Ascensione di Gesù

Vangelo

46 “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno 47 e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni. 49 E Io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’Alto”. 50 Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. 51 Mentre li benediceva, Si staccò da loro e fu portato verso il Cielo. 52 Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; 53 e stavano sempre nel Tempio lodando Dio (Lc 24, 46-53).

L’Ascensione del Signore

Mons. João Scognamiglio Clá Dias,EP

I frutti dell’Ascensione ci beneficiano ad ogni istante, e proprio come l’ultima benedizione di Gesù agli Apostoli, sul Monte degli Ulivi, si prolungano attraverso la Storia fino ad ognuno di noi.

I – Suprema glorificazione di Cristo

A volte, la perforazione prodotta da un ago è più dannosa del colpo di un martello, soprattutto quando essa raggiunge punti vitali. Questo paragone può acquistare ancor più sostanza ed espressività se riferito al campo della polemica dottrinale, come si è verificato nella confutazione di San Bernardo al giudeo che, nell’alto del Calvario, ha sfidato Cristo nella sua agonia: “Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla Croce” (cfr. Mt 27, 42; Mc 15, 32). Secondo il Fondatore di Chiaravalle, questo argomento è mal concepito per comprovare l’origine divina di Gesù, poiché la regalità e più ancora la divinità di un essere, non si manifestano con l’atto di discendere ma all’esatto contrario, con quello di salire. E’ stato esattamente ciò che si è verificato con Gesù, quaranta giorni dopo la sua trionfale Resurrezione. Per questo, l’Ascensione del Signore al Cielo, da un certo punto di vista, è la festa che riveste l’importanza maggiore nel rappresentare la glorificazione suprema di Gesù. Egli stesso l’aveva chiesta al Padre: “Glorificami davanti a Te, con quella gloria che avevo presso di Te prima che il mondo fosse” (Gv 17, 5); “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi Te” (Gv 17, 1). Si comprende così la manifestazione di gioia dei Santi Padri nel commentare questa glorificazione dell’Agnello di Dio. “La gloria di Gesù si completa con la sua Resurrezione e Ascensione. […] Abbiamo, dunque, il Signore, nostro Salvatore, Gesù Cristo, prima pendente da una trave di legno e ora assiso in Cielo. Appeso alla trave, pagava il prezzo del nostro riscatto; seduto in Cielo, raccoglie ciò che ha acquistato”.1

La morte non ha sepolto Gesù nell’oblio

Di fatto, questo giubilo a proposito dell’Ascensione, che pervade l’anima dei santi e si manifesta così evidente nel testo dell’Ufficio Divino e nella stessa Liturgia di oggi, ha un solido fondamento, poiché mai si è sentito dire che qualcuno, al momento di lasciare questo mondo, si sia sollevato sotto lo sguardo di centinaia di testimoni e, facendo affidamento sul suo proprio potere, sia asceso al Cielo.

Anzi, proprio al contrario, dopo la morte, i nostri corpi gelidi e inerti scendono nel seno della terra e, nella maggior parte dei casi, se ne spegne perfino il ricordo nella mente di coloro che rimangono. Per ciò che riguarda Cristo, si è verificato esattamente l’opposto, poiché non solo il ricordo dei suoi insegnamenti, dei suoi atti e persino della sua storia si è trasmesso nei secoli, ma anche i suoi testimoni, dotati di un potere soprannaturale, hanno fatto echeggiare i loro racconti tra i popoli e attraverso le generazioni. A tal fine, hanno contribuito i quaranta giorni di permanenza di Gesù risorto tra i discepoli. La loro debolezza certamente esigeva questo potente rimedio, poiché gli episodi intorno alla Passione del Signore scossero la sensibilità psicologica e persino la stessa virtù della fede di tutti loro.

