiaro il dominio sul suo stesso Corpo (cfr. Mt 14, 22-27). In questo modo, il Divino Maestro predisponeva gli Apostoli a credere, più tardi, all’Eucaristia, poiché chi è capace di operare tali prodigi può perfettamente istituire un Sacramento nel quale la sostanza del pane fa posto a quella del suo sacro Corpo. Questo miracolo è, dunque, una splendida prefigurazione dell’Eucaristia. Abbiamo oggi il Santissimo Sacramento a nostra disposizione nelle Messe quotidianamente celebrate nel mondo intero: è la moltiplicazione dei Pani Consacrati, il Pane della Vita, fino alla fine dei secoli.

Significato mistico del miracolo

Dio poteva creare l’uomo con una natura differente, atto ad alimentarsi, per esempio, solo con aria o con acqua, ma ha preferito crearlo con la necessità della nutrizione, perché era nei suoi disegni divini dargli, a suo tempo, il supremo alimento spirituale: il Sacramento dell’Eucaristia. Di conseguenza, è opportuno dire che Lui, ideando il frumento e l’uva come due creature vegetali possibili, da sempre, non mirò soltanto a offrire all’uomo i mezzi per elaborare un buon spumante o preparare un magnifico pane. Nella mente del Creatore c’era in primo luogo l’Eucaristia, il Corpo, Sangue, Anima e Divinità di suo Figlio, sotto le specie del pane e del vino che, in un estremo di bontà inimmaginabile, avrebbe offerto agli uomini in alimento.

Spiega Sant’Alberto Magno11 che unendosi due sostanze, in maniera che una si muti nell’altra, la superiore assimila l’inferiore, essendo questa più debole e imperfetta. Ora, il Santissimo Sacramento è un alimento così infinitamente e sostanzialmente superiore a tutto l’ordine della creazione, che Egli assume chi lo riceve, perfezionando e santificando l’anima. Possiamo illustrare questo effetto con un suggestivo esempio: addizionando a una botte piena di alcol una goccia di essenza di un raffinato profumo, tutto l’alcol si trasforma in profumo. Riferendosi a questo tema, conclude San Tommaso12 che questo è quanto accade nell’Eucaristia. Quando si tratta dell’alimento comune, il suo organismo estrae le sostanze adeguate per il suo sostentamento e le assimila. Nell’Eucaristia, al contrario, è Cristo che assume e divinizza la persona che Lo riceve. Per questo Egli ha affermato in modo categorico: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo Sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue ha la vita eterna e Io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6, 53-54).

In questo senso, che incommensurabile dono è quello di disporre quotidianamente dell’Eucaristia! Ci fu un tempo in cui le persone si comunicavano una volta all’anno, e la Prima Comunione era fatta solamente in età adulta. Nei giorni attuali, a partire dall’uso della ragione è permesso ricevere Gesù-Ostia e, in accordo con le norme canoniche vigenti, si ammette la frequenza al Sacro Banchetto anche due volte al giorno.

III – L’illimitato Amore di Dio ci riempie di fiducia

La Liturgia della 18ª Domenica del Tempo Ordinario deve stimolarci a una fiducia straordinaria nella Provvidenza, poiché, una volta uniti a Gesù, possiamo dire con San Paolo, nella seconda lettura di questa giornata: “Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati! Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né Angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, Nostro Signore” (Rm 8, 35.37-39). L’Apostolo, che già era passato per tutte queste difficoltà, conservava la forza d’animo, lo zelo apostolico e il fuoco per desiderare di conquistare il mondo perché sentiva l’amore di Dio incidere su di lui. Se consideriamo che il Padre ha promosso l’Incarnazione del suo Unigenito, uguale a Lui, nella nostra miserabile natura, per soffrire indicibilmente e ottenerci la salvezza, avremo un’idea della grandezza di questo amore.

Santa Maria Maravillas di Gesù

Santa Maria Maravillas di Gesù

Insegna San Tommaso d’Aquino13 che l’amore di Dio è così efficace che infonde la bontà nella creatura da Lui amata. Così, quando troviamo uno molto buono, stiamo sicuri: Dio lo ama in modo speciale. Dobbiamo chiedere la grazia di sentire questa predilezione divina per noi, proprio come l’hanno sperimentata le moltitudini nel deserto quando furono guarite dalle loro infermità e alimentate con il pane più delizioso che si sia conosciuto. Egli vuol darci tutto ma, molte volte, siamo noi che lo impediamo. Dice va Santa Maravillas di Gesù: “Se tu Lo lasci…”.14 Se noi ci lasciassimo santificare da Dio…

La santità delle generazioni attuali e future dovrà risplendere in uomini che, riconoscendo le proprie insufficienze e debolezze, saranno fedeli anche se fragili e non opporranno ostacoli all’amore che Dio prodiga a ciascuno, poiché avranno assaporato la sovrabbondanza della generosità divina e per questo, anche nelle più grandi difficoltà, confideranno incondizionatamente nell’inesauribile Bontà Assoluta, che è Dio! 

 

1) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Omelia XLIX, n.1. In: Obras. Homilías 
sobre el Evangelio de San Mateo (46-90). 2.ed. Madrid: BAC, 2007, 
v.II, p.53. 

2) Idem, p.54.


3) Idem, ibidem. 

4) SAINT LAURENT, Thomas de. El libro de la Confianza. 2.ed. 
Bogotá: Corporación SOS Familia, 2000, p.25.


5) MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los Cuatro Evangelios. 
Evangelio de San Mateo. Madrid: BAC, 1956, v.I, p.532. 

6) Cfr. TUYA, OP, Manuel de. Biblia Comentada. Evangelios. 
Madrid: BAC, 1964, v.V, p.340.


7) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, op. cit., n.2, p.58. 

8) Cfr. TUYA, op. cit., p.341. 

9) Cfr. BONSIRVEN, SJ, Joseph. Le judaïsme palestinien au temps 
de Jésus-Christ. Paris: Beauchesne, 1950, p.193-194.


10) Cfr. SANT’AGOSTINO. Confessionum. L.I, c.1, n.1. In: Obras. 
7.ed. Madrid: BAC, 1979, v.II, p.73.

11) Cfr. SANT’ALBERTO MAGNO. Super Sent. L.IV, d.IX, A, a.2, 
ad quest. ad 1. 

12) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Super Sent. L.IV, d.12, q.2, a.1, qc.1.


13) Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. I, q.20, a.2.


14) GRANERO, Jesús María. Madre Maravillas de Jesús. Biografía 
espiritual. Madrid: Fareso, 1979, p.139.
Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” da Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.