L’infallibilità pontificia e il primato di giurisdizione del Pontefice, necessariamente uniti, devono essere, per ogni cattolico,  centro di un amore preferenziale. Ma come fondamentarli nella Scrittura,  nella Tradizione e nella Storia?

  “Io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherai la mia Chiesa; le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18).

  Negli ultimi cent’anni, pochi passi del Vangelo sono stati oggetto di discussioni tanto veementi e appassionate, poiché, secondo quanto pretendono alcuni, la formulazione attuale non corrisponderebbe all’originale scritto da Matteo, ma si tratterrebbe di un testo manipolato intorno all’anno 130 per giustificare il primato di Pietro e dei suoi successori sui suoi fratelli nell’episcopato.

Argomenti biblici a favore del primato di Pietro

  Dal punto di vista documentale, la tesi della supposta manipolazione di questo versetto non regge. I testi più antichi che riproducono il passaggio in questione non presentano nessuna traccia di falsificazione: né il Diatessaron (concordanza dei quattro Vangeli) di Taziano, della metà del secondo secolo, né gli scritti dei Padri della Chiesa anteriori al IV secolo e neppure i 4.000 codici dei primi otto secoli che oggi si conoscono.

  Al contrario, come si può vedere nel riquadro della prossima pagina, più di 160 passi del Nuovo Testamento menzionano Pietro che occupa, in molti di loro, una posizione di preminenza sugli altri Apostoli. Perfino San Giovanni, che tratta in misura ridotta del Principe degli Apostoli nel suo Vangelo, a causa delle circostanze storiche nelle quali fu scritto – in piena polemica con gli gnostici -, contiene due importanti riferimenti alla consegna del primato petrino: “ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)” (Gv 1, 42); e “Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro? […] Pasci i miei agnelli” (Gv 21, 15-17).

  Ora, è in Mt 16, 18-19 che si basa principalmente la dottrina sul Papato e si sottolinea normalmente nell’interpretazione di questi versetti la triplice metafora usata dal Signore Gesù: San Pietro è fondamento della Chiesa, poiché è comparato con le fondamenta che danno coesione e stabilità a tutto l’edificio; il suo potere di giurisdizione è rappresentato dalle chiavi, le quali, nel linguaggio biblico e profano, sono simbolo del dominio e, infine, l’immagine del legare e dello sciogliere simbolizza la capacità di creare o abolire leggi che obbligano in coscienza.

  Considerata isolatamente, l’interpretazione suddetta potrà suscitare scetticismo; ma unita ad altri passi del Nuovo Testamento, come pure agli scritti dei Padri della Chiesa e alla prassi dei primi secoli del cristianesimo, costituisce un potente apparato argomentativo. Tutti questi indizi sommati insieme convergono nell’affermare il primato indiscutibile di San Pietro, dato da Cristo e riconosciuto ininterrottamente lungo la Storia della Chiesa.

Testimonianza che viene dai tempi apostolici

Di speciale importanza per il tema che ci riguarda è la storia dei primi secoli della Chiesa, perché si scontra frontalmente con la gratuita supposizione che il primato di giurisdizione universale del Romano Pontefice sia stato un’invenzione posteriore rispetto ai tempi apostolici.1

  Ora, già nella lettera inviata da Papa San Clemente ai fedeli di Corinto, a proposito della ribellione avvenuta in questa comunità intorno all’anno 96, è evidente il primato romano. Infatti, in essa il Pontefice non chiede scusa per essersi immischiato nelle questioni interne di un’altra Chiesa – come sarebbe normale, nel caso fosse un semplice primus inter pares, capo di un’altra Chiesa sorella -, bensì per non avere avuto l’opportunità di intervenire nella questione con più rapidità; avverte che chiunque non obbedirà ai suoi ammonimenti correrà il pericolo di commettere peccato grave e si mostra convinto che la sua attitudine è ispirata dallo Spirito Santo.2 D’altra parte, la lettera fu accolta a Corinto senza resistenze e considerata come un grande onore, al punto che sempre nell’anno 170, secondo testimoni, era letta nella liturgia domenicale.3

  Questi fatti acquistano particolare rilievo se si considera che l’Apostolo San Giovanni, ancora vivo, si trovava ad Efeso, ben più vicino a Corinto che a Roma.4 e non risulta che né San Clemente, né i fedeli di Corinto, né lo stesso San Giovanni abbiano dubitato dell’autorità del Successore di Pietro per dirimere la questione.