Le prospettive umane degli Apostoli rendevano difficile la loro visione sovrannaturale del Messia

Le prime notizie sulla Resurrezione hanno lasciato increduli gli Apostoli, al punto che Tommaso si è convinto soltanto toccando le piaghe del Signore. Si comprende la logica di queste reazioni, perché, nella loro umanità, formati nella prospettiva di un Messia con forti tratti politici, abituati nel corso di tre anni ad una convivenza tutta fatta di paterno e penetrante affetto, solo in questo modo avrebbero potuto sentirsi protetti, assunti e trasformati. Per questo desideravano perpetuare quel rapporto a partire dal punto in cui si era interrotto con quella morte così ignominiosa.

Tuttavia, i veli della carne mortale oscuravano loro la reale visione della divinità del Salvatore. Era indispensabile sostituire l’esperienza troppo umana con un’altra più elevata, nella quale fossero loro palpabili, per così dire, i riflessi dell’Anima gloriosa di Gesù sul suo sacro Corpo. Per poter compiere la sua missione redentrice, Egli aveva fatto un miracolo a scapito delle sue stesse qualità, rompendo leggi da Lui create. Dal primo istante della sua concezione, nel seno della Vergine Maria, la sua santissima Anima godeva della visione beatifica e, di conseguenza, il suo adorabile Corpo avrebbe dovuto essere stato glorioso. Se così fosse, tuttavia, Egli non avrebbe potuto patire. Ora, per questa ragione, i discepoli finirono per abituarsi ad un’interpretazione riguardo il Figlio di Dio molto lontana da quella che avranno in Cielo, arrivando al punto che gli Apostoli sono stati gli unici a comunicare il Corpo sofferente di Gesù nell’Eucaristia, distribuita nella Santa Cena.

Perché Gesù è vissuto insieme agli Apostoli per quaranta giorni, in Corpo glorioso

Nell’Eucaristia, Gesù è realmente tra noi, sotto le apparenze del pane e del vino.

Si può allora comprendere quanto, dopo la Passione di Gesù, la nostalgia degli Apostoli e dei discepoli ruotasse attorno ad una relazione in qualche modo equivoca. Si percepisce meglio anche la necessità che il Redentore convivesse con loro quaranta giorni in Corpo glorioso, perché Gesù “non ha voluto che rimanessero sempre carnali neppure amandoLo con amore terreno. Volevano che rimanesse sempre con loro, carnalmente, mossi dallo stesso affetto per cui Pietro temeva di vederLo soffrire. Lo consideravano loro maestro, consolatore e protettore, uomo, alla fine, come loro stessi; e se non avessero visto qualcosa di diverso Lo avrebbero giudicato assente, visto che Lui era presente in tutti i luoghi con la sua maestà”.2

D’altra parte, di fronte al ricordo traumatico dei giorni della Passione, “conveniva ora elevare loro l’animo perché cominciassero a pensare a Lui spiritualmente, come il Verbo del Padre, Dio da Dio, per il quale tutte le cose erano state create; questo pensiero era loro vietato dalla carne che vedevano. Conveniva, sì, confermarli nella fede, vivendo con loro per quaranta giorni, ma era ancora più conveniente separarSi dalla loro vista affinché Chi sulla Terra li stava accompagnando come fratelli li soccorresse dal Cielo come Signore, ed essi imparassero a pensare a Lui come a Dio”.3

