VANGELO

16 “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. 18 Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. 20 Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. 21 Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. 24a Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

(Mt 1, 16.18- 21.24a)

Mons. João Scognamiglio Clá Dias,EP

Mons. João Scognamiglio Clá Dias,EP

Elevato ad altezze inimmaginabili…

Sposo di Maria, padre virginale di Gesù e Patriarca della Chiesa. Questi tre titoli, glorioso appannaggio di San Giuseppe, proclamano la grandezza della sua missione e l’elevatezza di doni con i quali la sua anima fu adornata dalla Divina Provvidenza.

I – UN SANTO INSUFFICIENTEMENTE VENERATO

  Figura eccezionale, esaltata dalla Chiesa insieme con quella di Maria, non sarà mai abbastanza lodare San Giuseppe, tale è la quantità di meraviglie e privilegi di cui è piaciuto a Dio cumularlo. Purtroppo questo glorioso Patriarca molte volte è dimenticato, essendo il suo culto minore di quanto meriterebbe. Una spiegazione a tutto ciò la troviamo nella deviazione verificatasi nei primi tempi del Cristianesimo per quanto riguarda la devozione alla Madonna. Infatti, i fedeli ammiravano tanto la Sua grandezza che alcuni giunsero a riverirLa come fosse una dea.1

  San Tommaso d’Aquino2 insegna che ogni situazione intermedia, considerata a partire da uno degli estremi, sembra il contrario. Ed è ciò che si è verificato con il culto alla Santissima Vergine, poiché, analizzata a partire dalla nostra condizione di creature concepite nel peccato originale, Lei sembra più vicina a Dio che a noi. La Chiesa ha evitato questo errore mantenendo certi limiti nelle dimostrazioni di pietà mariana. Solo nel IV secolo ha dichiarato il dogma della maternità divina, definendo la partecipazione relativa di Maria al piano dell’unione ipostatica, il più alto grado di tutto l’ordine della creazione, e ha lasciato passare lunghi secoli per proclamare, alla fine, la sua Immacolata Concezione. È stato necessario, all’inizio, fissare l’adorazione a Nostro Signore Gesù Cristo per poi stimolare l’amore alla Madre di Dio, secondo il gusto dei ritmi divini soffiati dallo Spirito Santo. Per quanto riguarda San Giuseppe, non pare vi sia altra ragione. Può darsi che Nostro Signore abbia voluto che certi aspetti di quest’uomo rimanessero nascosti per impedire che, esageratamente esaltati, venissero a offuscare la figura di Cristo, poiché le attenzioni dovevano essere tutte rivolte a Lui. Non è comprensibile, pertanto, che, essendo Gesù l’Uomo-Dio, nato da una Madre Immacolata, collocasse vicino a Sé, come padre adottivo, una persona spenta, senza luce. Pertanto, se per venti secoli San Giuseppe rimane nascosto e ritirato, è da sperare che stia arrivando l’ora in cui la teologia renda esplicite vere novità a suo riguardo, grazie alle quali sia conosciuto, con esattezza e nei dettagli, il suo ruolo nella Sacra Famiglia e la categoria della sua elevatezza in quanto sposo di Maria, padre di Gesù e Patriarca della Santa Chiesa.

“Confermerò la sua regalità”

  Nella prima lettura di questa Solennità, tratta dal Secondo Libro di Samuele, la Chiesa applica a San Giuseppe e, soprattutto, a Gesù Cristo le parole rivolte dal Signore a Davide, per bocca del profeta Natan. Una volta garantita la stabilità del suo trono, Davide aveva il grande impegno di edificare un tempio a Dio, poiché si sentiva insoddisfatto per il fatto di possedere per sé un buon palazzo, mentre per il culto divino e la custodia dell’Arca dell’Alleanza non esisteva ancora un luogo all’altezza. Per questo, con la benedizione divina, egli ha cominciato a fare progetti, a riunire materiale per le opere e preziosi elementi di ornamentazione. Un giorno, il profeta Natan ha fatto sapere che non sarebbe stato lui ad elevare la dimora a Dio, ma uno dei suoi figli: “Dice il Signore: ‘Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu giacerai con i tuoi padri, io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile per sempre il trono del suo regno. Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre’” (II Sm 7, 5a.12-14a.16).

