La cananea ai piedi di Gesù

Vangelo

In quel tempo, 21 partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. 22 Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: “Pietà di me, Signore, Figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio”. 23 Ma Egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli Gli si accostarono implorando: “Esaudiscila, vedi come ci grida dietro”. 24 Ma egli rispose: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele”. 25 Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: “Signore, aiutami!” 26 Ed egli rispose: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”. 27 “È vero, Signore”, disse la donna, “ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. 28 Allora Gesù le replicò: “Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri”. E da quell’istante sua figlia fu guarita (Mt 15, 21-28).

Tutto si ottiene per mezzo della fede!

“Verbum Domini manet in æternum — La parola del Signore rimane in eterno”. Il Vangelo di oggi sulla fede della cananea è — e sempre lo sarà — attuale. Come ottenere ciò di cui abbiamo bisogno e che chiediamo? Qual è la relazione tra fede e preghiera? I presenti commenti sono molto utili alla nostra vita spirituale.

I – Introduzione: Giudei e Cananei

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP

I nemici di Gesù erano estremamente irritati per la predicazione di una nuova dottrina dotata di potere di attrazione e di conversione. Il Divino Maestro, con la sua sapienza infinita, per ragioni diplomatiche ha deciso di ritirarSi per qualche tempo evitando il contatto con i suoi avversari, al fine di calmarne gli animi esaltati. Era l’atteggiamento più indicato in quelle circostanze, secondo quanto si può dedurre dalla narrazione fatta da due Evangelisti (cfr. Mt 15, 21; Mc 7, 24). Attraversando la Galilea superiore, a nordovest si trovava il territorio di Tiro e Sidone – nell’attuale Libano – abitato da pagani di etnia cananea, molto ostili ai giudei di allora, secondo quanto ci riferisce il famoso storico ebreo Flavio Giuseppe.1

A proposito se Gesù sia entrato o meno in quelle città fenicie, discutono gli interpreti. Alcuni mantengono un buon margine di dubbio, considerato il senso vago delle espressioni utilizzate da entrambi i Vangeli, quando si riferiscono a questo viaggio, nonostante menzionino esplicitamente la regione. Le argomentazioni degli altri vanno in senso contrario. Questi ricordano che Elia era già stato in quei paraggi (cfr. I Re 17, 8-10) e si chiedono se fosse stato conveniente per il Signore entrare in terre pagane, anche se non per esercitare il suo ministero.

Esdra, di Pietro Berruguete

La questione di fondo è legata a fatti più antichi. Di ritorno dalla schiavitù in Babilonia, il popolo giudeo ha impiegato più di un secolo per insediarsi nuovamente in Palestina (dal 538 a.C. al 398 a.C.). Per un certo periodo (approssimativamente nel 458 a.C.), un secondo nucleo di rimpatriati ha potuto contare al suo interno su una figura di spicco: Esdra. Tra le sue numerose iniziative vi era quella che mirava a dare nuovo impulso ai costumi e ai precetti prescritti da Mosè, in modo particolare a quelli relativi ai matrimoni misti. È stata in questa occasione che sono state escluse dal popolo giudeo tutte le donne cananee, con i loro rispettivi figli (cfr. Es 9–10). Oltre a ciò, un altro profeta, Neemia, spinto da santo zelo, in un periodo successivo, ha espulso da Gerusalemme i mercanti della città di Tiro, così come ha preso severe misure per separare il popolo eletto dagli stranieri (cfr. Ne 13).

II – Commento del Vangelo

In quel tempo, 21 partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone.

I cananei erano, dunque, un popolo che in nessun modo poteva essere avvicinato dai giudei, di qui la perplessità di alcuni commentatori, che cercano una spiegazione più comoda per il contenuto di questo versetto. Maggiore è la perplessità se ricordiamo che lo stesso Gesù aveva proibito ai suoi discepoli qualsiasi incursione nel territorio dei gentili.