Ci consola constatare quanto questa promessa si sia compiuta nel corso di questi ventuno secoli, giorno dopo giorno, nelle più svariate maniere. Non avrebbe potuto verificarsi che la sua Ascensione costituisse un abbandono di coloro per cui Egli Si è incarnato ed è morto sul Calvario. Il suo ritorno al Padre può essersi verificato soltanto a seguito di questo suo amore incommensurabile verso ognuno di noi. L’Ascensione avvenne per una convenienza sua, ma anche a beneficio nostro. San Tommaso ci insegna: “Il luogo deve essere proporzionato a chi vi sta. Ora, Cristo, dopo la Resurrezione, ha dato inizio ad una vita immortale e incorruttibile, ed il luogo nel quale abitiamo è luogo di generazione e di corruzione, mentre il luogo celeste è un luogo di incorruttibilità. Perciò, non era conveniente che Cristo, dopo la Resurrezione, permanesse sulla Terra, e lo era invece, che salisse al Cielo”.5 E occupando un posto nel Cielo, proporzionato alla sua Resurrezione, “Gli si aggiunse qualcosa per quanto riguarda il decoro del luogo, cosa che sfocia nel bene della gloria”.6 Citando il Salmo 15, 11: “Alla tua destra delizie eterne fino alla fine”, San Tommaso applica a questo versetto il commento della Glossa: “Avrò piacere e gioia quando sarò seduto al tuo fianco, dopo essere stato tolto dalla vista umana”.7

II – Benefici dell’Ascensione

Anche noi siamo stati beneficiati da innumerevoli doni con l’Ascensione. Secondo San Leone Magno, riusciamo a conoscere meglio Gesù a partire dal momento in cui Egli tornò alla gloria del Padre. La nostra fede, “più illuminata, ha imparato ad elevarsi col pensiero, senza necessità del contatto con la sostanza corporale di Cristo, nel quale Egli è meno del Padre, (cfr. Gv 14, 28) dato che, nonostante permanga la stessa sostanza del corpo glorificato, la fede dei fedeli è invitata a toccare, non con la mano terrena, ma con l’intendimento spirituale, l’Unigenito, uguale a Colui che Lo ha generato. È questo il motivo per il quale il Signore, dopo la Resurrezione, ha detto a Maddalena – che rappresentava la persona della Chiesa –, quando si è avvicinata a toccarLo: ‘Non toccarmi, poiché non sono ancora salito al Padre mio’ (Gv 20, 17). In altre parole, non voglio che tu cerchi la mia presenza corporale né che tu mi riconosca con i sensi carnali; ti chiamo per cose più elevate, ti destino a beni superiori. Quando salirò al Padre mio, Mi toccherai in forma più reale e vera, toccando in ciò che non palpi e credendo in quello che non vedi”.8

Rafforzamento della fede

L’Ascensione di Gesù

Ci dimostra San Tommaso d’Aquino che, privandoci della sua presenza corporale, nel penetrare nella gloria eterna, Gesù si sia reso ancora più utile per la nostra vita spirituale.

Primo, “per l’aumento della fede, che è su quello che non si vede. Per questo, lo stesso Signore dice nel Vangelo di Giovanni che lo Spirito Santo, venendo, ‘accuserà il mondo quanto alla giustizia’, ossia, la giustizia ‘di coloro che credono’, come dice Sant’Agostino: ‘Lo stesso paragone dei fedeli con gli infedeli è una censura’. Per questo, aggiunge: ‘Poiché Io vado al Padre e non Mi vedrete più, dunque sono beati coloro che non vedono e credono. Sarà nostra la giustizia, di cui il mondo sarà accusato perché credete in Me, in Colui che non vedete’”.9

A tal proposito, San Gregorio Magno manifesta la sua convinzione: “Con la sua facilità a credere, Maria Maddalena ci aiuta meno di Tommaso il quale dubita per molto tempo, per questo, nei suoi dubbi, ha preteso di toccare le cicatrici di quelle piaghe, e facendo questo ci ha tolto ogni pretesto per vacillare”.10

Aumento della speranza

In secondo luogo, “per risollevare la speranza”, poiché, “Cristo, elevando al Cielo la sua natura umana assunta, ha dato anche a noi la speranza di arrivarci, perché, come dice Matteo: ‘dovunque sia il corpo, lì si raduneranno gli avvoltoi’. Per questo, il libro di Michea aggiunge: ‘È salito già, prima di loro, Colui che apre il cammino’”.11