  Non c’è movimento più forte nell’anima di un monarca del desiderio di dare continuità alla sua dinastia nel governo del regno dopo la sua morte.  Senza dubbio, tale era l’anelito di Davide, il quale forse non avrebbe neppure osato formulare la richiesta, ritenendolo sfrontato, a tal punto da offendere Dio. Ma Lui stesso, prendendo l’iniziativa, gli ha annunciato che avrebbe stabilito la sua casa e avrebbe confermato in essa il regno, significando che non sarebbe capitato alla sua stirpe qualcosa di analogo a quella di Saul, primo sovrano d’Israele, che perse la dignità reale a causa dei suoi molteplici peccati (cfr. I Sm 15, 23). Analizzando questa lettura, potremmo incorrere nell’errore di arrivare alla conclusione che tutti i discendenti di Davide fossero perfetti… La realtà storica, invece, dimostra che ci furono numerose infedeltà. Nonostante ciò, Dio non ha deposto dal trono il suo lignaggio e lo ha mantenuto fino all’ultimo anello, Colui che ha legato la stabilità di questo regno all’eternità, come sottolinea il Salmo Responsoriale: “In eterno durerà la sua discendenza” (Sal 89, 37). Giuseppe fa parte di questa genealogia, insieme a Maria Santissima, per dare origine al Signore Gesù, realizzando la promessa fatta al Re-Profeta. A questa considerazione, tuttavia, si potrebbe allegare il fatto che lui non era il vero padre di Gesù, visto che non ha prestato concorso umano al suo concepimento.

Il vincolo spirituale supera quello di sangue

  Ora, la perennità di una discendenza non può esser basata sulla consanguineità, quanto, invece, su un fondamento divino che la renda eterna, ossia, sulla grazia. San Paolo sottolinea ancor più questa idea, nell’Epistola ai Romani (4, 13.16-18.22), contemplata in questa Liturgia, ricordando le parole di Dio ad Abramo: “Ti ho costituito padre di molti popoli” (Rm 4, 17a). Abramo è pater multarum gentium – padre di molti popoli, in ciò che riguarda la fede e non la razza. Esiste, pertanto, un livello superiore a quello naturale, a quello umano, una famiglia costituita dalla fede e non dal sangue. Insiste l’Apostolo: “È nostro padre davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono. Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: “Così sarà la tua discendenza”. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia” (Rm 4, 17b-18.22). In San Giuseppe, in quanto discendente di Davide, si compiono tutte le promesse dell’Alleanza. Egli è padre di Gesù per la fede ereditata da Abramo e da lui portata alla perfezione. Il vincolo esistente tra lui e il Redentore è una relazione di fede.

II – LA REALIZZAZIONE DELLA PIÙ GRANDE MISSIONE DELLA STORIA

  Avendo già considerato in un’altra occasione il Vangelo scelto per la Liturgia di questa Solennità, nella sua prima opzione,3 lo analizzeremo ora, in forma breve, al fine di estrarne insegnamenti utili per crescere nella devozione a San Giuseppe.

Una posizione di umiltà e ammirazione

16 “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. 18 Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19 Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto”.

  La narrazione di San Matteo evidenzia ciò che è stato detto sopra, poiché mostra quanto San Giuseppe fosse un uomo integro e di fede incrollabile di fronte alle più grandi difficoltà. Nella sua anima non c’era posto per nessuna frenesia, esempio per un mondo nel quale si venera l’agitazione e la trepidazione. Infatti, nella vita dei santi tutto trascorre in modo e sereno, anche in mezzo alle difficoltà. E quando sono colpiti da drammi, riflettono, prendono una decisione e continuano ad andare avanti, senza perdere la pace.

  Giuseppe “era giusto”, e quando ha visto Maria nel periodo di gestazione, non ha avuto alcun sospetto riguardo alla sua purezza, poiché La conosceva a fondo e “credeva più nella castità della sua sposa che in quello che i suoi occhi vedevano, più nella grazia che nella natura”. 4 Tuttavia, amante e osservatore della Legge – come si riflette in altri episodi del Vangelo –, si vedeva obbligato a ripudiarLa in pubblico o in privato, o a denunciarLa, consegnando alla morte Colei della cui innocenza aveva piena convinzione. Avrebbe potuto, al contrario, trattenerLa con sé, astenendosi dall’accusarLa, e assumere il bambino come suo, ma neanche tale possibilità gli piaceva considerandosi indegno di un parto così alto e straordinario.5 Così, non comprendendo quello che in Lei si realizzava, subito ha adottato una postura di umiltà e d’inferiorità: ha consegnato tutto nelle mani di Dio, ha accettato l’umiliazione e ha deciso di ritirarsi  in segreto, prima che si manifestasse l’accaduto, come a dire: “Domine non sum dignus”.