  Un’altra importante testimonianza di quest’epoca a favore del primato del Successore di Pietro è la lettera inviata da Sant’Ignazio di Antiochia (†107) alla Chiesa di Roma. Anche in questa si manifesta in modo evidente e più esplicito, che nel caso precedente, il primato della Sede Romana sulle altre. Infatti, questa missiva è sostanzialmente differente da quelle inviate da lui nelle stesse circostanze (prigioniero portato dalla Siria a Roma, dove sarebbe stato martirizzato) ad altre Chiese, come Efeso, Magnesia, Tralia, Filadelfia e Smirne. Nella prima, il santo Vescovo di Antiochia scrive in tono sottomesso, nelle altre, in tono autoritario.

  Inoltre, Sant’Ignazio riconosce alla Chiesa di Roma il potere di dirigere le altre Chiese, istruendole come discepoli del Signore e raccomanda la sua diocesi in Siria alla sollecitudine pastorale della Sede Romana e non a quella di qualunque altra Chiesa, forse più vicina.5

Una terza testimonianza è quella di Sant’Ireneo di Lione, Padre della Chiesa. Nato tra il 130 e il 140, morto intorno al 202, fu discepolo di San Policarpo, il quale, a sua volta, era stato discepolo di San Giovanni. Pertanto, fu in contatto quasi diretto con l’età apostolica.

  Nel suo trattato Adversus hæreses, parla chiaramente ed esplicitamente del primato della Chiesa Romana su tutte le altre Chiese e fa riferimento alla suddetta lettera di San Clemente Romano ai fedeli di Corinto, che aveva tra gli altri obiettivi “rinnovare la loro Fede” e “dichiarare la tradizione che aveva ricevuto dagli Apostoli”.6

  Eloquente è anche l’intervento di Papa Vittore I (189-199) a proposito della data della commemorazione di Pasqua, che egli decise di unificare. Nella Provincia dell’Asia si obbediva a un altro calendario. Per risolvere la questione, il Papa convocò un Sinodo dei Vescovi italiani a Roma, scrisse ai Vescovi del mondo intero e, alla fine, invitò fermamente i Vescovi dell’Asia ad adottare la pratica della Chiesa universale, di celebrare sempre la Pasqua la domenica. Nel caso non lo avessero ubbidito, egli li avrebbe dichiarati esclusi dalla comunione della Chiesa.7 Vari Vescovi tentarono di moderare la decisione papale, incluso Sant’Ireneo, senza risultato, a quanto pare. Fatto è che, poco a poco, il costume romano diventò pratica comune in tutta la Chiesa. Si tratta di un’altra dimostrazione del riconoscimento universale del primato del Papa.

Insospettabile testimonianza di un eretico

  Ma gli argomenti non provengono solo dal campo cattolico. Verso l’anno 220, Tertulliano, già allora coinvolto nell’eresia montanista, scrisse un libello8 attaccando Papa Callisto I, che aveva pubblicato un editto da essere letto in tutte le chiese, il quale rendeva più lieve la disciplina penitenziale applicata agli adulteri e fornicatori.

  Attribuendo in modo sarcastico al successore di Pietro l’espressione “Pontefice Massimo, ossia, Vescovo dei Vescovi”9 titoli allora usati dall’Imperatore romano -, il malcapitato scrittore ecclesiastico mostra quanto ampio fosse il potere spirituale del Papato. Inoltre, termina la sua lunga obiurgazione con una critica alla rivendicazione di Calisto I del fatto che la sua autorità “di legare e sciogliere” si basava su quella di San Pietro, dando una preziosa testimonianza di quanto antica fosse la coscienza dell’origine divina di quest’autorità.