Accendersi della carità

Una terza ragione, sempre secondo San Tommaso, rende l’Ascensione più benefica a noi della stessa presenza fisica di Gesù, e cioè la carità. Il Dottore Angelico, allo scopo di mostrarci i vantaggi di questa virtù, cita San Paolo: “Per questo, dice l’Apostolo: ‘Cercate ciò che sta in alto, là dove si trova Cristo, seduto alla destra di Dio; aspirate alle cose elevate, non a quelle della Terra’, poiché, come è stato detto, ‘dove sarà il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore’”.12 Dopo aver parlato dell’amore come proprietà dello Spirito Santo e riguardo alla grande necessità che di questo avevano gli Apostoli, termina con questa citazione di Sant’Agostino: “Non potete ricevere lo Spirito fin quando persistete a conoscere Cristo se condo la carne. […] Infatti quando Cristo si è allontanato corporalmente, non solo lo Spirito Santo, ma anche il Padre e il Figlio erano spiritualmente presenti”.13

III – La narrazione di San Luca

Ci sarà più facile, dopo le precedenti considerazioni, analizzare il testo del Vangelo di oggi.

Onnipotenza e saggezza di Dio nella conduzione della Storia

46 “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno…”

Queste parole del Divino Redentore pronunciate prima di salire al Cielo, non sono state dirette solamente agli Apostoli, ma a tutti i chiamati da Lui a realizzare una missione presso le anime. Sono parole che hanno un certo ordine e concatenazione e così devono essere intese.

Ancora una volta, traspaiono nella Sacra Scrittura l’onnipotenza e la somma saggezza di Dio nella conduzione della Storia. È accaduto perché stava scritto, e a sua volta, è stato previsto e annunciato perché così sarebbe dovuto succedere, per una determinazione perfettissima e suprema di Dio. Questo versetto ci invita ad un momento di meditazione e ammirazione.

Contempliamo gli eccelsi disegni dell’Essere Supremo che regola tutto in maniera insuperabile, traendo profitto per la sua gloria, non solo della virtù dei buoni, ma addirittura del concorso della malizia e dell’odio dei malvagi, dell’inferma volontà dei deboli, della volubilità degli indecisi, della voluttuosità dei passionali, della cecità degli orgogliosi, del delirio incontenibile dei tiranni. Tutto contribuisce al suo onore, lode e gloria; da tutto trae profitto con tale equilibrio che mai produce il minimo pregiudizio al libero arbitrio degli uni e degli altri.

Adoriamo la Provvidenza Divina e a Lei presentiamo la nostra gratitudine, come anche la nostra riparazione per tutte le offese che, ad ogni istante, salgono al suo trono. Così, faremo parte del numero dei buoni e Dio si servirà della nostra disposizione d’animo e delle nostre azioni per la sua maggior gloria. Chiediamo a Lui, con l’intercessione di sua Madre Santissima, di non appartenere mai al partito dei malvagi, i quali hanno come obiettivo della loro esistenza il disputare con Dio il suo potere. A cosa serve attribuire a se stessi capacità inesistenti, o anche reali, se queste assolutamente non gli appartengono, poiché gli furono conferite dall’Essere che mirano a detronizzare? Quale il profitto che traggono nell’abbandonarsi alle loro passioni e cattivi istinti per perseguitare la virtù e chi la pratica?

È stato talmente stupido e controproducente l’operato dei demoni e dei cattivi giudei in tutto il dramma della Passione che, se avessero potuto conoscere in anticipo i suoi effetti – ossia, l’opera della Redenzione –, non avrebbero mai desiderato o contribuito alla sua realizzazione.

Da tutte queste azioni e situazioni, Dio saprà estrarre gli elementi per la sua gloria. Il destino degli uni sarà la felicità del Cielo e quello degli altri, il supplizio eterno.

Metanoia: essenza della conversione

47 “…e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme”.

L’Ascensione di Gesù

Prima di salire al Cielo, il Redentore non fa loro alcuna raccomandazione politica, tanto meno insinua qualcosa a proposito di una riconquista del potere di Israele. Al contrario, le sue parole mirano ad un’attuazione strettamente morale, religiosa e penitenziale in nome di Dio.