Sei all’altezza!

20 “Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo
del Signore e gli disse: ‘Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo’”.

  Già determinato a partire, trafitto dal dolore, ha ricevuto da un Angelo la rivelazione: il frutto di Maria Santissima era lo stesso Dio fatto Uomo, e Lei sarebbe stata Madre senza smettere di essere Vergine! Quanto a lui, differentemente da quello che pensava, era, sì, all’altezza della sua celestiale sposa, diventando uno dei primi a conoscere il mistero sacro dell’Incarnazione del Verbo.

Sarai padre del Bambino

21 “‘Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati’”.

  È difficile concepire quale sia stata la consolazione e l’entusiasmo di San Giuseppe nel sapersi legato a questo mistero e nel sentire dall’Angelo l’annuncio che gli toccava, in quanto Patriarca e signore della casa, dare il nome al Bambino. Allo stesso modo che nella generazione eterna della Seconda Persona della Santissima Trinità il nome è stato posto da Dio Padre, che Lo ha chiamato Salvatore – infatti Gesù significa colui che salva –, Giuseppe
Gli avrebbe specificato anche la missione in relazione alla sua nascita temporale, assumendo, per speciale concessione divina, un ruolo umano parallelo a quello del Padre Eterno. A questo proposito, commenta il devoto padre Isidoro de Isolano: “È costume che i padri siano coloro che hanno autorità di dare il nome ai loro figli. E siccome Gesù era il Figlio di Dio, San Giuseppe ha fatto in questo le veci del Padre celeste. Quando i principi sono battezzati– opportunità in cui i cristiani danno il nome ai loro figli–, chi, se non un altro re, ambasciatore o alto personaggio, costuma fare le veci dei padri nell’attribuzione del nome? Infatti in una circostanza simile nessuno è parso tanto grato al Padre celeste, tanto degno e tanto insigne, come San Giuseppe”.6 In questo modo, si compiva in pienezza la profezia che il Messia sarebbe stato Figlio di Davide, e lo sarebbe stato tanto da parte del padre quanto da quella della Madre.7

24a “Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore”.

  Giuseppe, obbediente, ha accolto Maria ed ha iniziato a vivere con Lei in un’atmosfera di pace e tranquillità, in attesa della nascita del Bambino Gesù, senza, tuttavia, fare nessun commento sull’accaduto, per l’enorme rispetto che tributava a Lei. Ma sapeva che l’atteso dai profeti, l’Emanuele, il Cristo era venuto a vivere nella sua casa e lui poteva adorarLo, da allora, realmente presente nel tabernacolo delle viscere purissime della sua sposa virginale.

III – GRANDEZZA DI SAN GIUSEPPE ALLA LUCE DEL VANGELO

  In questi brevi versetti risulta chiaro quanto San Giuseppe è padre legale di Nostro Signore, poiché il santo Patriarca ha esercitato di fatto questo incarico, al punto che, nel Vangelo di San Luca, Maria menziona Giuseppe come padre di Gesù, trovandoLo nel Tempio: “Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo” (Lc 2, 48).

  Infatti, il matrimonio realizzato tra la Madonna e San Giuseppe è stato interamente valido, secondo la Legge. E come ogni matrimonio, essendo un contratto bilaterale, dipendeva dall’assenso di entrambi. È anche una verità ammessa da tutti i Padri e teologi che tanto Maria come Giuseppe erano vincolati a un voto di verginità. Certamente, Lei gli avrà comunicato questo proposito fatto e lui lo ha accettato, infatti anche lui avrà fatto lo stesso voto, per cui i due hanno concordato di mantenerlo all’interno del matrimonio. Pertanto, Lei è stata Vergine con la conoscenza e il consenso del suo sposo, che è rimasto legato per libera e spontanea volontà a questo impegno.