  Un dettaglio importante: tentando di confutare il Papa, Tertulliano – acerrimo avversario della Chiesa che prima aveva amato- cita senza alcuna obiezione il passo del Vangelo di San Matteo contestato dai razionalisti diciotto secoli più tardi: sì, il Signore disse a Pietro che costui era la roccia sulla quale avrebbe costruito la Chiesa; gli diede, di fatto, le chiavi, come il potere di legare e sciogliere e gli affidò le cure della Chiesa. Basta leggere le parole di Tertulliano per constatare che lui si riferiva ad un fatto pacificamente accettato da tutti alla sua epoca, tanto vicina ai tempi apostolici, non permettendosi alcun sospetto riguardo ad una falsificazione del testo biblico.

Supremazia fondata su una roccia divina

  San Leone Magno – il cui pontificato, tra gli anni 440 e 461, costituisce un interessante punto di inflessione nella storia del primato petrino – si riferiva alla Chiesa di Roma come magistra (maestra) e non aveva dubbio alcuno riguardo l’autorità del Papa sul concilio.

  In nome di questa autorità confermò la dottrina definita dal Concilio di Calcedonia (451), iniziando così una pratica che sarà mantenuta dai suoi successori e considerata come necessaria per conferire validità a qualunque concilio ecumenico. 10 La sua nota Epistola dogmatica11 fu acclamata con empiti di entusiasmo dai Padri riuniti a Calcedonia, quasi tutti orientali, con la famosa sentenza: “Questo ha detto Pietro attraverso Leone!”.12

  Ora, San Leone Magno sviluppa il concetto di sovranità petrina assumendo proprio come base il già citato versetto di San Matteo: “Io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherai la mia Chiesa; le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18). Egli evidenzia il fatto che questa dichiarazione del Divino Maestro si applica effettivamente alla Sede Romana e che il Papa, come Successore di Pietro, ha la missione specialissima di guidare e governare la Chiesa universale, come pure il diritto di intervenire e prendere decisioni sulle questioni ecclesiastiche delle Chiese locali.

  Purtroppo, fatti storici indicano, a partire dal secolo VII, un latente rifiuto del primato di giurisdizione universale del Vescovo di Roma da parte di alcuni leader della Chiesa d’Oriente, pur riconoscendo in generale l’autorità papale in materia dottrinale.13 L’esaltazione degli animi avrebbe avuto come triste sbocco lo scisma del 1054.

Giurisdizione e universalità

  Due importanti prerogative risultano dal primato di Pietro: il primato di giurisdizione universale e l’infallibilità pontificia.

  La giurisdizione del Papa14 si applica pienamente e supremamente alla Chiesa universale, perché essa comprende tutta la potestà concessa da Nostro Signore Gesù Cristo alla Chiesa.   Questa giurisdizione è anche monarchica, poiché Cristo l’ha concessa a San Pietro e non agli altri Apostoli, e illimitata, ciò significa che il Papa non rende conto se non a Dio, perché non esiste nella Chiesa alcuna istanza superiore a lui.15 Inoltre, comprende i poteri legislativo, giudiziario ed esecutivo. Si dice anche che è una potestà ordinaria in quanto è costitutiva dello stesso esercizio del ministero petrino, immediata perché si esercita con diritto proprio, senza necessità di intermediari ed episcopale, visto che l’obiettivo del suo esercizio è eminentemente pastorale.16

  Di conseguenza, il Papa è, da un lato, libero di entrare in contatto diretto con i suoi Pastori e con i fedeli, senza coercizione da parte del potere civile17 e dall’altro, è il giudice supremo dei fedeli, al quale tutti hanno il diritto di ricorrere e che nessuno può contrastare, neppure un concilio ecumenico.18

Magistero ordinario e straordinario

  L’infallibilità pontificia, da parte sua, è un carisma inerente allo stesso ministero petrino che conferisce un’assistenza speciale dello Spirito Santo al Papa quando questi – parlando ex cathedra, ossia, come supremo Pastore della Chiesa universale – definisce una dottrina di Fede e morale.19

“San Clemente Romano” – Basilica di San Marco, Venezia. “Santo Ignazio di Antiochia” – Chiesa di Gesù Roma.“Sant’Ireneo di Lione” – Parrocchia di Sant’Ireneo, Centocelle