In realtà il Signore è penetrato in quelle terre per nasconderSi e non per predicare. Tuttavia, considerato che Egli è rimasto lì per varie settimane e, soprattutto, per il fatto che si era ampiamente diffusa la sua fama, non è trascorso molto tempo prima che la sua presenza fosse notata. Secondo quanto ci riferiscono Marco (cfr. Mc 3, 8) e Luca (cfr. Lc 6, 17), alcuni abitanti di quella regione avevano già assistito alla predicazione di Gesù in Palestina. A parte questo, è indispensabile ricordarci quanto l’importanza e la grandezza dell’Uomo-Dio Lo rendevaNo una Persona che richiamava potentemente l’attenzione, immediatamente ad un primo sguardo. Da qui la scena a cui assisteremo adesso.

Una donna che rompe con i modelli sbagliati vigenti ai suoi tempi

22 Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: “Pietà di me, Signore, Figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio”.

I commentatori sottolineano il carattere inatteso della comparsa di questa donna, come anche il suo profondo rispetto verso il Maestro. Perché Matteo ha voluto mettere in rilievo il fatto che si trattasse di una “cananea”? Ci risponde Maldonado: “Crisostomo ha notato che la precisazione dell’Evangelista sul fatto che quella donna fosse cananea mirava a far risultare più ammirevole la sua fede, visto che i cananei, nell’opinione dei giudei, erano i più empi fra i gentili”.2

Sulla virtù di questa donna, la Glosa dice: “Si nota una grande fede in queste parole della cananea: lei crede nella divinità di Cristo quando Lo chiama ‘Signore’, ed anche nella sua umanità quando Gli dice: ‘Figlio di Davide’”.3

Alcuni esegeti, colpiti da ammirazione per questa proclamazione della cananea arrivano a sollevare l’ipotesi che – in quest’epoca – ella avesse già rinunciato al culto idolatrico tanto diffuso a Tiro e Sidone. Figlia di genitori pagani, attorniata da false divinità, quando le sue relazioni sociali le imponevano una visualizzazione errata sulla Religione, lei rompe con tutti ed abbraccia la vera Fede. È eroica la sua virtù, in mezzo alla corruzione del mondo, il suo cuore è sincero e retto, esente dalla cattiveria e pieno di fervore. Che gloria per questa donna e che lezione per i nostri giorni!Viviamo sommersi in un pauroso relativismo, come ha osservato nella Messa Pro Eligendo Romano Pontifice l’allora Cardinale Ratzinger: “Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cfr. Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.4

Da molto tempo il mondo attuale sta percorrendo un cammino inverso a quello della cananea, ossia, sempre più si paganizza e fugge dal Salvatore. In fondo, stiamo attraversando la peggiore crisi della fede mai accaduta nella Storia, immersi in un laicismo soggiogante, vera minaccia e sfida per la Chiesa. Si è cominciato col condurre una vita in contrasto con quella in cui si credeva, per alcuni si è giunti ad abolire interamente il proprio credo religioso. Ora, la preziosa virtù della fede necessita di essere manifestata negli atti comuni e frequenti della vita, perché soltanto esercitandosi, può diventare robusta, in caso contrario, tende a languire. E non basta farla consistere solo in alcuni atti ed orazioni.

Questo è l’esempio che ci offre oggi la cananea. Il centro della sua tenerezza, del suo affetto, della sua speranza era sua figlia che soffriva “crudelmente” da tempo, il tormento di una possessione diabolica. Il suo istinto materno diventava ogni giorno sempre più intenso, nel vedere le sofferenze di quella che era carne della sua carne. Uno solo era il dolore di queste due creature. Per questo, trovandosi davanti al Divino Taumaturgo, Lo implora per sé e per sua figlia.

La supplica della cananea

Se lei fosse stata influenzata dalla mentalità atea e materialista del nostro tempo, di sicuro avrebbe cercato esclusivamente mezzi umani per dare una soluzione al suo problema. Al contrario, per la sua grande fede, ha agito in modo completamente differente. Già aveva sentito parlare del Figlio di Davide il quale, percorrendo la Galilea, guariva tutti gli infermi al suo passaggio. Persino i demoni erano da Lui espulsi. Innumerevoli volte era penetrato nel suo animo il forte desiderio di portare la sua povera figlia alla presenza di questo Signore, o persino il desiderio di andare da sola a cercar-Lo. Ma il viaggio le sarebbe stato estremamente penoso, e forse impossibile, anche se non avesse portato con sé la figlia. In quest’ultimo caso, come l’avrebbe lasciata senza assistenza per un lungo periodo? Impedita dalle circostanze a realizzare il suo sogno, non smetteva, tuttavia, di credere nel potere del Figlio di Davide, crescendo così nella fede ad ogni istante. Lui era il Signore che avrebbe concesso a sua figlia la felicità rubata dal demonio. Ardeva in cuor suo dal desiderio di incontrarLo e per questo pregava al fine di ottenere questa opportunità.