  Come sappiamo, secondo la Legge antica l’uomo diventava padrone della sua sposa, in modo che “la donna israelita costumava chiamare suo marito con i termini baʻal – ‘padrone’ e ‘adôn – ‘signore’, come facevano gli schiavi col loro padrone e il suddito col suo re”.8 A partire dal momento in cui i due si sono uniti, San Giuseppe è diventato signore di Maria, di conseguenza, signore di tutto il frutto di Lei. San Francesco di Sales spiega questa situazione per mezzo di una bella allegoria: “Se una colomba […] porta nel suo becco un dattero e lo lascia cadere in un giardino, non diremmo che la palma che verrà a nascere appartiene al proprietario del giardino? Ora, se questo è vero, chi potrà dubitare che lo Spirito Santo, avendo lasciato cadere questo divino dattero, come una divina colomba, nel giardino ben chiuso della Santissima Vergine (giardino sigillato e attorniato da tutti i lati dal recinto del santo voto di verginità e castità tutta immacolata), la quale apparteneva al glorioso San Giuseppe, come la donna o sposa appartiene allo sposo, chi dubiterà, dico, o chi potrà dire che questa divina palma, i cui frutti alimentano per l’immortalità, non appartenga al grande San Giuseppe?”.9

  Per l’Incarnazione era indispensabile che la Madonna concepisse entro le apparenze di un matrimonio umano, al fine di non creare una situazione incomprensibile, che intralciasse
la missione del Messia. Dunque, la gestazione di Gesù nel seno di Maria Santissima aveva in
Giuseppe il sigillo della legalità, in modo da garantire che il Bambino venisse al mondo in condizioni di normalità familiare, al fine di operare la Redenzione dell’umanità.

Il “fiat” di San Giuseppe

  Questa prerogativa di San Giuseppe, della paternità legale del Bambino, brilla ancora con maggior fulgore quando constatiamo che, essendo suo il frutto di Maria, egli avrebbe potuto rifiutare l’invito dell’Angelo nel sogno, ma non lo ha fatto. In questo modo, parallelamente al “Fiat!” della Madonna in risposta a San Gabriele nel momento dell’Annunciazione, anche lui ha pronunciato un altro fiat sublime, accettando, con la fede, di essere padre adottivo di Nostro Signore Gesù Cristo.

  Una volta che lui ha acconsentito a mantenere lo stato di verginità e ha accettato il mistero della concezione del Bambino Gesù in Maria, San Giuseppe deve esser considerato, anche, padre verginale del Redentore poiché ha avuto un grande legame con l’Incarnazione, sebbene estrinseco. Egli è stato necessario affinché ci fosse l’unione ipostatica, ed è stata volontà di Dio che partecipasse anche a quest’ordine ipostatico, in forma estrinseca, morale e mediata.10

Uno sposo all’altezza della Madonna

  Fatte queste considerazioni, ricordiamoci di un altro principio enunciato da San Tommaso d’Aquino: “Quelli che Dio sceglie per un compito speciale, li prepara e li dispone in modo che siano idonei alla loro missione”.11 Infatti, da tutta l’eternità, San Giuseppe è stato nella mente di Dio con la vocazione di essere capo della Sacra Famiglia e per questo è stato creato. Come dice l’Orazione del Giorno della Santa Messa di questa Solennità, a lui sono state affidate “le primizie della Chiesa”.12 E ha avuto sotto la sua custodia queste primizie, che sono state il Bambino Gesù e la Madonna. Dobbiamo concludere, allora, che San Giuseppe ha ricevuto grazie specifiche per essere all’altezza della sua missione di sposo e custode di Maria Santissima, e di padre legale e attribuito di Gesù Cristo, ossia, padre di Dio.

Modello di umiltà

  Tuttavia, che cosa traspare riguardo alla personalità di San Giuseppe nei Vangeli? Non consta che fosse loquace, chiassoso o troppo comunicativo. Al contrario, a somiglianza di Maria, Giuseppe si distingueva per la serietà, circospezione e modestia. Certamente seguiva una routine con ore fisse per tutte le sue mansioni e un’applicazione al lavoro notevole per la costanza.