Questa conversione, che nella sua essenza è il cambiamento di mentalità, metanoia era già stata intensamente sollecitata dal Precursore. Giovanni Battista si era presentato come la voce che grida nel deserto affinché tutti raddrizzino i cammini per l’arrivo del Signore. Questo è anche il lascito del Redentore ai suoi, prima dell’Ascensione. La sostituzione dei criteri equivocati, con quelli veri, è indispensabile per la reale conversione. Saulo, l’ha realizzata in un solo istante, non appena “caduto da cavallo”, e comunque, è passato per un ritiro di tre anni nel deserto per renderla tanto irreversibile, quanto profonda ed efficace. Comunemente, essa si produce in una maniera lenta, dopo le folgori di un primo, per così, dire flash, mediante il quale, con la grazia dello Spirito Santo, l’anima si rende conto della bellezza delle vie soprannaturali e decide di percorrerle con decisa fermezza. Senza questa conversione, è per noi praticamente inutile il Mistero della Redenzione e il Vangelo non ci anticipa nulla. In forma esplicita o implicita – data la nostra natura razionale – l’attuazione della nostra intelligenza e volontà si fa in base a principi e massime che orientano le potenze della nostra anima. È su questa fonte che si concentra lo sforzo della conversione. In sintesi, si tratta di sostituire l’amor proprio, che si manifesta nell’attaccamento alle creature, con l’amore a Dio.

È dall’interno della visione corretta riguardo la rettitudine della pratica della Legge di Dio, e della sua santità, che sboccia l’efficace richiesta di perdono dei peccati. È in questo contrasto che il penitente ha piena coscienza della grande misericordia annunciata da Gesù, prima della sua ascesa al Cielo. Né gli angeli ribelli, né gli uomini che sono morti in peccato hanno ricevuto questo dono incommensurabile. In questo momento, esso è stato offerto a noi dallo stesso Figlio di Dio.

Iniziata a Gerusalemme, dal Sacro Costato di Cristo, nasce la Chiesa per predicare lì, e poi in tutto il mondo, la Buona Novella del Vangelo. Così aveva profetizzato l’Antico Testamento, così ha ordinato in quell’occasione lo stesso Gesù Cristo.

La testimonianza degli Apostoli irrobustisce la nostra fede

48 “Di questo voi siete testimoni”.

Sì. La nostra fede si irrobustisce con la conferma oculare degli Apostoli, dei settantadue discepoli e di molti altri ai quali il Salvatore si fece vedere dopo la Resurrezione. Che vantaggi umani, temporali o eterni, avrebbero avuto essi nel suggellare, col proprio sangue, fatti che costituiscono scherno per i loro connazionali e pazzia per i pagani? Ecco un argomento irrefutabile a favore dell’obiettività dei loro racconti.

Ruolo dell’attesa, fino alla venuta dello Spirito Santo

49 “E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’Alto”.

Si tratta della Terza Persona della Trinità, che Gesù avrebbe inviato, secondo la promessa fatta dal Padre, ossia, “la forza dell’Alto”. È lo Spirito Santo, che procede dall’amore tra il Padre ed il Figlio, che scenderà su di loro, in modo che siano in Lui immersi, da Lui penetrati e rivestiti, per realizzare, così trasformati, la loro missione di testimoni. Gli Apostoli “saranno preparati con la grande forza rinnovatrice e fortificante di Pentecoste. Riceveranno lo Spirito Santo, del cui invio tanto ha parlato l’Evangelista Giovanni nei discorsi dell’Ultima Cena”.14

L’ordine di non uscire da Gerusalemme, sotto un qualsiasi pretesto, aveva per obiettivo l’attesa di Pentecoste per cominciare a predicare. Essi intesero che questo periodo, avrebbero dovuto trascorrerlo in raccoglimento, poiché è in queste circostanze che Egli agisce profondamente.