Gesù Si mette alla portata della cananea

Da parte sua, Gesù camminava per quelle regioni in incognito. Non voleva che fosse nota la sua presenza, soprattutto perché si trovava nel territorio dei gentili. Nel contempo, Egli è la Bontà, e come è sempre pronto a partire alla ricerca della pecorella smarrita, così pure non fugge mai da chi Lo insegue. Che non abbia il Signore deciso di penetrare in questa regione per mettersi alla portata di questa donna tanto forte nella fede?

Assistiamo in questa scena ad un modo di procedere molto caratteristico di Gesù. Si allontana dal popolo eletto per tranquillizzarlo, come fa in molte occasioni con le anime pigre, deboli o indifferenti. In contropartita, passa davanti alle anime fervide ed attente, affinché esse Lo scoprano e così si consolidino nella fede, assumendoLo come guida. Sì, in maniera tanto improvvisa quanto imprevedibile, Gesù era di passaggio per regioni proibite ai giudei. Solo una fede non comune sarebbe stata dunque capace di scoprire quel Dio nascosto, andando a prostrarsi ai suoi piedi e ad invocare clemenza.

La cananea ci offre un altro esempio ancora: l’impazienza con cui si è messa alla ricerca del Figlio di Davide, non appena è cominciata a spargersi la voce della Sua presenza in quel luogo. Ben diversa può essere la nostra fede. Sarà che ci costa troppo abbandonare le nostre comodità per andare all’incontro con Gesù, sia in una Celebrazione Eucaristica, sia davanti ad un tabernacolo? Non abbiamo per caso ricevuto inviti interiori di conversione e abbiamo lasciato passare le opportunità a causa di ingiustificabili e nocive dilazioni? Quanti fra noi, contrariamente alla cananea, arrivano fino al punto di morte completamente schiavizzati dal demonio, correndo il rischio di rimanere in eterno all’inferno!

Erano molto frequenti, tanto tra i giudei come fra i pagani, i casi di possessione diabolica e le vittime erano torturate, non raramente, da terribili e violente convulsioni. Da qui l’espressione: ‘crudelmente tormentata’ utilizzata dalla cananea nel riferimento a sua figlia. Il fatto di intervenire con grida e insistentemente è tipico del modo di essere orientale, a prescindere dal fatto che dimostra quanto la sofferenza della figlia fosse acuta, trasformandosi in un dolore solo con la propria angoscia.

Silenzio sconcertante

23 Ma Egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli Gli si
accostarono implorando: “Esaudiscila, vedi come ci grida dietro”.

Misterioso silenzio del Salvatore, il che infiammava ancor di più il cuore della madre angustiata.

Svariate sono le opinioni degli autori riguardo questo particolare. La prima impressione che si ha è quella che Gesù non desiderava richiamare l’attenzione su di Sé, poichè andava alla ricerca dell’isolamento, del riposo e del rifugio. Dall’altro lato, siccome Egli stesso aveva raccomandato di non utilizzare le vie frequentate dai gentili, forse era opportuno non dar motivo per incomprensioni o calunnie. Tuttavia la Glossa mette in rilievo un aspetto di estrema importanza sulla causa di questo atteggiamento del Divino Maestro: “Con questa dilazione e mancanza di risposta, il Signore ci rivela la pazienza e la perseveranza della donna”.5 Meglio ancora si esprime a questo riguardo Maldonado: “Mi sembra che anche per altre due ragioni [Gesù] sia rimasto zitto: per provare la fede e la costanza della donna o per mostrare agli altri, come dice Crisostomo, che lei aveva una fede grande e speciale, visto che, disprezzata e senza udire risposta alcuna, ha perseverato nella supplica. Infine, Gesù ha voluto far vedere che, non per sua volontà, ma forzato e pressato dalle importune suppliche della donna, concedeva la grazia dei miracoli ai gentili, sebbene non fosse stato inviato che per le pecore perdute della casa di Israele”.6