  Ecco un esempio di quanto Dio ami queste virtù e scelga per le grandi missioni coloro che le praticano. Per convivere con Gesù e proteggere tutto l’ambiente nel quale Egli avrebbe abitato, al fine di realizzare la più alta opera di tutta la Storia della creazione, la Provvi denza ha preferito due persone, una donna e un uomo, che fossero raccolti, silenziosi e umili…

San Giuseppe, patrono della fiducia e della buona morte

  San Giuseppe è anche un impressionante modello della virtù della fiducia. Egli ha accettato
tutte le incertezze che la sua missione arrecava – come constatiamo, per esempio, nell’episodio della fuga in Egitto (cfr. Mt 2, 14) –, poiché è da supporsi che, quanto all’esaudire alle necessità materiali e concrete della vita, la Provvidenza non intervenisse in forma diretta, e lasciasse questa responsabilità alle sue cure. Pertanto, era lui a dover garantire il sostentamento della Sacra Famiglia. A lui si applica, in maniera speciale, la bellissima frase utilizzata più tardi da Nostro Signore per indicare la ragione del premio da dare ai giusti, alla fine del mondo: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete
dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito” (Mt 25, 35-36).

  Come la Madonna ha ricevuto la rivelazione dei patimenti che il Salvatore avrebbe dovuto soffrire sulla Terra per operare la Redenzione, senza dubbio, anche San Giuseppe ha avuto nozione di quello che sarebbe accaduto e ha assunto tutti i drammi e i dolori di Gesù e di Maria. Infiammato d’amore per Gesù, il suo grande desiderio era di continuare in questo mondo a proteggere la sua sposa verginale in tutte le circostanze. Dio,  però, ha deciso di prenderlo con Sé prima che Gesù iniziasse la sua vita pubblica. Forse perché lui non avrebbe tollerato di assistere a tutte le persecuzioni e ai tormenti della Passione e, come uomo, avrebbe dovuto manifestare il suo disaccordo riguardo al piano della morte di Cristo e assumere la Sua difesa. Avrebbe fatto questo con tale impeto di zelo che forse avrebbe impedito che la Passione giungesse al suo termine.

  Abbandonando questa vita, San Giuseppe è morto tra le braccia del suo Divino Figlio. I suoi occhi si sono chiusi alla contemplazione di Dio-Uomo nel tempo e, aprendosi all’eternità, hanno visto Gesù sorridente, che lo ha lasciato nel Limbo dei Giusti, per essere colto il giorno in cui Egli schiudesse le porte del Cielo.

In corpo e anima nella gloria del Cielo

  San Francesco di Sales sostiene la tesi che quando Cristo è risorto, anche San Giuseppe ha recuperato il suo corpo per entrare in Paradiso insieme alle anime di tutti i giusti che in quel momento sono stati liberati dal Limbo e hanno ottenuto la visione beatifica. “E se è vero, cosa cui dobbiamo credere, che in virtù del Santissimo Sacramento che riceviamo i nostri corpi resusciteranno nel giorno del Giudizio, come potremmo dubitare che Nostro Signore abbia fatto salire in Cielo, in corpo e anima, il glorioso San Giuseppe che ha avuto l’onore e la grazia di tenerLo tra le sue benedette braccia, nelle quali Nostro Signore tanto si compiaceva?”.13

  A favore di ciò argomentano anche altri santi e dottori,14 poggiandosi sulla stretta intimità che ha unito la Sacra Famiglia qui sulla Terra. Se Gesù e Maria sono saliti in corpo glorioso in Cielo, non è comprensibile che non si trovi là anche San Giuseppe, visto che lo stesso Nostro Signore ha affermato: “Non separi l’uomo quello che Dio ha unito” (Mt 19, 6; Mc 10, 9). Di conseguenza, secondo una forte corrente teologica, giacché quest’unione è voluta da Dio, ci sono tre persone in corpo e anima nella beatitudine eterna, ancor prima della resurrezione finale nell’ultimo giorno: il Signore Gesù, la Madonna e San Giuseppe.

  Nel considerare, con ammirazione, la figura di San Giuseppe e l’elevatezza inimmaginabile della sua vocazione – al punto che è impossibile pensare che ne esista un’altra di più alta –, vediamo che lui è così al di sopra della nostra condizione che lo consideriamo nella stessa proporzione di Maria. Bisogna, dunque, chiedere: che lui sia stato concepito senza peccato originale? A tutt’oggi il Magistero  della Chiesa non ha affermato il contrario in maniera definitiva, ragion per cui possono esser fatte considerazioni teologiche favorevoli a tale ipotesi.

IV – ACCORRIAMO DA SAN GIUSEPPE!