San Giovanni Crisostomo commenta a tal proposito: “Affinché non si potesse dire che avesse abbandonato i suoi per andare a manifestarSi – più ancora, ostentarSi – agli estranei, Gesù ordinò loro di presentare le prove della sua Resurrezione in primo luogo a quegli stessi che Lo avevano ucciso, nella città dove venne commesso il temerario attentato, poiché, se quelli che avevano crocifisso il Signore avessero dato segni di credere, si sarebbe avuta una grande prova della Resurrezione”.15

D’altra parte, San Giovanni Crisostomo continua: “Come, in un esercito che si allinea per attaccare il nemico, il generale non permette a nessuno di uscire prima di essere tutti preparati, allo stesso modo Gesù non permette ai suoi Apostoli di uscire a combattere finché non siano preparati per la venuta dello Spirito Santo”.16

Per quale ragione lo Spirito Santo non è sceso sugli Apostoli, immediatamente? “Conveniva che la nostra natura si presentasse in Cielo e fossero realizzate le alleanze, e poi allora venisse lo Spirito Santo e si celebrassero gli eterni giubili”,17 commenta Teofilatto.

L’ultima benedizione di Gesù si estende fino a noi

50 Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse.

“L’atto di sollevare le mani e di benedirli significa che chi benedice deve essere ornato di buone ed eroiche opere a beneficio degli altri; per questo alzò le mani al cielo”,18 commenta Origene.

Gesù procede come i sacerdoti dell’Antica Legge, in questo gesto di benedirli. Il sacerdozio di Cristo ha il suo inizio nel momento stesso dell’Incarnazione (cfr. Eb 10, 5-10), sebbene abbia avuto inizio, mai terminerà, poiché Egli è sacerdote in aeternum. La dignità, l’azione, la virtù e i frutti sacerdotali del sacrificio di Cristo saranno davanti al Padre eternamente. Per questo, in questo momento, la sua benedizione si estende anche su di noi. Sappiamo dunque trarne profitto, nel contemplare quest’ultimo addio espresso da Gesù sul Monte degli Ulivi.

Gesù ci ha preparato il cammino per salire al Cielo

51 Mentre li benediceva, Si staccò da loro e fu portato verso il Cielo.

Scena grandiosa e avvenimento inedito. Anche Elia saliva, ma trascinato su un carro di fuoco, e non con le proprie forze. Cristo, al contrario, “è salito al Cielo col suo proprio potere; primo col potere divino; secondo, col potere dell’Anima glorificata che muoveva il Corpo come voleva”.19 Gli Apostoli e discepoli già Lo avevano visto camminare sopra le acque, entrare nel Cenacolo a porte chiuse, scappare in mezzo alla moltitudine, ma elevarSi al Cielo, ancora no. Essi non ignoravano la meta verso cui partiva Nostro Signore, avevano già udito dalle labbra dello stesso Maestro, quale fosse il suo destino. Anche noi, con gli Apostoli dobbiamo credere che, con la sua Ascensione, Gesù “ci ha preparato il cammino affinché saliamo in Cielo, conformemente con quanto Egli stesso ha detto: ‘Andrò a prepararvi un posto’, e con le parole del libro di Michea: ‘Salì, prima di loro, Colui che apre il cammino’. E poiché Egli è il nostro capo, c’è bisogno che le membra vadano dove esso si è diretto. Per questo il Vangelo di San Giovanni dice: ‘In modo tale che là dove Io sarò, anche voi sarete’”.20

Dove si trova la vera fonte della gioia

52 Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia…

Questo gesto di prosternarsi davanti a Gesù nella sua Ascensione significa un riconoscimento pieno della sua maestà. Pietro aveva già proceduto in questo modo in occasione della pesca miracolosa (cfr. Lc 5, 8ss).

La distanza esistente tra il Monte degli Ulivi e Gerusalemme è quella consentita per un viaggio in giorno di sabato. Questo percorso fu realizzato dagli Apostoli, con “grande gioia”, e si capisce.