L’alto grado di drammaticità della scena ha spinto i discepoli ad intercedere per lei. Nell’interpretazione di questo particolare, i Padri e la maggior parte dei commentatori sono completamente unanimi. In effetti, a mano a mano che lei esternava la sua afflizione con le sue urla lungo il cammino, certamente il suo impegno nell’ottenere quel favore cresceva per la fede che si fortificava ad ogni grido. Gesù e i suoi devono aver preso la decisione di entrare nella sua casa, al fine di evitare lo scandalo che, col suo modo di comportarsi, lei provocava per le strade. Così si comprende meglio quanto si a soltanto apparente la contraddizione a proposito di questo dettaglio, tra le narrazioni di Marco (cfr. Mc 7, 24-30) e quella di Matteo. Trovandosi già, pertanto, nella casa della cananea, e prima che lei si gettasse ai piedi del Divino Taumaturgo, gli Apostoli intercedono per lei e ottengono una risposta. Fino a quel momento, Gesù non l’ha neppure guardata, opponendo al suo fervore un’indifferenza capace di scoraggiare qualsiasi persona. Ma le parole di Gesù forse sarebbero state ancora più dure di quel precedente silenzio.

Difficile prova per l’umiltà di quella madre

24 Ma egli rispose: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele”.

È difficile, a prima vista, la comprensione di questa dura affermazione del Divino Maestro, ma, se si passano in rassegna i vari commentatori, si capisce la bella logica della risposta, come, per esempio, se si riflette su queste parole di San Geronimo: “Non ha detto questo perché non era stato inviato per gli altri popoli, ma per indicare che principalmente era stato inviato per Israele e che, dopo che questo popolo aveva rinnegato il Vangelo, questo sarebbe passato giustamente ai gentili”.7

Tuttavia, tale spiegazione non poteva essere capita dalla cananea. Si può immaginare quale deve essere stata la sua perplessità nell’udire quella risposta. La sua natura femminile, di per se tendente alla fragilità, l’avrebbe portata a perdere il coraggio, soprattutto dopo il lungo silenzio di quel grande Signore. Quante madri, in quell’occasione, non si sarebbero ritirate per piangere da sole o in compagnia della loro povera figlia, in preda ad una terribile depressione! Per noi, che adesso consideriamo questa scena, forse non sarebbe stato necessario tanto per farci desistere dal nostro intento. Non è questo che è successo con la cananea…

25 Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: “Signore, aiutami!”

Quante buone virtù dimostra di possedere questa fervida anima! Se noi sapessimo pregare con tale fiducia e persistenza, non otterremmo ciò che chiediamo?

Quante volte rinunciamo ad essere ascoltati nelle nostre preghiere, per mancanza di perseveranza…

26 Ed egli rispose: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”.

Ci sembra che, a mano a mano che cresce la fede nella cananea, più dure diventino le parole del Salvatore. Esse ci provocano una certa incomprensione e non saranno pochi coloro che per esse potranno rimanere scioccati, soprattutto tra noi, occidentali. Su questo versetto così si esprime Fillion: “Fanno notare i commentatori – e con ragione – che Gesù impiega un diminutivo a significare non gli animali comuni, senza padrone, semi-selvaggi, che vanno errando per le strade dei villaggi orientali, alimentandosi di rifiuti, ma di ‘cagnolini’ domestici, tenuti in casa e che partecipano ai giochi dei fanciulli”.8 Visto che Marco scriveva per un pubblico etnico-cristiano, aggiunge alla narrazione di questo stesso passaggio una forte attenuante (cfr. Mc 7, 27). Per questo continua Fillion: “Oltretutto, dicendo il Divino Maestro: ‘Lascia che per primo si sazino i figli’, affermava, sì, il diritto di priorità dei giudei per quanto riguarda i benefici del Messia, ma dichiarava di non essere di loro esclusività e che un giorno avrebbe riguardato i gentili”.9

Il grande premio della fede umile e senza rancore

Contadini durante il pasto

Tuttavia, non ci possiamo dimenticare che lì vi era il migliore di tutti i signori, il più generoso di tutti i genitori e non smettevano di essere umilianti quelle parole. D’altra parte non avevano per nulla offeso la donna prostrata ai suoi piedi. L’umiltà autentica non si offende con nulla. In compenso, l’orgoglio e la superbia sono la causa della peggiore cecità. Con istinto materno e con la perspicacia propria delle anime realmente umili, comprendendo l’espediente che Gesù metteva a sua disposizione, con tutto il rispetto lei ha replicato:

27 “È vero, Signore”, disse la donna, “ma anche i cagnolini si
cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”.