“San Clemente Romano” – Basilica di San Marco, Venezia. “Santo Ignazio di Antiochia” – Chiesa di Gesù Roma.“Sant’Ireneo di Lione” – Parrocchia di Sant’Ireneo, Centocelle

  Su questa si è pronunciato chiaramente il Concilio Vaticano II nei termini seguenti: Le definizioni del Romano Pontefice “giustamente sono dette irreformabili per se stesse e non in virtù del consenso della Chiesa, essendo esse pronunziate con l’assistenza dello Spirito Santo a lui promessa nella persona di san Pietro, per cui non hanno bisogno di un’approvazione di altri, né ammettono appello alcuno ad altro giudizio. In effetti allora il romano Pontefice pronunzia sentenza non come persona privata, ma espone o difende la dottrina della fede cattolica quale supremo maestro della Chiesa universale, singolarmente insignito del carisma dell’infallibilità della Chiesa stessa”.20

  Insieme a questa forma di Magistero straordinario, il Papa esercita anche quello ordinario, per mezzo di orientamenti e insegnamenti attraverso encicliche, costituzioni, esortazioni apostoliche, discorsi, ecc.

Infallibilità non significa impeccabilità

  Conviene ricordare, infine, che neppure dall’esercizio del ministero petrino, né dal carisma dell’infallibilità proviene al Romano Pontefice l’impeccabilità o, in altre parole, la confermazione in grazia.

  Uno degli argomenti razionalisti contro il primato di Pietro è che il pescatore della Galilea era soggetto a peccare, come ogni uomo. E, senza dubbio, lo era. Invece, il suo primato non poggia su qualità umane, ma sull’onnipotente forza del Fondatore della Chiesa.

  Cristo non ha chiamato San Pietro per le sue qualità naturali; è stata la grazia di Dio che lo ha convertito in una roccia ferma e solida. “Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22, 31-32).

  Nel suo libro-intervista recentemente pubblicato, Benedetto XVI ha ricordato che il compito esercitato dal Romano Pontefice non se lo è attribuito da solo.21

L’amore all’anello più debole di una corrente mistica che unisce la Terra al Cielo

  Il primato di Pietro e la sua infallibilità sono le garanzie dell’invincibilità della Chiesa, in modo che si possa vedere nel Papa l’espressione dell’unità e verità ecclesiali. Ma la soggezione all’autorità suprema di un uomo, non rappresenta una umiliazione per tutti i fedeli?

  A questa domanda dà un’illuminante risposta un leader cattolico di peso internazionale, che ha avuto due dei suoi numerosi libri elogiati dalla Santa Sede: il brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908- 1995).22 L’amore per la sua condizione di suddito del Papa, come cattolico, era uno dei principali tratti della sua personalità e non perdeva occasione di manifestarlo, perché tale sottomissione al Romano Pontefice, lungi dall’essere umiliante, è motivo di elevazione e gioia per tutto il genere umano.

Il Professore Plinio Corrêa de Oliveira negli anni 1980

Il Professore Plinio Corrêa de Oliveira negli anni 1980

  L’insigne pensatore in un’occasione ha affermato che, come tutti gli orologi della terra devono regolarsi con l’ora solare, allo stesso modo anche i cattolici hanno bisogno di orientarsi con un altro “sole”: l’infallibilità pontificia, nella quale possono depositare tutta la loro fiducia.

  Infatti, colpita dal peccato originale, la ragione umana è soggetta ad ogni specie di incertezze ed errori, dai quali nascono il caos e la discordia. Per questo – concludeva Plinio Corrêa de Oliveira -, il Papa, infallibile in virtù dell’assistenza dello Spirito Santo e con potere di giurisdizione in universo orbe, è il punto di riferimento indispensabile per guidare la ragione umana in funzione della Fede.

  Così, l’infallibilità pontificia ed il primato di giurisdizione del Pontefice, necessariamente uniti, devono essere, per ogni cattolico, centro di un amore preferenziale.