  Di fronte agli orizzonti grandiosi che la contemplazione amorosa della figura di San Giuseppe ci svela, possiamo concentrare ora la nostra attenzione sulla sua missione di Patriarca della Chiesa e protettore di tutta la sua azione. Qual è quest’azione? Distribuire le grazie come amministratrice dei Sacramenti, che rendono effettivo il disegno di salvezza di Cristo. La Chiesa, al suo nascere, si riduceva a Gesù e a Maria, che obbedivano a San Giuseppe in quanto Patriarca e capo della Sacra Famiglia. Questa relazione tra il Figlio e il padre si mantiene nell’eternità, di modo che Nostro Signore esaudisce con particolare benevolenza le richieste fatte da San Giuseppe.

  Attualmente, ci troviamo in una situazione di decadenza morale terribile, forse peggiore
di quella nella quale vivevano gli uomini quando Nostro Signore Si è incarnato e San Giuseppe ha ricevuto le primizie della Chiesa nelle sue mani. Il mondo intero è immerso nel neopaganesimo; i crimini e gli abominii che si commettono oggi sono, a volte, peggiori di quelli dell’Antichità. Ma come nei suoi primordi la Chiesa ha propagato la Buona Novella del Vangelo e ha dato inizio a un’era di grazie purificatrici e santificatrici della  società,  possiamo avere la certezza ferma e incrollabile che essa trionferà sul male anche ai nostri giorni. Per questo, la Solennità di San Giuseppe è il giorno specialissimo per aprire i nostri cuori alla devozione per questo Santo così grande, nella certezza di essere ben condotti, ben trattati e ben protetti. E avvalendoci del suo poderoso ausilio, dobbiamo chiedergli, come Patriarca della Chiesa, di intervenire negli avvenimenti, ottenendo da Gesù il rinnovamento della faccia della Terra.

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1 Cfr. ALASTRUEY, Gregorio. Tratado de la Virgen Santísima. 4.ed. Madrid: BAC, 1956, p.841.
2 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. I, q.50, a.1, ad 1.
3 Cfr. CLÁ DIAS, EP, João Scognamiglio. Due silenzi che hanno mutato la Storia. In: Araldi del Vangelo. N.92 (Dic., 2010); p.10-17. Per la seconda opzione di Vangelo per questa Solennità (Lc 2, 41-51a), e sempre commentato dall’Autore, si veda: Come incontrare Gesù
nell’aridità? In: Araldi del Vangelo. N.80 (Dic., 2009); p.10-17.
4 AUTORE INCERTO. Opus imperfectum in Matthæum. Om.I, cap.1: MG 56, 633.
5 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. In IV Sent. D.30, q.2, a.2, ad 5.
6 DE ISOLANO, OP, Isidoro. Suma de los dones de San José. II, cap.11. In: LLAMERA, OP, Bonifacio. Teología de San José. Madrid: BAC, 1953, p.484-485.
7 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. III, q.31, a.2.
8 TUYA, OP, Manuel de; SALGUERO, OP, José. Introducción a la Biblia. Madrid: BAC, 1967, vol. II, p.316.
9 SAN FRANCESCO DI SALES. Entretien XIX. Sur les vertus de Saint Joseph. In: OEuvres Complètes. Opuscules de spiritualité. Entretiens spirituels. 2.ed. Paris: Louis Vivès, 1862, tomo III, p.541.
10 Cfr. LLAMERA, op. cit., p.129- 139.
11 SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. III, q.27, a.4.
12 SOLENNITA’ DI SAN GIUSEPPE. Preghiera del giorno. In: MESSALE ROMANO. Trad. Portoghese della 2a. edizione tipica per il Brasile realizzata e pubblicata dalla CNBB con aggiunte approvate dalla Sede Apostolica. 9.ed. São Paulo: Paulus, 2004, p.563.
13 SAN FRANCESCO DI SALES, op. cit., p.546.
14 Cfr. SAN BERNARDINO DA SIENA. Sermones de Sanctis. De Sancto Ioseph Sponso Beatæ Virginis. Sermo I, a.3. In: Sermones Eximii. Venezia: Andreæ Poletti, 1745, tomo IV, p.235; DE ISOLANO, op. cit., IV, cap.3, p.629-630.
 

Rivista Marzo 2014 · Araldi del Vangelo