In questa dichiarazione, umiltà e fede si abbracciano e combaciano. Manifestando quanto era candida la sua anima, la cananea accetta con pieno buon senso le incisive parole di Gesù. Lei continua a chiamarLo Signore, manifestando la disposizione all’adorazione e argomenta all’interno di una logica impeccabile a favore delle sue necessità.

28 Allora Gesù le replicò: “Donna, davvero grande è la tua fede! Ti
sia fatto come desideri”. E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Ecco dunque quanto più valgono la fede, la perseveranza e l’umiltà rispetto alla stessa intercessione dei Santi. Quello che nemmeno gli Apostoli sono riusciti ad ottenere, lei è riuscita a strappare a Nostro Signore perfino apparentemente contro la Sua volontà. Oltretutto, il favore ottenuto era accompagnato da un bell’elogio.

La cananea ai piedi di Gesù

III – Conclusione

La cananea non ha avuto paura di apparire importuna, né sono venuti meno per un solo istante il suo coraggio e la sua fede. Quello che realmente desiderava era ottenere la guarigione di sua figlia. C’era una piena corrispondenza tra la sua ansia e la sua richiesta. Qui si trova una condizione essenziale di una buona orazione: desiderare di fatto quello che si chiede. Innumerevoli volte non riusciamo a raggiungere i nostri obiettivi perché non è autentica la nostra supplica.

Un altro insegnamento che possiamo trarre dal Vangelo di oggi è la necessità di istruirci su una vera e buona dottrina. La cananea ha udito e si è informata riguardo alle azioni e alle predicazioni di Gesù. Questo è stato per lei fondamentale per credere. Un grande male dei nostri giorni, l’ignoranza religiosa, è forse la causa principale dei drammi attuali, come afferma la Scrittura: “Ascoltate la parola del Signore, o Israeliti, poiché il Signore ha un processo con gli abitanti del paese. Non c’è infatti sincerità né amore del prossimo, né conoscenza di Dio nel paese. Si giura, si mentisce, si uccide, si ruba, si commette adulterio, si fa strage e si versa sangue su sangue. […] Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza” (Os 4, 1-2.6).

La conoscenza innalza la fede, rende forte la speranza dei beni eterni e attira alla pratica della carità, sia nell’amore verso Dio, che nell’amore verso il prossimo.

Molti, per ignoranza e altri, per cattiveria, non vogliono al giorno d’oggi abbandonare il peccato. E se così è, ben si attaglia a loro la considerazione di San Rabano: “Se qualcuno ha la sua coscienza macchiata […] per la sporcizia di qualche vizio, costui ha, senza dubbio, una figlia crudelmente tormentata dal demonio. […] E se qualcuno ha viziato le sue opere buone […] col peccato, anche costui ha una figlia agitata dalla furia dello spirito impuro, […] e ha bisogno, di conseguenza, di ricorrere alle suppliche e alle lacrime, e a ricorrere all’intercessione e all’aiuto dei Santi”.10

1) Cfr. FLAVIO GIUSEPPE. Contro Apio. L.I, c.4.

2) MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los Cuatro Evangelios. 
Evangelio de San Mateo. Madrid: BAC, 1956, v.I, p.563.

3) GLOSA, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea. In Matthæum, c.XV,
v.21-28.

4) RATZINGER, Joseph. Omelia nella Messa Pro Eligendo Romano 
Pontifice, del 18/4/2005.

5) GLOSA, op.cit.

6) MALDONADO, op.cit., p.563.

7) SAN GIROLAMO. Comentario a Mateo. L.II (11,1-16,12), c.15, n.40. 
In: Obras Completas. Comentario a Mateo y otros escritos. 
Madrid: BAC, 2002, v.II, p.209.

8) FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. 
Vida pública. Madrid: Rialp, 2000, v.II, p.260.

9) Idem, p.260-261.

10) SAN RABANO MAURO. Commentariorum in Matthæum. L.V, c.15: ML 107,
979.
Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” da Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.