Gesù Cristo e il dolore: da quest’unione è nata la Chiesa

Don Mario Beccar

Don Mario Beccar, EP.

 Qual è il ruolo del dolore nella vita dell’uomo? Deve essere desiderato o detestato? È inevitabile? Questioni come queste, che possono presentarsi ad ogni uomo, popolavano la mente del celebre scrittore cattolico francese Joris-Karl Huysmans (1848-1907) quando scriveva una delle sue grandi opere, “L’Oblat”, della quale trascriviamo di seguito un brano.

  Nel tentativo di comprendere la ragione d’essere di questa terribile benefattrice, si dovrebbe risalire alla prima età del mondo, entrare in quell’Eden dove, non appena Adamo ha conosciuto il peccato, è sorta la sofferenza. Essa è stata la primogenita delle opere dell’uomo, e da allora lo perseguita sulla terra e persino oltre la tomba, fin sulle soglie del Paradiso.

 Essa è stata la figlia espiatrice della disobbedienza, quella che il Battesimo, che spegne il peccato originale, non ha estinto. All’acqua del sacramento, ha aggiunto l’acqua delle lacrime. Per quanto gli sia stato possibile, ha pulito le anime con le due sostanze prese dallo stesso corpo dell’uomo: l’acqua ed il sangue.

 Odiosa a tutti e detestata, ha martirizzato le generazioni che si sono succedute. Da padre in figlio, l’Antichità ha trasmesso l’odio e la paura per questa commissaria delle opere divine, questa torturatrice, incomprensibile per il paganesimo che l’ha eletta a dea malvagia non placabile dalle orazioni e dalle offerte.

 Ha proceduto per secoli sotto il peso della maledizione dell’umanità. Stanca di ispirare, nel suo compito riparatore, soltanto collere e schiamazzi, ha aspettato – anch’essa – con impazienza la venuta del Messia che doveva redimerla dalla sua abominevole fama e distruggere l’esecrabile stigma che aveva con sè.

 Essa Lo aspettava come Redentore, ma anche come lo Sposo che le era destinato fin dalla caduta. A Lui riservava le sue violenze amorose fino ad allora represse perché, nel compimento della sua triste e santa missione, essa soltanto poteva distribuire torture quasi intollerabili; riduceva le sue desolanti carezze in rapporto alle persone; non si consegnava interamente ai disperati che la rigettavano e la ingiuriavano, anche quando presentivano che semplicemente li spiava, senza approssimarsi troppo a loro.

 Essa fu di fatto una magnifica amante solo con l’Uomo-Dio, la cui capacità di sofferenza oltrepassava ciò che lei aveva conosciuto. Si è trascinata accanto a Lui in quella notte spaventosa in cui, solo e abbandonato in una grotta, Egli si assumeva i peccati del mondo. Ed essa si è eccitata talmente che Lo ha abbracciato ed è divenuta grandiosa.

 Essa era talmente terribile che Egli è svenuto al suo contatto. La sua Agonia è stato il suo fidanzamento. Il suo simbolo di fede, come quello di qualsiasi sposa, è stato un anello, ma un anello enorme che di anello aveva appena la forma e, oltre ad essere un simbolo di matrimonio, era un emblema di regalità, una corona. Con questo diadema, lei ha cinto il capo del suo Sposo, prima ancora che i giudei avessero intrecciato la corona di spine da lei ordinata, e la fronte divina si è cinta di un sudore di rubini e si è adornata di un gioiello di perle di sangue.

 Lei Lo ha saziato con le uniche carezze di cui era capace, e cioè, con tormenti atroci e sovrumani. E come sposa fedele, si è unita a Lui e non Lo ha più abbandonato. Maria Santissima, Maddalena e le sante donne non avevano potuto seguirLo in tutti i luoghi. La sofferenza, invece, Lo ha accompagnato al pretorio, da Erode, da Pilato. Lei ha esaminato le striscie di cuoio dei flagelli, ha rettificato la treccia delle spine, ha affilato il ferro della lancia e appuntito gelosamente la punta dei chiodi.

 E quando è arrivato il momento supremo delle nozze- mentre Maria, Maddalena e Giovanni rimanevano in lacrime ai piedi della croce – lei, come la povertà di cui parla San Francesco di Assisi, è salita deliberatamente al letto del patibolo, e dall’unione di questi due reietti della terra è nata la Chiesa. In fiotti di sangue e acqua, lei è uscita dal cuore sacrificato. Ed è stata la fine. Divenuto impassibile, Cristo sfuggiva per sempre ai suoi amplessi. Lei è rimasta vedova nell’esatto momento in cui era stata, alla fine, amata, ma scendeva dal Calvario riabilitata da questo amore, riscattata da questa morte.

 Tanto vituperata quanto il Messia, si era elevata con Lui e, anche lei, aveva dominato il mondo dall’alto della Croce. La sua missione veniva ratificata e nobilitata. D’ora in avanti, lei era comprensibile per i cristiani e sarebbe stata amata, fino alla fine dei tempi, da anime che l’avrebbero chiamata per affrettare l’espiazione dei loro peccati e quelli degli altri, per amarla in memoria e imitazione della Passione di Cristo Nostro Signore.