Lo stesso giubilo li accompagnerà uscendo dai tribunali, nei quali erano stati condannati per il fatto di predicare il nome di Gesù. Così gli Apostoli apprendono – e ci insegnano – dove sono le vere fonti di gioia: nel compimento della volontà di Dio che, alle volte, si fa attraverso il breve cammino della croce.

Legame tra l’Antico ed il Nuovo Testamento

53 …e stavano sempre nel Tempio lodando Dio.

San Luca inizia il suo Vangelo con gli uffici di Zaccaria nel Tempio, e lo termina alludendo alla frequenza assidua degli Apostoli in tutti gli atti di culto praticato nell’Antica Legge. La Santa Chiesa non si è separata dalla Sinagoga in modo improvviso e violento. Il Tempio era intimamente legato alla vita di Gesù, e coloro che andavano a ricevere lo Spirito Santo, con umiltà, venerazione e pietà, si preparavano andando a pregare nella casa di preghiera, dalla quale il Maestro aveva espulso i mercanti per due volte. Essi consideravano il Tempio con una prospettiva molto differente dai loro connazionali. Il punto di vista degli Apostoli era uno dei lasciti del Figlio di Dio, ossia, lo stesso sguardo di Lui.

Maria viveva in costante orazione

L’Ascensione di Gesù (particolare)

Una parola su Maria. Certamente Lei intercedette presso Dio per ispirarli a permanere in orazione nel Cenacolo. L’altezza della sua umiltà era la stessa di quella della sua fede, verginità e grandezza. Lei pregava ai piedi della Croce, nel Calvario; ora La incontriamo in profondo raccoglimento. Dopo la discesa dello Spirito Santo, la Scrittura non La menzionerà più e, probabilmente, il resto dei suoi anni, Ella li ha vissuti in intensa preghiera, costituendoSi nell’insuperabile modello della donna cristiana.

Che Ella ci ottenga tutte le grazie affinché seguiamo le sue vie e virtù.

1) SANT’AGOSTINO. Sermo CCLXIII, n.1. In: Obras. 
Madrid: BAC, 2005, v.XXIV, p.750.


2) SANT’AGOSTINO. Sermo CCLXIV, n.2. In: Obras, op. cit., 
p.760. 

3) Idem, ibidem. 

4) SAN LEONE MAGNO. De Ressurrectione Domini. Sermo II, 
hom.59 [LXXII], n.3. In: Sermons. Paris: Du Cerf, 1961, 
v.III, p.131.

5) SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. III, q.57, a.1.

6) Idem, ad 2. 

7) GLOSA apud, SÃO TOMÁS DE AQUINO, op. cit., ad 1.


8) SAN LEONE MAGNO. De Ascensione Domini. Sermo II. 
Hom.61 [LXXIV], n.4. In: Sermons, op. cit., p.141-142.


9) SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., ad 3. 

10) SAN GREGORIO MAGNO. Homiliæ in Evangelia. L.II, 
hom.9 [XXIX], n.1. In: Obras. Madrid: BAC, 1958, p.677. 

11) SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., ad 3. 

12) Idem, ad 1.


13) SANT’AGOSTINO. In Iohannis Evangelium. 
Tractatus XCIV, n.4-5. In: Obras. Madrid: BAC, 1957, 
v.XIV, p.508; 510.


14) TUYA, OP, Manuel de. Biblia Comentada. Evangelios. 
Madrid: BAC, 1964, v.V, p.934. 

15) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. 
Catena Aurea. In Lucam, c.XXIV, v.45-49. 

16) Idem, ibidem. 

17) TEOFILATTO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO, Catena Aurea, 
op. cit.


18) ORIGENE, apud SAN TOMMASO D’AQUINO, Catena Aurea, op. 
cit., v.50-53. 

19) SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. III, q.57, a.3.


20) Idem, a.6.

Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.