  Come dice il Prof. Plinio, “nella gloriosa corrente costituita dalla Santissima Trinità, la Madonna e il Papato, quest’ultimo viene ad essere l’anello meno forte: perché più terreno, più umano e, in un certo senso, essendo avvolto da aspetti che lo possono screditare. Si costuma dire che il valore di una corrente si misura esattamente dal suo anello più fragile. Così, il modo più eccellente di amare questa straordinaria catena è baciare il suo anello meno forte: il Papato. È consacrare alla Cattedra di Pietro, in rapporto alla quale vengono meno tante fedeltà, la nostra fedeltà intera!”.23

A questo stesso atteggiamento di spirito, tutti siamo invitati dalla grazia.

_____________________________________________
1 Curiosamente, le manifestazioni contro il primato di giurisdizione universale del Romano Pontefice sono di gran lunga maggiori di quelle contro l’infallibilità pontificia. Entrambi sono dogmi di Fede definiti solennemente nel Concilio Vaticano I (cfr. Dz 3050-3075)..
2 Cf. QUASTEN, J. Patrología. Hasta el Concilio de Nicea. Madrid: BAC, 1961, v.I, pag.55.
3 Cf. ORLANDIS, J. El Pontificado Romano en la Historia. Madrid: Palabra, 1996, p.36; BEATRICE, P.F., Clemente Romano (Lettere di). In: Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane. Genova- Milano: Marietti, 2008, pag.1073-1077.
4 Sant’Ireneo afferma che San Giovanni rimase nella Chiesa di Efeso fino al regno dell’Imperatore Traiano (98- 117). (Cfr.Adversus hæreses, III, 3, 4).
5 Cf. SANTO IGNACIO DE ANTIOQUÍA. Epístola a los Romanos, III, 1; IV, 3; IX, 1. In: D. RUIZ BUENO. Padres Apostólicos. Madrid: BAC, 1950, pag.476-477.480.
6 Cf. SANTO IRINEU DE LYON, op. cit., III, 3, 2-3.
7 Eusebio di Cesarea fa la descrizione di questa polemica. Cfr. EUSEBIO DI CESAREA. Storia della Chiesa, l.5, 23-25. In: Eusebius – The Church History. A new translation with commentary by Paul L. Mayer. Grand Rapids (MI): Kregel, 1999, pagg.197-200.
8 TERTULIANO. De pudicitia, 21. In: QUASTEN, J., op. cit., pag.631.
9 Idem, ibidem.
10 Cf. SESBOÜE, B. – THEOBALD, C. Historia de los dogmas. La Palabra de la Salvación. Salamanca: Secretariado Trinitario, 1997, v.IV, pag.59.
11 Anche denominata Tomus ad Flavianum, nella quale espone con ispirata chiarezza la dottrina cattolica sulle due nature, divina e umana, di Cristo (cfr. TREVIGIANO, R. Patrologia. Madrid: BAC, 2004, pag.314).
12 Cf. CONCILIUM CHALCEDONENSE, Actio II(III), n.23.
13 Cf. DE VRIES, W. Orient et Occident. Paris: Les editions du Cerf, 1974.
14 Cf. Dz 3064.
15″La Sede Prima non può esser giudicata da nessuno” (CDC, c.1404).
16 Cf. Dz 3059.
17 Cf. Dz 3062; CONCÍLIO VATICANO II. Lumen gentium, n.22.
18 Cf. Dz 3063.
19 Cf. Dz 3073-3075.
20 CONCÍLIO VATICANO II. Lumen gentium, n.25.
21 Cf. BENEDETTO XVI – SEEWALD, Peter. Licht der Welt. Der Papst, die Kirche und die Zeichen der Zeit. Freiburg-Basel- Wien: Herder, 2010, pag.166.
22 Le idee del Prof. Corrêa de Oliveira qui esposte sono tratte da conversazioni e conferenze inedite, pronunciate nei decenni 80 e 90.
23 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. “Non prævalebunt”. In: Dr. Plinio. São Paulo. N.47 (Fev., 2002); pag.2.
24 Cf. J. DRESKEN-WEILAND. Cattedra. In: BERARDINO A. Di (ed.). Nuovo Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane. Genova-Milano: Marietti, 2008, pag.965-969; SAXER, V. – HEID, S. Martirologio. In: BERNARDINO, op cit., p.3098-3101.
 
Rivista Araldi del Vangelo , Febbraio / 2011